Catturata l’ultima “particella fantasma”…forse vista la “particella di Dio”

a cura di Mario Bruschi, Dipartimento di Fisica Università “La Sapienza”

Forse stiamo acquisendo gli ultimi “tasselli” ancora mancanti per la definitiva conferma sperimentale della teoria fisica fondamentale, il cosiddetto “modello standard”, che descrive sorprendentemente bene il sorprendente comportamento della realtà a livello sub-microscopico. Secondo tale modello al mondo ci sono solo poche particelle fondamentali (tutto il resto è mera complicazione…): i bosoni messaggeri delle forze (fotoni per la forza elettromagnetica, bosoni vettori per la forza elettrodebole, gluoni per la forza nucleare-forte) e i fermioni elementari. Vi è poi quella che il Nobel Lederman chiama “la particella di Dio” cioè la particella di Higgs (che in realtà è un bosone ma di tipo particolare, vedi dopo).

I fermioni elementari sono divisi in due gruppi, i leptoni (particelle “leggere”) e i quarks (particelle costituenti i mesoni, di peso “medio”, e i barioni , particelle “pesanti” cioè di elevata massa). Ognuno di questi due gruppi è diviso in tre famiglie (chiamate fantasiosamente dai fisici “sapori”) con due membri per ogni famiglia . Abbiamo così solo una manciata di bosoni e 12 fermioni, con cui si può costruire l’intero Universo… (vedi Tabella). Tutte le particelle “fondamentali” previste dal modello standard sono state trovate sperimentalmente (ultime i bosoni vettori al Cern e il quark detto “top” della terza famiglia dei quarks al Fermilab) con eccezione del gravitone, del bosone di Higgs e del neutrino tauonico, cioè del secondo membro della terza famiglia dei leptoni. Infatti le famiglie leptoniche sono costituite da fermioni via via più pesanti e dai rispettivi neutrini, che hanno massa prossima a zero (forse esattamente zero: la questione, molto importante per una stima della massa mancante nelle teorie cosmologiche, è ancora aperta).
Così accanto all’elettrone abbiamo il neutrino elettronico (prima famiglia leptonica), accanto al muone abbiamo il neutrino muonico (seconda famiglia leptonica) ed infine accanto al leptone Tau o tauone la teoria prevede l’esistenza di un terzo neutrino, il neutrino tauonico (terza famiglia leptonica).
Questo neutrino era finora sfuggito alla caccia dei fisici sperimentali. La cosa non dovrebbe meravigliare viste le caratteristiche peculiari dei neutrini, così “evanescenti” e sfuggevoli da meritare in pieno il nomignolo di particelle “fantasma”. Infatti i neutrini, benché siano forse le particelle più numerose dell’Universo (una stella emette 100 neutrini per ogni fotone, cioè 100 volte più neutrini che luce), tuttavia possono interagire con il resto dell’Universo solo nel modo “debole”.
Questo fa sì che un singolo neutrino possa attraversare anche un anno luce (~ diecimila miliardi di chilometri!) di materia densa (per esempio piombo) senza essere fermato o catturato. In ogni istante siamo attraversati da innumerevoli orde di neutrini senza che minimamente ce ne accorgiamo (e fortunatamente senza danno alcuno). Ci si potrebbe chiedere come mai allora ci siamo accorti dell’esistenza di questi “fantasmi”. La risposta è che “dovevano” esistere, altrimenti le nostre leggi di conservazione principali, tra cui la conservazione dell’energia, andavano a farsi benedire. Spaventati da apparenti violazioni sperimentali di queste conservazioni, negli anni ’30 due dei principali fisici di allora, prima Pauli e poi Fermi, ipotizzarono l’esistenza di questa particella fantasma. L’esistenza di tale particella e le sue proprietà sono state quindi dedotte teoricamente, ma allora nessuno sperava che un neutrino potesse mai essere effettivamente “visto” (cioè catturato).
Eppure nel 1956 ci fu la prima “cattura” sperimentale di neutrini elettronici (Clyde Cowan e Frederick Reines), resa possibile dal fatto che pur essendo bassissima la probabilità di catturare un singolo neutrino se si dispone però di un flusso di moltissimi neutrini e di un pachidermico “rivelatore”, qualche neutrino del mucchio dovrà pur finire in trappola… e allora già erano disponibili forti sorgenti artificiali di neutrini: le centrali nucleari. Più difficile era produrre neutrini muonici, per la cui conferma sperimentale si dovette aspettare alcuni anni (1962, Leon Lederman, Melvin Schwartz, e Jack Steinberger), e ancora più difficile era produrre un numero di neutrini tauonici sufficientemente alto da rendere possibile la cattura di qualche esemplare. La caccia più intensa al neutrino tauonico è iniziata nel 1997 al Fermilab (progetto DONUT – Direct Observation of the Nu Tau- http://fn872.fnal.gov): i “cacciatori”, 54 scienziati di quattro nazioni, due mesi fa hanno annunciato di aver finalmente agguantato la preda.
Cinque neutrini tauonici sono stati “visti” nell’esperimento N. 872 diretto dal fisico Byron Lundgren. In questo esperimento un raggio protonico generato dall’acceleratore del Fermilab, raggio con una energia di 880 GeV, la più alta finora raggiungibile, è stato diretto contro un bersaglio di tungsteno. In accordo alla teoria, la grandissima energia che si rende disponibile nell’urto può rimaterializzarsi in nuove particelle. In realtà si crea un numero spaventosamente grande di tali particelle e tra queste sperabilmente ci sono anche moltissimi neutrini tauonici.
Le particelle che non interessano devono essere eliminate: le particelle cariche sono state deviate da intensi campi magnetici (i neutrini essendo elettricamente neutri – come dice il nome! – non vengono deviati), tutte le altre particelle diverse dai penetranti neutrini sono state successivamente fermate da grossi schermi assorbenti posti dietro il bersaglio.
Dietro gli schermi erano poste speciali emulsioni, su cui ragionevolmente solo i neutrini avrebbero potuto arrivare ed eventualmente interagire in modo molto particolare, previsto teoricamente. Si calcola che su queste emulsioni siano arrivati più di centomila miliardi di neutrini dei quali solo 100 hanno interagito con le emulsioni stesse. Di questi 100 eventi 5 avevano la “segnatura” giusta, cioè erano attribuibili all’interazione di un neutrino tauonico. La caccia era finita, l’ultimo fantasma è stato “fotografato”, un ulteriore tassello posto nel mirabile mosaico del “modello standard”. In pratica resta ormai aperta la caccia al gravitone, la particella portatrice della forza gravitazionale, e alla preda più ambita, il bosone di Higgs, la particella di Dio. La caccia al gravitone continua con alterne fortune e speranze, un agguerrito gruppo di cacciatori è attivo da anni anche in Italia (http://www.roma1.infn.it/rog). Tuttavia bisogna dire che stranamente la gravitazione è ai margini del modello standard: infatti di essa non esiste una affidabile versione quantistica.
La caccia maggiore resta dunque quella volta a stanare la “particella di Dio”, il bosone di Higgs. Perché questa particella è così importante?
Per capirlo bisogna considerare che il “Modello Standard”, pur con tutti i suoi successi descrittivi e predittivi, contiene però al suo interno molti punti oscuri (tecnicamente molti parametri ad hoc, tipicamente valori di costanti che non sono giustificati dal modello stesso ma ricavati sperimentalmente). Uno di questi misteri è quello delle masse delle particelle elementari: nella teoria non vi è infatti nessuna giustificazione né per i valori di tali masse né per l’ apparizione stessa della massa… (dalla Tabella potrete notare che la massa è assente solo nei fotoni, cioè la luce, e nei gluoni, la “colla” nucleare). Trenta anni fa il fisico britannico Peter Higgs propose uno speciale meccanismo per spiegare l’acquisizione di massa da parte delle particelle fondamentali. Semplificando: dovrebbe esistere un nuovo tipo di particella, chiamata appunto bosone di Higgs, il cui “campo” pervaderebbe tutto lo spazio (in Fisica una particella è qualcosa di molto diverso dalla “pallina” che uno di solito immagina). Le altre particelle muovendosi in tale campo di Higgs sarebbero più o meno “ostacolate” acquistando così inerzia, cioè massa. È come se dovessero muoversi in una atmosfera molto densa: le particelle più “aerodinamiche” penetrerebbero più facilmente (quindi risulterebbero più leggere), quelle meno aerodinamiche farebbero più fatica ad avanzare (particelle pesanti – ma ricordate che è solo una analogia!).
Non si sa bene quale debba essere la massa della stessa particella di Higgs… e quindi quale energia bisogna raggiungere negli acceleratori per poterla creare. La caccia, aperta da 30 anni, ha impegnato centinaia di fisici, migliaia di tecnici e una considerevole fetta di risorse economiche. Due i laboratori in corsa, il CERN europeo (che 20 anni fa ha vinto la caccia ai bosoni pesanti) e l’americano Fermilab, recente vincitore della caccia al quark TOP. Si pensava tuttavia che le energie raggiungibili nei due acceleratori non fossero sufficienti per produrre “la particella di Dio”: è stata quindi da tempo progettata la costruzione al CERN del LHP (Large Hadron Collider), che sostituirà lo “storico” LEP (Large Electron-Positron collider).
La costruzione del nuovo acceleratore, ideato proprio per la caccia al bosone di Higgs e che raggiungerà energie molto superiori a quelle ottenibili con il vecchio LEP, avrebbe dovuto iniziare proprio ora (2 Ottobre 2000). Ma il vecchio e glorioso LEP ha avuto un sussulto prima di andare in pensione…Negli ultimi mesi infatti i fisici lo hanno “spremuto” oltre i suoi limiti , prima di lasciare il campo libero al Fermilab: infatti la costruzione del LHC richiederà almeno 4 anni (e 1,8 miliardi di dollari). In questi runs finali, sorprendentemente è stata avvistata l’ombra della “particella di Dio”: fuor di metafora, i fisici del CERN hanno annunciato di aver trovato (tra i milioni di eventi analizzati) degli eventi che hanno la giusta “segnatura”, potrebbero cioè essere causati dalla particella di Higgs.
L’evidenza sperimentale non è così alta da far cantare vittoria, ma consistente ed eccitante abbastanza da far scivolare il pensionamento del LEP di almeno un mese, nel tentativo di accumulare nuovi dati sperimentali e battere sul tempo gli Americani (in realtà le equipes dei due laboratori “rivali” sono fortemente multinazionali, americani lavorano al CERN ed europei lavorano al Fermilab). Che cosa è stato “visto”? Al LEP vengono fatti collidere fasci accelerati di elettroni e positroni (il positrone fa parte dell’antimondo, il mondo in cui le cariche sono invertite, la destra è scambiata con la sinistra e il tempo scorre all’indietro: ogni particella di materia ha la sua controfigura nell’antimondo, la sua antiparticella di antimateria).
Negli urti materia e antimateria si elidono trasformandosi in pura energia: in accordo con le previsioni di Einstein, da questa energia nuove particelle possono essere create. I teorici dicono che in alcune di queste collisioni un bosone di Higgs potrebbe essere prodotto in coppia con un bosone Z (vedi Tabella). In questi rari eventi ognuno dei due bosoni dovrebbe decadere in due “getti” di particelle. E proprio studiando eventi che danno luogo a 4 getti di particelle e risalendo alla massa-energia delle 2 sorgenti, i fisici del CERN hanno visto dei promettenti picchi corrispondenti ad una possibile particella di massa 114 GeV/c^2. Non c’è ancora sufficiente evidenza statistica per rendere certa la scoperta, non possiamo quindi dire di aver “visto” la particella di Dio, ma forse ne abbiamo visto l’ombra…
Per finire, che cosa faranno i “cacciatori” quando anche l’ultima preda sarà catturata? Cioè quando tutti i tasselli del modello standard saranno al loro posto?
Nessuno sa se tale modello sia l’ultima parola, se le scatole cinesi siano finite o dentro le particelle “elementari” siano nascoste altre particelle e strutture. Le recenti teorie delle stringhe ci direbbero che è effettivamente così, tuttavia tali teorie forse non potranno mai essere messe alla prova dell’esperimento (per vedere una stringa, sarebbe necessario un acceleratore grande come la Galassia!). In questo senso sono quindi teorie meta-fisiche.
Tuttavia alcune teorie di “grande unificazione” prevedono un elevato numero di nuove particelle, di cui non si è vista ancora traccia.
Quindi probabilmente la caccia continuerà… senza contare poi che la Natura, come più volte abbiamo constatato, sembra molto amare le sorprese!


Fonti :

PHYSICS NEWS UPDATE
The American Institute of Physics Bulletin of Physics News

Number 495 July 20, 2000 by Phillip F. Schewe and Ben Stein
Number 502 September 14, 2000 by Phillip F. Schewe and Ben Stein

Sulla rete:

www.cern.ch

www.fnal.gov

press.web.cern.ch

opal.web.cern.ch/Opal

alephwww.cern.ch

Iscriviti alla nostra Newsletter

30 Articoli più visti