di Deborah Blum – Los Angeles Times

Più di cento anni fa iniziò uno dei più ambiziosi progetti di ricerca, una ricerca impostata sulla collaborazione di studiosi accademici e ‘medium’ di tre continenti. Lo scopo era di scoprire se gli uomini possono parlare o avere contatti con i morti.

I giornali parlarono di questa ricerca come di una “notevole sperimentazione per provare la realtà della vita dopo la morte”. Tra gli studiosi coinvolti c’erano il famoso psicologo e filosofo americano William James e Oliver Lodge, fisico britannico e pioniere nel campo della radio. Alla fine della sperimentazione essi ritennero di aver acquisito prove evidenti dell’esistenza del ‘soprannaturale’ – e in questo mondo e forse anche nell’altro.

In uno degli esperimenti fu fatta una richiesta ad una medium americana mentre questa era in stato di “trance”. La richiesta fu fatta in Latino (lingua sconosciuta alla medium). Le istruzioni date includevano l’invio da parte della medium di un qualche simbolo ad un medium che era in trance in Inghilterra. Durante la successiva trance, la medium americana chiese se il simbolo che lei aveva “inviato”, una freccia, era stato correttamente “ricevuto”.

Più tardi, analizzando e comparando le note degli esperimenti (che si svolgevano in contemporanea in diversi paesi), i ricercatori scoprirono che durante la prima trance dell’americana, il medium inglese aveva iniziato improvvisamente a scarabocchiare frecce.

Solo dopo una serie di risultati simili e ugualmente inattesi, i ricercatori pubblicarono le loro scoperte.

Potrebbe esserci uno studio con risultati più promettenti e provocanti di questo?

Eppure fu completamente dimenticato.

Per molti la “rimozione” di questa ricerca di epoca Vittoriana rappresenta un trionfo della scienza moderna sulla superstizione. Ma – e devo ammettere che questa è una posizione insolita nell’ambito della comunità di quanti si occupano professionalmente di scienza – io credo invece che con tale rimozione si è persa una occasione, una chance per capire meglio noi stessi e il nostro mondo.

La curiosità nei riguardi del soprannaturale non è affatto diminuita nel secolo trascorso dall’esperimento. Negli ultimi anni molte TV hanno prodotto e trasmesso programmi sull’occulto (si va da drammi popolari come “Medium” a parodie come “Psich”, a reality-shows con l’intervento di medium professionali e di investigatori del paranormale). Alla radio la trasmissione “Coast to coast”, che tratta soprattutto temi legati al supernaturale, ha un’ascolto che supera i 2,5 milioni di persone. Fioriscono organizzazioni legate al paranormale e scuole per medium e per operatori psichici.

Ciò che invece è diminuito è l’interesse in questo campo dei ricercatori accademici (almeno di ricercatori del livello di James e dei suoi colleghi di allora) e quindi corrispondentemente è diminuita la qualità dell’indagine scientifica (in questo campo). Sì, è vero, vi sono ricercatori che usano la moderna tecnologia per trovare ad esempio la “segnatura” di calore dei fantasmi (nell’infrarosso) o per campionare l’energia di una comunicazione spettrale (nei fenomeni di “voce dal nulla su apparecchi elettronici”). Ci sono anche scienziati ben noti e rispettati in ambito accademico che esplorano il soprannaturale, benché spesso questo sia per loro un campo di ricerca marginale e da tenere possibilmente “nascosto”. Ma attualmente non vi è nulla di così sofisticato, almeno nella concezione, niente di paragonabile a quel progetto di ricerca di epoca Vittoriana. Oltre allo studio dei “riferimenti incrociati”, menzionato sopra, gli studiosi Vittoriani organizzarono e portarono a termine una vasta raccolta di testimonianze di avvistamenti di fantasmi, con speciale attenzione ai casi legati alla morte di un parente o di un amico. Decine di migliaia di persone in molte nazioni furono intervistate; centinaia di volontari controllarono le testimonianze, cestinando quelle carenti di appropriata documentazione e quelle che non avevano altri testimonianze indipendenti. La conclusione fu che questi fenomeni di “visite dopo la morte” accadono in numero statisticamente 400 volte superiore a quello che ci si dovrebbe aspettare se i fenomeni fossero solo dovuti a concomitanze casuali di fatti naturali.

Per fare un paragone, uno studio sulla telepatia, presentato questo mese al meeting annuale della British Association for the Advancement of Science, coinvolgeva solo 63 persone a cui era stato chiesto di predire quale tra una lista di 4 parenti o amici avrebbe per primo chiamato al telefono. Le predizioni corrette sono state il 45 %, comunque, come puntualizzato dai ricercatori, ben al di sopra del 25 % che ci sarebbe aspettato dalle leggi statistiche.

Confesso però che quest’ultimo esperimento mi sembra davvero un po’ inutile e poco convincente: il campione statistico era troppo piccolo e i controlli poco rigorosi perché si potesse provare alcunché. E tuttavia ho visto personalmente un mucchio di studi di ricerca “ortodossa” che annunciavano “risultati” in base ad esperimenti ancora più “arronzati”. E perciò non resto convinta, come invece sembrano convinti molti ed arrabbiati scienziati Britannici, che la telepatia sia solo una “faccenda da ciarlatani”.
Sono invece convinta che in realtà abbiamo bisogno di una scienza più in gamba a tutti i livelli.

Perché mai così tante persone riportano esperienze di visioni, voci o sensazioni di presenza di amici o parenti al momento della (e dopo la) morte? E’ solo questione di speranza, o di allucinazione o di non diagnosticate malattie mentali, o di una naturale tendenza umana a sovrapporre comunque un significato agli eventi? è veramente solo un vasto castello di menzogne, o è vera telepatia o ci sono veramente i fantasmi?

Tutte queste possibilità sono state considerate eppure su nessuna di queste alternative è stata mai svolta una ricerca scientifica adeguata.

James a proposito scrisse: “O sono pazzo io o sono pazzi gli scienziati, visto che i nostri modi di considerare la probabilità sono opposti”. E nonostante ciò, egli credeva che il rischio di apparire folle fosse cosa di minore importanza.

Più importante era per lui il rischio di NON indagare adeguatamente l’Universo in TUTTE le sue dimensioni, il rischio di far apparire la realtà più misera e meno interessante di quanto realmente essa sia. James si preoccupava perché sarebbe venuto un tempo in cui la gente sarebbe diventata “indifferente rispetto alla scienza, dato che la scienza è così ostinatamente indifferente rispetto alle genuine esperienze della gente stessa”. Si preoccupava che una comunità scientifica dalle vedute ristrette sarebbe potuta diventare un feticcio, un oggetto di culto in sé stessa, dedita solo al proprio “credo” e a niente altro.

E, come dovrebbe essere ovvio da quanto ho scritto, io personalmente concordo…

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