dallo SchwartzReport del 6 febbraio 2011

Traduzione a cura di Erica Dellago

Mentre l’opinione pubblica dibatte su questioni come il matrimonio gay, il Creazionismo, e i rimedi al Secondo Emendamento, il pianeta sta cambiando davanti ai nostri occhi.
Stephan A. Schwartz

STEVE CONNOR, redattore di Science – The Independent (UK)

A causa di una grave siccità che ha colpito la foresta amazzonica lo scorso anno, il “polmone del mondo” ha rilasciato più anidride carbonica di quanta ne abbia assorbita, fenomeno che potrebbe condurre a una pericolosa accelerazione del riscaldamento globale. Gli scienziati hanno calcolato che la siccità del 2010 è stata più severa di quella del 2005, definita come un evento che capita “una volta ogni 100 anni” dagli esperti.

Prevedono che si tradurrà in circa otto miliardi di tonnellate di anidride carbonica rilasciata dalla foresta pluviale amazzonica, ben oltre il totale annuo di emissioni di carbonio degli Stati Uniti. Per la seconda volta in meno di un decennio, la foresta pluviale più grande del pianeta ha rilasciato più anidride carbonica di quanta (ne abbia) assorbita, perché molti dei suoi alberi sono diventati secchi e sono morti.

Gli scienziati ritengono che la natura molto particolare delle due siccità, verificatesi nel giro di soli cinque anni, potrebbe essere il risultato di temperature più elevate della superficie del mare nell’Atlantico tropicale, che potrebbero anche essere influenzate dal riscaldamento globale provocato dal rilascio di emissioni di anidride carbonica prodotta dall’uomo e da altri gas a effetto serra. Il team di ricerca anglo-brasiliano ha specificato che non esiste ancora alcuna prova che le due particolari siccità verificatesi in Amazzonia siano il risultato diretto dei crescenti livelli di anidride carbonica nell’atmosfera, ma gli scienziati hanno avvertito che il mondo sta giocando d’azzardo con il proprio futuro se non riesce a limitare le emissioni di carbonio derivanti dall’uso di combustibili fossili.

Simon Lewis della Leeds University, autore principale dello studio, ha detto: “Se le emissioni di gas serra contribuiscono alle siccità in Amazzonia che a loro volta causano il rilascio di anidride carbonica da parte delle foreste, si tratta di un circolo vizioso estremamente preoccupante. Per essere crudi, gli attuali circuiti di emissione rischiano di giocare alla roulette russa con la foresta pluviale più grande al mondo”.

“Due siccità inusuali ed estreme nell’arco di un decennio possono equivalere il carbonio assorbito dalle foreste amazzoniche intatte in quel periodo. Se eventi come questo accadessero più spesso, la foresta pluviale amazzonica potrebbe raggiungere un punto in cui passa dall’essere un prezioso deposito di carbonio in grado di rallentare il cambiamento climatico, al diventare una delle principali fonti di gas a effetto serra che potrebbe addirittura accelerarlo. Avere due eventi di questa portata in stretta successione, è estremamente raro, ma è purtroppo in linea con i modelli climatici che proiettano un triste futuro per l’Amazzonia”.

Lo studio, pubblicato sulla rivista Science, ha analizzato i dati satellitari delle precipitazioni su due milioni di miglia quadrate di foresta pluviale durante la stagione secca 2010. Gli scienziati sono riusciti a fare un confronto diretto con un precedente studio relativo alla siccità del 2005, che aveva osservato anche l’effetto delle scarse precipitazioni sulla crescita degli alberi.

Nella siccità del 2005, gli scienziati hanno calcolato che la foresta pluviale si è trasformata da assorbitore netto di ca. due miliardi di tonnellate di anidride carbonica a fonte di emissione di ca. cinque miliardi di tonnellate di anidride carbonica, quasi quanto i 5,4 miliardi di tonnellate emesse ogni anno dagli Stati Uniti.

Tuttavia, la siccità dello scorso anno è stata più estesa e più intensa di quella precedente, con un impatto decisamente maggiore sulla crescita e la morte degli alberi, motivo per cui gli scienziati prevedono che il rilascio totale di anidride carbonica dalla materia organica morta e in fase di decomposizione possa raggiungere otto miliardi di tonnellate.

“L’estensione della siccità 2010 è stata maggiore rispetto a quella del 2005. Nel 2010, il fiume Rio Negro, il più grande affluente del Rio delle Amazzoni, era al suo livello più basso da quando sono cominciate le rilevazioni all’inizio del XXmo secolo, quindi abbiamo prove indipendenti delle siccità”, ha detto il dottor Lewis.

In situazioni normali, il ciclo di siccità che ha colpito l’Amazzonia riguarda le zone settentrionali della regione ed è associato al fenomeno naturale di El Niño nell’Oceano Pacifico. Tuttavia, le siccità del 2005 e del 2010 si sono verificate più a sud, e potrebbero essere collegate alle temperature più elevate della superficie del mare nell’Oceano Atlantico tropicale, hanno detto gli scienziati.

“Nel 2005, il modello spaziale della siccità che ha colpito il sud e il sud-ovest dell’Amazzonia è stato molto diverso dalle solite siccità che colpiscono l’Amazzonia ogni cinque-sette anni associate ai fenomeni di El Niño, che tendono a riguardare il nord-est. Quando i climatologi hanno fatto indagini sul motivo, lo si è associato alle temperature della superficie del mare nell’Atlantico”, ha detto il dottor Lewis.

“Nel 2010 osserviamo una siccità con un modello spaziale molto simile, che colpisce nuovamente il sud e il sud-ovest del bacino amazzonico, e analogamente al 2005, sappiamo che le temperature della superficie del mare dell’Atlantico erano alte a un livello anomalo, ma ancora il lavoro non è concluso per poter affermare con certezza che questa è la causa. La nostra migliore ipotesi in questo momento è che la siccità del 2010 è correlata alle temperature della superficie marina dell’Atlantico, ma dobbiamo aspettare che questi studi scientifici passino il processo di riesame dei revisori prima di poterlo affermare concretamente”.

Peter Cox, della Exeter University, che ha analizzato la siccità del 2005, ha detto: “Entrambe le siccità in Amazzonia del 2005 e del 2010 sono state associate a temperature oceaniche insolitamente calde nel Nord Atlantico tropicale. Questo tende a tracciare la regione delle piogge più intense più a nord e ritarda la stagione delle piogge in Amazzonia”.

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