di MICHAEL MCCARTHY Environment Editor The Independent (U.K.)
Gli scienziati dell’ONU partecipanti ad una riunione dei ministri dell’ambiente che si è svolta in Corea, avvertivano ieri che le “zone morte” degli oceani rappresentano uno dei più grandi problemi ambientali che il mondo deve affrontare.
Ci sono quasi 150 “zone morte” attraverso il globo e il loro numero sta aumentando come una minaccia per le scorte di pesce a causa della pesca in eccesso. Queste aree del mare sono senza vita a causa di un eccesso di fertilizzanti, principalmente azoto che origina dall’uso pesante di fertilizzanti agricoli, da emissioni di fabbrica e da sprechi umani.
L’Unep afferma che le “zone morte” sono raddoppiate nell’ultimo decennio, estendendosi su una superficie di 70000 chilometri quadrati, quasi quanto la superficie dell’Irlanda.
I fertilizzanti delle fattorie e le sostanze inquinanti industriali disperse nell’acqua, hanno aumentato la crescita di alghe microscopiche note come plancton. La morte e la decomposizione di queste alghe consumano ossigeno, soffocando la vita marina. L’umanità è parte di un esperimento globale gigantesco avendo come risultato l’inefficienza e l’abuso di fertilizzanti e lo scarico di sostanze ed emissioni non trattate provenienti da varie sorgenti, da veicoli e fabbriche. L’azoto e il fosforo provenienti dall’abuso di fertilizzanti vengono scaricati nei fiumi e nell’ambiente litoraneo provocando questo allarmante fenomeno, qualche volta con effetti irreversibili.
Se il problema non verrà risolto urgentemente, bloccando le cause è probabile un ulteriore e rapido peggioramento.
Le perdite economiche associate con le “zone morte” sono ignote, ma di una rilevanza significativa su una scala globale.
L’Unep sta esortando le nazioni a cooperare nel ridurre l’ammontare dell’azoto nelle acque litoranee usate come discariche e nel contenere l’uso dei fertilizzanti e di piantare più foreste lungo i fiumi per togliere l’azoto in eccesso.