Gli studiosi hanno reso nota una nuova teoria, secondo la quale gli uomini di Neanderthal che trovavano rifugio 50,000
anni or sono attorno alle grotte di Le Moustier, in quella che è ora la Dordogna in Francia, macellavano carcasse, raschiavano le pelli, modellavano teste d’ascia – e cantavano.
Uno dei nostri antenati coperti di pelliccia iniziava con un suono ritmico in crescendo, e gli altri seguivano, adeguandosi e partecipando. La musica promuoveva “un senso di benessere, di unione davanti al pericolo, di solidarietà” suggerisce il Prof. Mithen, archeologo dell’Università inglese di Reading. La musica, sostiene, creava “un’identità sociale piuttosto che individuale”. E potrebbe risolvere una questione annosa.
La musica ha risvolti sulla biologia. La sua ubiquità nella cultura umana, e le forti evidenze che il cervello contenga in sé alcuni circuiti musicali, suggeriscono che la musica sia un prodotto dell’evoluzione umana, e sollevano questioni sul suo ruolo. Nel 1871, Darwin ipotizzava che la musica umana, come il canto degli uccelli, attraesse i compagni. E che, in epoca pre-linguistica, gli antenati umani tentassero di “accattivarsi le simpatie dell’altro con note e ritmi melodiosi”.