Le nostre radici

Il filosofo inglese Alfred North Whitehead, attivo nella prima metà del XX secolo, osservò che la storia del pensiero occidentale altro non è che una serie di note margine all’opera di Platone. Per quanto a prima vista paradossale, l’affermazione era, e rimane, in linea di principio corretta. Non perché Platone, con i suoi “colleghi” del mondo antico, abbia fornito le risposte definitive a ogni questione. Tutt’altro. Ha invece posto o ribadito le questioni alle quali ancora oggi si tenta di dare risposta. La filosofia fatta di tante filosofie, dai naturalisti del VI secolo a.C. alla chiusura della
scuola di Atene nel 529 d.C., non regala soluzioni. Queste sarebbero semmai appannaggio del sophos e non del philosophos, che della sapienza, sempre inseguita e mai stabilmente raggiunta, è amante. E tuttavia la filosofia ci offre strumenti, indizi.
Una direzione. Come in Matrix, film non a caso ispirato al VII libro della Repubblica, nel primo incontro tra Morphues e Neo: “Posso solo indicarti la soglia. Sei tu quello che la deve attraversare”.
La filosofia non è né verità né maestra. È semmai amica. Quella che fece visita a Boezio, rinchiuso in carcere a Pavia prima della condanna a morte, per mostrargli che tutto, anche la sofferenza, acquista un senso nel momento in cui la prospettiva individuale lascia il posto all’universale. Un invito a e-levarsi, ovvero alzarsi e, nel contempo, trascendersi.
Ci hanno provato gli antichi filosofi. Possiamo tentare anche noi, ricercando quegli esempi. Le nostre radici. Ma prima occorre abdicare alla
pretesa di sapere o, peggio ancora, di insegnare. E porsi come eterni studenti, quale che sia la stagione della nostra vita. “Chi dice che l’età per filosofare non è ancora giunta o è già trascorsa, è come se dicesse che non è ancora giunta o è già trascorsa l’età per essere felici” (Epicuro, Lettera a Meneceo, 122).

Germano Morosillo