Dalla crisi delle Religioni alla Rinascita della Fede

Sintesi del saggio pubblicato su “7”, supplemento del Corriere della Sera, in data 15 febbraio 1992

di Padre Ernesto Balducci

Integralismo islamico, estremismo sionista, incomprensioni fra cristiani: le “grandi chiese” che non riescono più a cogliere i controversi segni dei tempi e si avviano inesorabilmente sul viale del tramonto, devono lasciare spazio ad un nuovo ecumenismo.

“È vicino il giorno in cui capiremo che Gesù non intese dar vita a una nuova “religione”, ma abbattere tutte le barriere che impediscono all’uomo di essere fratello all’uomo.”

religioniIl cristianesimo, in quanto religione, è in crisi irreversibile. Le espressioni simboliche, le tradizioni etiche, la visione del mondo incorporate nel cristianesimo sono proprie di una “isola di storia” – l’Occidente – che solo in questi tempi si sta accorgendo di essere tale.

Una cultura che si riteneva universale si scopre relativa e in questa scoperta della propria relatività, tutti i suoi valori entrano in crisi, tutte le sue ideologie, non solo quella marxista, non riescono più a interpretare i nuovi conflitti emergenti. Sono nate, di fatto, contraddizioni inedite che possono essere affrontate solo da una civiltà planetaria; ciò nondimeno, per affrontare la sfida dell’età planetaria, bisogna capire qual è l’attuale fase evolutiva della nostra specie: non è possibile ritenere che la natura umana sia immutabile, segnata dal “peccato originale”, poiché la nostra storia evolutiva dimostra che l’uomo è un essere plastico, modificabile.

Nel vecchio sinodo del Vaticano, la Chiesa è tornata a pensare il futuro in termini non ecumenici, a difendere un’identità cattolica tutt a tesa alla “rievangelizzazione” dell’Europa, sicché da un lato si percepisce la novità del tempo, si avverte la necessità di spogliarsi dei vecchi involucri dogmatici, rituali, etici e dall’altro assistiamo a una forte controreazione fondamentalista.

Ma il fondamentalismo e integralismo sono atteggiamenti di ripiegamento su di se, di antagonismo nei confronti dei propri simili, dettati dalla paura e dall’incapacità di rimettersi in questione, mentre, di fronte alla sfida del cambiamento, è necessario superare la soglia e non regredire nell’attaccamento ossessivo a identità passate che offrono sicurezza: quando è in gioco l’interesse dell’umanità occorre rinunciare a quelle tradizioni, a quei costumi e valori che hanno prodotto e sviluppato l’antagonismo, movente di tante nefandezze.

Teniamo presente che la fede cristiana non è una “religione”: essa si è trasformata in religione in quanto ha assunto delle forme di civiltà particolaristiche, che coincidono con la storia dell’occidente. Affermare che la Chiesa è l’anima dell’Europa, legittima una cultura che ha espresso anche i roghi contro gli eretici.

L’Europa deve invece pensare il suo futuro di società multietnica, di fronte al quale alcuni non solo sono pronti, ma addirittura entusiasti di questa comunanza e convivenza fra espressioni sociali e religiose diverse.

Comunanza e convivenza che non è, intendiamoci bene, sincretismo, ossia un processo di assimilazione senza superamento critico, bensì un convivere preservando la propria identità all’interno di un patto politico comune, sola forma di convivenza che può salvare l’uomo planetario. Ed è per tale motivo che l’Etica cristiana deve emanciparsi dai vincoli “particolaristici” del cattolicesimo dogmatico e della sua visione del mondo “eurocentrica”.

La norma etica fondamentale è quella per cui l’uomo sente, in qualunque tempo e luogo, come un imperativo, la premura per gli altri: “Agisci in modo che la tua massima sia una salvezza per l’umanità”. Quindi, nel nostro orizzonte etico, va inserito anche il futuro, dal momento che ciò che noi oggi decidiamo ricadrà sulla discendenza.

In definitiva, l’amore per il prossimo non deve più essere solo quello per l’uomo contemporaneo, ma il patto fra le generazioni. Ecco perché urge costruire una “comunità creaturale”, e una nuova etica che, non più mediata da alcuna etnia di parte, si riveli come una “religione naturale” con cui dovranno misurarsi le religioni positive, la cui origine è nella comunione di tutti gli esseri; origine svelata nella coscienza che ha preso atto delle interconnessioni che legano l’uomo all’uomo e gli uomini ad ogni altra manifestazione cosmica.

La qualifica di cristiano, in quanto differenziata dagli altri, è una qualifica negativa, un seme di discordia: io non sono che un uomo. È vicino il giorno in cui capiremo che Gesù non intese dar vita a una nuova “religione”, ma abbattere tutte le barriere che impediscono all’uomo di essere fratello all’uomo.

Se voglio sapere se uno è cristiano non gli chiedo se crede, ma come assume la responsabilità del prossimo: solo un vero cristiano può assumere la responsabilità del prossimo: solo un vero cristiano può essere ateo nel senso che nega il “dio della tribù”.

Il Sud del mondo per un lento spostamento degli squilibri biologici, la cui legge elementare è che il pieno tende a occupare il vuoto.

Nessuna politica repressiva può arrestare questa tendenza, ed è evidentemente saggio accettare “il dono dei barbari” che ci offrono l’occasione di scoprire la nostra umanità più profonda, il “rizoma” comune da cui diverse culture provengono come efflorescenza.


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