Epifania
Alcune informazioni sulla festività natalizie. Per comprendere cosa simboleggiano dobbiamo conoscere la vera tradizione.
A cura di Andrea De Pascalis
Come abbiamo già visto, nei primi secoli dell’era cristiana il 6 gennaio era il giorno dedicato alla celebrazione della nascita di Gesù o del suo battesimo. Quando il Natale fu fissato al 25 dicembre, in Occidente la commemorazione del battesimo perse pian piano di importanza ed il 6 gennaio, l’Epifania (manifestazione della divinità) divenne la festa destinata a celebrare l’adorazione di Gesù da parte dei Magi, i personaggi più enigmatici tra i tanti citati nei Vangeli.
Dei quattro Vangeli canonici uno soltanto, quello di Matteo, parla dei Magi. Sono pochi versetti che iniziano così: “Nato Gesù in Betlemme di Giudea al tempo di Re Erode, alcuni Magi dall’Oriente giunsero a Gerusalemme chiedendo: “Dov’è il neonato re dei Giudei? Abbiamo veduto la sua stella in Oriente e perciò siamo venuti ad adorarlo”..
Matteo prosegue quindi narrando che Erode venne a conoscenza della cosa e convocò i Magi per saperne di più sulla nascita del Messia. “Ascoltato il re, quelli partirono. Ed ecco, la stella che avevano veduto in Oriente li precedeva finché venne a fermarsi sul luogo dove era il bambino. Al rivedere la stella, essi si rallegrarono di vivissima gioia. Giunti alla casa, videro il bambino con Maria, sua madre, e prostratisi lo adorarono; quindi, aperti i loro tesori, gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Poi, essendo stati avvertiti in sogno di non ripassare da Erode, se ne tornarono al loro paese per un’altra via”. Dopo questa breve apparizione, i Magi escono di scena dai Vangeli, ma entrano nella leggenda. Le cose che Matteo non dice sono tante. L’Evangelista non spiega chi siano i Magi, non specifica quale sia il loro numero, il loro vero luogo d’origine e il loro rango, non chiarisce il motivo che li ha spinti ad un viaggio presumibilmente lungo e faticoso.
Probabilmente, allorché il Vangelo di Matteo fu scritto il significato di quei versetti doveva essere chiaro per la prima comunità cristiana. Matteo, la cui predicazione era rivolta agli ambienti ebraici di Palestina, aveva certamente inteso parlare dei Magusei di origine mesopotamico-caldaica, che godevano di grande fama quali abili osservatori degli astri e maestri di astrologia. E forse Matteo sapeva anche che nel mondo orientale i seguaci di Zoroastro e di Mitra attendevano il Salvatore. Tutto l’episodio voleva quindi sottintendere che anche i sacerdoti del mondo orientale avevano riconosciuto in Gesù il Messia atteso tanto a lungo. Ma presto questo significato si smarrì, o forse -più semplicemente – nacque l’esigenza di precisare meglio i contorni dei personaggi che Matteo aveva appena abbozzato.
Già nel siriano Libro della Caverna dei Tesori (V sec.), che raccoglie e sviluppa leggende antecedenti, i Magi sono tre, “re e figli di re”, e si chiamano Hormidz di Makhozdi, re di Persia, Jazdegerd, re di Saba, e Peroz, re di Seba. In Persia, scrutando le stelle, essi apprendono che il Messia sta per nascere in Giudea. Si recano quindi sull’orientale monte Nud, dove si trova la Caverna dei Tesori, luogo nel quale Adamo ed Eva hanno nascosto preziosi tesori dopo la cacciata dall’Eden. Qui i magi prelevano i doni che poi recano a Gesù. Questa leggenda, con qualche variante, penetrò successivamente fin nelle terre arabe ed etiopiche.
Nell’Opus imperfectum in Matthaeum, del V o VI sec., la terra dei Magi è ubicata in un’estrema landa orientale, dove sorge il Mons Victorialis. Ogni anno dodici tra i Magi più esperti salgono sul Vittoriale, raccogliendosi in preghiera per tre giorni, in attesa di un segno che annunci il compiersi delle profezie relative all’apparizione di una stella. Quando finalmente la stella appare, essa reca l’immagine di un fanciullo e ingiunge ai Magi di recarsi in Giudea. Dopo un viaggio travagliato e miracoloso durato due anni, i Saggi rendono omaggio al Messia, quindi tornano ad Oriente per dedicarsi ad opere di carità. Infine si uniscono in India dall’apostolo Tommaso, che lì si è recato per predicare il Vangelo.
Il primo di ogni mese, dopo essersi purificati alla Fonte della Purificazione, i Magi salgono sul Monte delle Vittorie. Il terzo giorno del mese entrano nella Caverna ed attendono il segno del compimento della profezia.
Ed ecco che finalmente il grande evento ha luogo: la Cronaca narra l’apparizione della stella, la visione di un bambino, l’invito fatto ai Magi di recarsi a Gerusalemme portando in dono i “tesori nascosti”, il viaggio, il ritorno nelle terre d’origine insieme all’apostolo Tommaso.
E’ il caso di sottolineare che la terra di Syr di cui parla la Cronaca è stata identificata con la regione del Seistan, al confine tra Persia e Afghanistan, il Monte delle Vittorie sarebbe dunque l’Usida, proprio il monte sul quale, secondo la tradizione zoroastriana, sarebbe dovuto apparire il Salvatore iranico. Ancora una volta elementi della tradizione cristiana si sovrappongono e si confondono con altri della mitologia iranica.
Un altro filone della leggenda dei Magi riguarda gli episodi della loro vita dopo il viaggio a Betlemme. Sono storie molto diverse e che è impossibile sintetizzare, ma che in genere introducono un nuovo elemento, il dono che i Magi ricevono dalle mani della Vergine o dello stesso Gesù. Si tratta ovviamente di doni miracolosi di natura differente (le fasce in cui era avvolto il fanciullo divino, in pane, una pietra, uno scrigno, ecc..) ma che nel finale dei racconti hanno comunque la caratteristica di trasformarsi in fuoco. E’ chiara la connessione con il culto del fuoco proprio dell’area religiosa iranica: si tratta di un ennesimo tentativo di stabilire una connessione, quasi una reciproca legittimazione, tra la sacralità cristiana e quella iranica.
Il formarsi di tali leggende influenzò poco o nulla l’esegesi cristiana.
I Padri della Chiesa si attennero agli scarni versetti di Matteo per trarne un’interpretazione simbolica: i Magi sono tre in riferimento al mistero trinitario, i loro doni alludono rispettivamente alla regalità del Cristo (l’oro), alla sua divinità (l’incenso), alla sua umanità e mortale sepoltura (la mirra). Nel suo recente saggio, che abbiamo già citato, Mario Bussagli condivide l’interpretazione dei primi due doni, ma a proposito del terzo, la mirra, afferma che esso va inteso come riconoscimento della natura di “grande medico” (che può vincere la morte) di Gesù.
L’ultimo importante capitolo della leggenda dei Magi – ormai noti come Gasparre, Melchiorre e Baldassarre – riguarda la loro sepoltura.
Secondo la tradizione essi sarebbero morti in India ed i loro resti sarebbero stati recuperati da S. Elena, madre dell’Imperatore Costantino, che li avrebbe fatti trasportare nella chiesa di S. Sofia a Costantinopoli. Da lì, in un’epoca incerta, le spoglie dei Magi sarebbero state traslate a Milano, nella Basilica di S. Eustorgio, dove le ritroviamo – e finalmente usciamo dalla leggenda per rientrare nella storia – all’epoca delle guerre tra Federico Barbarossa e il Comune di Milano.
Sconfitta la città lombarda, nel 1164 il cancelliere imperiale Rainold Von Dassel, arcivescovo di Colonia, si appropriò delle reliquie e le trasferì a Colonia, dove ancora oggi si conservano nel Duomo. L’eco suscitata dall’avvenimento fu così vasta che quando le orde mongole invasero l’Europa, arrivando ad affacciarsi sull’Adriatico, si sparse la voce che esse fossero armate cristiane (sulle loro insegne campeggiava una croce azzurra) giunte dall’estremo Oriente per recuperare le salme dei Magi.
Sull’onda di tanta popolarità, più tardi l’Epifania divenne in Italia il giorno nel quale la Befana (da “Pifania”, aferesi di Epifania) recava doni ai bimbi, così come i Magi avevano recato i loro doni al bambino Gesù. Per una strana commistione tra sacro e diabolico, la Befana assunse le fattezze solitamente attribuite alle streghe, cioè a quelle di una vecchia che vola in cielo a cavallo di una scopa.
Non a caso in alcune leggende popolari la Befana assume valori negativi, divenendo la vecchia megera che punisce i bambini cattivi. Ai nostri giorni la leggenda della Befana, così squisitamente italiana, sembra destinata ad esaurirsi, sommersa dalla crescente popolarità del suo concorrente Babbo Natale.
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