Il Colle della Luce
Una nuova interpretazione del Colle di S. Pietro a Tuscania
Introduzione di Umberto Di Grazia
Il colle della luce. Sono nato a Viterbo ed amo la mia terra. Molte scoperte storiche ed archeologiche sono state effettuate in questa Provincia, spesso da privati che non amano il facile raccontare senza reali riferimenti e spesso sono osteggiati da chi si ritiene un ricercatore e studioso “ufficiale”.
Peccato..! Siamo così orfani di determinanti ed importanti pagine della nostra storia.
Per onestà culturale di uomo, che cerca solo di conoscere e di comprendere, ed ispirato dal conoscere i miei antenati, che si sono sovrapposti nel tempo in questa mia terra madre, invece, non smetterò mai di cercare.
Sono sempre stato particolarmente attratto dalle civiltà pre-romane ed Italiche in genere e dai segni lasciati dai Longobardi, Normanni, Templari.
Naturalmente non è mio uso nascondere le ricerche illuminate anche di altri, anzi gli studi attenti e ben documentati sono per me un motivo in più per studiarli e diffonderli.
Personaggi del passato, storie, fatti, segni tangibili di battaglie e di costruzioni con significati che sfuggono a chi non ha una preparazione specifica, ci aspettano silenziosi da troppo tempo. Spesso l’invasione del costruire e gli interessi dei soliti ignobili che distruggono in silenzio importanti testimonianze che darebbero maggiore chiarezza su ciò che costruivano e credevano i nostri predecessori che ci hanno, comunque, permesso di essere qui ed ora sono perse per sempre.
Ho indagato dunque, anche io, e senza mai smettere.
La presenza Templare, ad esempio, nel nostro territorio, è evidente ed imponente. Commende, Basiliche, Chiese, villaggi, ponti, sorgenti si susseguono seguendo le vecchie vie Consolari romane, i torrenti, le vie antiche di penetrazione, parallela dal mare alle montagne, del periodo etrusco e quelle più antiche di crinale. Molte conosciute altre nascoste.
Partendo da Civitavecchia e sino a Viterbo, a Bagnoregio, Marta, Vetralla, Vulci, Tarquinia, Tuscania, Sutri e non solo.. ci sono dei veri tesori aperti che aspettano.
Ed è proprio a Tuscania che troviamo, all’interno della Chiesa di Santa Maria, il segno, su di una colonna, di una Croce Templare e lo stesso nel Chiosco della limitrofa Basilica di San Pietro.
Poco tempo fa, durante una gita, molto ampia ed indimenticabile, con amici, sorelle e fratelli che cercano di difendere la tradizione vera dei Templari immergendola nella realtà di oggi, abbiamo potuto leggere dei documenti importanti ed uno in particolare che, è il caso di dirlo, riteniamo “illuminante”.
Il lavoro è stato fatto dal prof. Mario Tizi, che ricerca con amici leali e fidati, e tra i suoi vari impegni. Ama la sua terra e non, anche lui, si ferma nel volerla conoscere e non a caso è anche socio attivo dell’Archeotuscia, Tuscia la terra dei nostri antenati etruschi.
Umberto Di Grazia
Due grossi misteri incombono sul passato di Tuscania. Il primo è riferibile al periodo etrusco: a Tuscania non si sviluppò un processo sinecistico. Questo significa che Tuscania non era una città. L’ archeologa S. Quilici Gigli sostiene che era un insieme di villaggi sparsi per la campagna, orbitanti attorno al colle di S. Pietro. Tra il VII e il VI secolo a.C. nel territorio dell’Etruria i villaggi si aggregarono per dar vita ad un fenomeno di urbanizzazione sul modello delle città greche. Perché questo non avvenne a Tuscania, che ne aveva la piena possibilità sia come spazio fisico, risorse e numero di abitanti? Vale la pena di ricordare che le locali associazioni archeologiche hanno censito almeno una trentina di necropoli disposte attorno al colle o dislocate nelle campagne.
Il secondo mistero riguarda il periodo alto medievale, quando la Tuscania eleva le due basiliche di S. Maria Maggiore e di S. Pietro, l’una ai piedi e l’altra alla sommità del colle omonimo. Giungendo da Viterbo è impossibile non vederle ed evitare ammirati la domanda: perché proprio Tuscania? Quello che non si vede è però un dato della massima importanza. Attorno al colle la comunità cristiana edificò una quindicina di chiese a coronamento delle due basiliche, ambedue cattedrali in tempi successivi. La domanda allora diventa: perché a fronte di questa potente presenza del cristianesimo sia sul piano numerico sia su quello qualitativo, Tuscania non presenta nessun tempio pagano?
A questo proposito occorre ricordare due particolari. Nel tentativo di sradicare culti, superstizioni e tradizioni, le comunità cristiane costruirono chiese dove lì, un tempo, c’erano templi pagani, giungendo spesso a riadattare gli antichi edifici di culto. Sotto le nostre chiese è impossibile, quindi, che non esistano templi, dal momento che, insieme con altri edifici minori, presidiano una zona ad intenso significato archeologico. Nel confronto con la Tuscia, Tuscania, presenta una situazione di primato politico-religioso che sfocerà nella costituzione di una diocesi egemone per tutto l’alto medioevo sul territorio compreso fra il mare e il lago di Bolsena.
Se istituiamo il confronto con realtà esterne, vediamo inoltre, che Tuscania presenta una situazione d’eccellenza tuttora bisognosa di spiegazione. Aquileia, ad esempio, che per antichità ed estensione è la diocesi più vasta d’Europa dopo Roma, aveva la cattedrale dedicata a S. Maria Assunta che ancora compare nell’abside e come patroni i martiri Ermagora e Fortunato. La cattedrale tuscaniese era invece dedicata al principe degli apostoli, i patroni erano tre esponenti della corte imperiale martoriati a Centumcellae nella persecuzione dell’imperatore Decio e la basilica di S. Pietro presentava in abside un Cristo Pantocrate che non ha corrispondenti in nessuna chiesa d’Oriente e d’Occidente.
Naturalmente i riscontri storici e archeologici a sostegno del primato di Tuscania in campo religioso potrebbero continuare, ma a questo punto preferiamo affrontare la domanda: a che cosa è dovuto questo primato? E soprattutto quali culti pagani andarono a sostituire le basiliche di S. Pietro e di S. Maria Maggiore? Nel silenzio di resti e testimonianze, incomprensibile se collocato nel contesto appena delineato, alcune tracce importanti e mai indagate compiutamente, possono gettare piena luce sugli interrogativi che ci assillano. Il primo riguarda i resti di una struttura monumentale, verosimilmente un tempio, poco distante dal colle di S. Pietro, in località Campo della Fiera.
Il buon senso avrebbe voluto che l’unico sito tuscaniese privo d’ostacoli, fosse stato oggetto di scavi condotti con correttezza metodologica, in modo da ottenere importanti indicazioni sulla posizione di Tuscania durante il paganesimo. Invece negli anni 80 il sito è stato cementificato e su di esso è stato costruito un depuratore senza che nessuno intervenisse a fermare l’ iniqua e autolesionista operazione.
Per fortuna, però, le basiliche tuscaniesi non sono state ancora cementificate e indagandone i molteplici segni possiamo aprirci un varco verso la comprensione del loro significato e risalire ai culti pagani che vennero sostituiti da Cristo. In questo percorso occorre preventivamente soffermarsi su una considerazione relativa ai numerosi studi sulle due basiliche che si sono succedute nel tempo: tutte appaiono contraddistinte dalla settorialità. Di volta in volta, cioè, è stata presa in esame o la facciata, o la pittura, o l’architettura o una basilica alla volta, dimenticando che i due monumenti sono intimamente connessi e insieme al colle costituiscono una vera e propria configurazione. Il significato di essa, allora, apparirà chiaro solo quando chiesa di S. Pietro, chiesa di S. Maria Maggiore, colle e segni vengono studiati come intimamente correlati.
E del resto una autorità come Richard Krautheimer, esperto di architettura paleocristiana e bizantina, a ricordarsi che il simbolo non è precedente all’edificio di culto, né conseguente, ma si precisa e cresce all’interno di una configurazione. E qual’è il valore simbolico del colle di San Pietro? Tutti gli elementi analizzati portano ad un’unica conclusione: per pagani e cristiani il colle tuscaniese fu il colle della luce. Di una importante divinità solare dell’epoca pre-cristiana e di Cristo-Sole durante il cristianesimo emergente.
I principali elementi che ci hanno condotto a questa conclusione sono il volto trifronte presente nella facciata di San Pietro, sotto la bifora di sinistra e l’arco dislocato nel sacrato. Interpretati erroneamente come un demonio, il volto è in realtà una divinità pagana della quale la comunità cristiana vuole mostrare la natura demoniaca reiterandone la rappresentazione sopra la bifora. Ma mentre sotto, la chioma è costituita da inequivocabili raggi solari, nel volto superiore compaiono le corna. E questo è un programma iconografico coerente con la situazione di IV-V secolo quando lo sforzo del cristianesimo era quello di battere il politeismo sul piano ideologico. E i Padri della Chiesa del tempo furono impegnati non tanto ad abbattere templi, quando ad abbattere idee.
Ma sono valide queste argomentazioni in una facciata romanica, concordemente attribuita all’XI secolo? Questo è il secolo attribuibile a quello che vediamo, ma molti segni indicano che la prima edificazione della chiesa di San Pietro va retrodatata ad epoca costantiniana. Tali segni sono l’ abside quadrata posta a base di quella semicircolare, ricorrente negli edifici paleocristiani, il fatto che le due cattedrali furono edificate entro la cerchia urbana e l’ orientamento, facciata ad est ed abside ad ovest, tipico delle chiese del IV secolo.
Ma è l’orientamento a metterci sulla strada del dato più sorprendente. Ad una paziente verifica realizzata nell’arco dell’anno, abbiamo constatato che la basilica di San Pietro è orientata al solstizio d’estate e quella di Santa Maria maggiore al solstizio d’inverno. Abbiamo così le prove che le due chiese presidiano le porte solstiziali e delineano un cammino ascendente che, con il crescere della luce nello svolgersi dei mesi, conduce alla massima manifestazione di essa sul piano materiale, che si realizza nel solstizio d’estate e a Cristo sul piano spirituale.
Le due chiese ed il colle, quindi, marcano anche a livello materiale una iniziazione cristiana che partendo dalla fonte battesimale ottagonale, all’interno di Santa Maria Maggiore, portava il fedele alla “Gerusalemme Celeste” attraverso il portale di San Pietro. Il capitello nella prima colonna del portale, interpretato come emersione dalle acque lustrali del battesimo, sta ad indicarci proprio la conclusione di questo percorso. Nell’alto medioevo le due Basiliche segnavano il punto iniziale ed il punto finale di un itinerario sacro da percorrere con una processione che verosimilmente sostituiva l’omologa cerimonia pagana.
Appare così nel suo pieno significato l’arco nel sagrato erroneamente interpretato come una porta. L’arco, cioè, non aveva una funzione pratica, ma simbolica: era la Porta del Sole, che al solstizio d’estate, nel pieno del fulgore dell’astro, produceva un corridoio di luce che centrava la facciata della chiesa e conduceva al vero sole: Cristo. Tutto il percorso cristiano finiva per essere marcato da tre porte simboliche:
Santa Maria Maggiore, la Janua Coeli che faceva passare da una condizione materiale ad una spirituale, immettendo nel sacro. L’arco nel sagrato, la porta del sole che si apriva all’alba e si chiudeva la tramonto. La terza porta era la porta del cielo costituita dal portale della basilica di San Pietro. La processione giungeva a conclusione, l’iniziazione cristiana poteva dirsi conclusa.
E il culto pagano che era stato sostituito? Con tutti gli elementi forniti la risposta non presenta ostacoli. Basta prendere un libro di storia per rendersi conto che sul colle di San Pietro a Tuscania, dove si sono sedimentati trenta secoli di storia con i loro segreti veniva praticato il culto solare. A Roma il culto del sole era stato portato dall’imperatore Eliogabalo ed era stato istituzionalizzato, in tutto l’impero, da Aureliano. Costantino prima della conversione al cristianesimo era stato un adoratore del Sole e la ricerca di un collegamento a livello figurativo ed ideologico, tra la sua persona e quella del Dio, impronta la sua politica lasciando cospicue testimonianze.
In molte monete l’ imperatore appare accanto all’immagine del Sole, mentre le statue lo rappresentano con i raggi in capo, secondo lo schema iconografico tipico del nume.
L’arco di trionfo, fatto erigere nel 315 in occasione della vittoria di ponte Milvio, presenta una chiara simbologia solare, ma soprattutto il trifornice era in asse con la base del Colosso, il gigantesco idolo di Sol-Helios nelle vicinanze del Colosseo, per mostrare l’ indissolubilità tra ispirazione divina ed azione imperiale. Tuscania, dove l’arco nel sagrato è in asse con il corpo centrale della facciata dell’antica cattedrale, presenta un’ eco di tutto questo, solo che l’accento è spostato dal Sole a Cristo. L’ astro materiale, cioè, che sovrintende e assicura la vita del cosmo è una creatura del Vero Sole, Cristo. E’ la sua luce a diffondersi su tutta la terra ed a illuminare ogni uomo.
I simboli solari, largamente presenti nelle basiliche tuscaniesi, parlano di questo. E parlano di una luce che ancora non si è spenta e continua ad illuminare la Tuscia e tutti coloro che cercano la verità.
Mario Tizi – Socio Archeotuscia
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Bibliografia e credenziali
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M. Tizi, La terza porta. Paganesimo e cristianesimo in un colle-simbolo degli Etruschi, in I Beni Culturali n. 3, 2008
Foto di Adriano Posenato
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