Il 25% delle specie mammifere selvatiche è destinato all’estinzione
JULIET EILPERIN, Staff writer
E la banda continua a suonare
BARCELONA, Spagna – Almeno un quarto dei mammiferi selvatici mondiali è, secondo una dettagliata indagine mondiale trasmessa qui lunedì, a rischio di estinzione.
Il nuovo conteggio, che ha coinvolto 1700 esperti in 130 paesi per un periodo di cinque anni, dipinge “un quadro nero”, hanno scritto i responsabili del progetto in un documento che sarà pubblicato nella rivista “Scienza”. La rassegna, resa pubblica al Quadriennale Congresso Mondiale per la Conservazione, dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), copre tutte le 5487 specie selvatiche individuate dal 1500. Si tratta del più approfondito resoconto dei mammiferi marini e terrestri a partire dal 1996.
“I mammiferi stanno nettamente diminuendo e le cause principali sono la distruzione degli habitat e il sovra sfruttamento” ha riferito Jan Schipper, capo redattore del giornale e coordinatore della valutazione mondiale della IUCN riguardo i mammiferi. I ricercatori hanno concluso che il 25 per cento delle specie di mammiferi per i quali avevano sufficienti dati sono minacciate di estinzione, ma Schipper ha aggiunto che la cifra potrebbe arrivare al 36%, data la scarsità di informazioni su alcune specie.
I mammiferi marini e quelli di terra affrontano diverse minacce, hanno riferito gli scienziati, e quelli grandi sono più attaccabili di quelli piccoli. Per quanto riguarda le specie terrene, la perdita di habitat e la caccia rappresentano il maggiore pericolo, mentre i mammiferi marini sono più minacciati da involontaria uccisione per inquinamento, urti di navi e cattura nelle reti da pesca.
Mentre le grandi specie come i primati (compreso l’orangotango di Sumatra e le scimmie rosse colobus in Africa) e ungulati (animali zoccolati come la gazzella dama d’Africa e il tapiro malese) possono sembrare più imponenti fisicamente, i ricercatori hanno scritto che questi animali sono più esposti al pericolo rispetto alle creature più piccole come roditori e pipistrelli, perché “tendono ad avere più bassa densità di popolazione, cicli vitali più lenti, territori più vasti,maggiori probabilità di essere preda di caccia”.
I primati affrontano alcune le più forti oppressioni: secondo il sondaggio, il 79 per cento dei primati del Sud e Sud-Est asiatico si trovano a far fronte all’estinzione.
Il presidente della Conservazione Internazionale, Russel A. Mittermeier, uno degli scrittori e esperta autorità ha affermato che gli animali nella regione sono stati colpiti da una “tripla iella”.
Ha dichiarato in un’intervista:”Non è sorprendente data la densità di popolazione, il livello di distruzione degli habitat, e l’alquanto esagerata caccia dei primati per i prodotti alimentari e scopi medicinali”. Ha poi aggiunto che alcune aree in Vietnam e in Cambogia sono di fronte alla “sindrome da foresta vuota”, perfino le specie una volta popolose come il macaco mangia granchio, o la scimmia del tempio stanno “effettivamente svuotando delle zone nelle quali prima erano queste specie erano diffuse”
In alcuni casi, gli scienziati hanno un senso preciso di come una specie è diventata vulnerabile: ci sono 19 Gibboni di Hainan rimasti nella foresta sulla costa sudorientale della Cina, afferma Mittermeier, che attualmente lo considera un progresso poiché di solito erano una dozzina.
Per quanto concerne gli altri, compreso la balena e il giaguaro, i ricercatori hanno un’idea più vaga del loro numero, nonostante i progressi tecnologici, come la segnalazione satellitare e via radio,la segnalazione con la fotocamera e il monitoraggio satellitare GPS (Sistema di posizionamento globale)della mappatura.Gli autori della valutazione hanno scritto che la maggior parte dei mammiferi terrestri occupano “zone più piccole del Regno Unito”, mentre “la gamma della maggior parte dei mammiferi marini è inferiore a un quinto del Oceano Indiano”.
La relazione sui mammiferi è pervenuta il giorno stesso in cui la IUCN ha aggiornato la sua “lista rossa”, un altro sondaggio periodico di circa 45.000 specie di piante e animali, e ha concluso che il 32 per cento, sono minacciate da estinzione. I suoi scienziati hanno aggiunto 20 delle 161 specie mondiali di cernia all’elenco di quelle a rischio di estinzione, insieme a diverse specie di tarantola.
Jonathan BAILLIE, che dirige i programmi di conservazione presso la Società zoologica di Londra, ha dichiarato: “E ‘un continuo declino in tutti i casi.”
Le notizie di ieri non sono state tutte negative: i funzionari dell’IUCN hanno affermato che la lucertola gigante La Palma, ritenuta estinta per oltre 500 anni, è stata ritrovata l’anno scorso nelle isole Canarie e ora è considerata ad alto rischio di estinzione.
Gli autori del calcolo dei mammiferi hanno detto che il calo osservato non è inevitabile. Essi scrivono: “Almeno il 5 per cento delle specie minacciate attualmente, hanno una popolazione stabile o in aumento, il che indica che essi sono in ripresa da passate minacce”.
Mittermeier ha dichiarato: “si tratta di proteggere gli habitat in modo efficace, attraverso le aree protette, e prevenire la caccia e altre forme di sfruttamento”. Ecco un esempio di come la conservazione può essere efficace: egli ha osservato che nelle zone in cui lavorano i ricercatori scientifici, gli animali hanno molte più possibilità di sopravvivere. Ha affermato: “Dove c’è la ricerca, è altrettanto positivo o addirittura preferibile che avere una guardia “.
Schipper ha offerto il modello di impegno degli Stati Uniti per riportare il furetto dai piedi neri, che era sostanzialmente estinto sulle praterie del Nord America a partire dal 1996. “Ora è in via di estinzione,che, in questo caso, è un enorme miglioramento”, ha detto. “Quando i governi e gli scienziati impegnano le risorse a favore di un progetto, molte specie possono essere recuperate”.
I rapporti di lunedì arrivano mentre i ricercatori si sono documentati sull’effetto serra provocato dal gas utilizzato dagli uomini. In un documento pubblicato giovedi nella rivista Geophysical Research Letters (Articoli di ricerca geofisica), un team del Monterey Bay Aquarium Research Institute (Istituto di ricerca dell’acquario di Monterey bay)ha rilevato che l’acidificazione dell’oceani provocata da emissioni di carbonio fa in modo che il suono viaggi più lontano sott’acqua, perché l’acqua di mare sempre più acida assorbe meno il suono a bassa e media frequenza.
Entro il 2050, i ricercatori hanno previsto che suoni potrebbero viaggiare del 70% più lontano in parti dell’Oceano Atlantico e in altri zone,e questo può perfezionare la capacità dei mammiferi marini di comunicare, ma anche aumentare il rumore di fondo, che potrebbe rivelarsi disorientante.
“Comprendiamo che la composizione chimica degli oceani sta cambiando. Le implicazioni biologiche che davvero non conosciamo”, ha affermato Keith Hester, chimico e studioso dell’oceano e capo redattore. La magnitudo che è alla base del cambiamento dell’assorbimento acustico, basato per lo più sull’azione umana, è veramente stupefacente.
Schwartzreport 8 ottobre 2008
Traduzione a cura di Valentina Bonserio