La luce del sangue. La misteriosa facoltà della materia vivente di emettere radiazioni
di Giocondo Protti
La Luce del Sangue. Introduzione e Capitolo 1
L’uomo pensa sempre, anche senza accorgersene, alla soluzione di due problemi: pietra filosofale e elisir di lunga vita.
Vi ha pensato, vi pensa e vi penserà senza mai risolverli: cioè non arriverà mai alla grande sintesi.
Comunque per il principio della eterogenesi dei fini, l’uomo è arrivato a scopi diametralmente opposti a quelli che intendeva raggiungere, portando, nello stesso tempo, un forte contributo alla evoluzione del pensiero.
La ricerca della pietra filosofale, anziché alla fabbricazione dell’oro, ha portato a vedere meglio la struttura dell’infinitamente piccolo inorganico; la ricerca dell’elisir di lunga vita ha portato a conoscere più da vicino l’intima struttura e funzione della cellula.
Lungo queste due vie maestre non si sono avute soste, ma solo slittamenti di competenze: la ricerca della pietra filosofale, campo di azione del chimico, arrivando alla struttura dell’atomo, ha condotto gli studi in pieno dominio di competenza del fisico e del matematico; la ricerca dell’elisir di lunga vita è passata dal medico al biologo e da questi dal chimico al chimico-fisico.
La differenza sostanziale tra queste due vie percorse dal genio umano sta in ciò: che mentre nella struttura della materia inorganica lo studioso viene sorretto dal potente ausilio delle matematiche, nello studio della materia vivente le matematiche hanno invece servito meno, pur dovendosi riconoscere che anche il mio mondo biologico risponde alla legge suprema del rapporto, cioè del numero.
Nel mondo inanimato l’ausilio della matematica statica, esclusivamente confinato nella ripetizione fissa e nella fredda registrazione del fenomeno fisico, può portare il pensiero ad essere schiavo del fenomeno stesso e quindi a dolorose sorprese in contrasto con la realtà; nel mondo animato invece l’intuito che precede e sorregge la ricerca scientifica, perché la complessità e la non riproducibilità dei fenomeni biologici rendono praticamente di scarso valore l’ausilio della matematica.
Quando si verifica un processo di vera intuizione, allora l’intuizione coincide con la verità e in questo caso l’intuizione, superando ogni sistema e metodo di indagine, arriva di colpo o per gradi, infallibile, a presagire e a percepire l’essenza della verità, la quale si disvela per un processo aureo della mente che comprende e riassume tutte le matematiche;
Esempi:
- l’intuizione di Faraday sui processi di intuizione elettromagnetica;
- l’intuizione di Avogadro che profetizza lo stesso numero di molecole in eguale volume di gas tenuti nelle stesse condizioni di temperatura e di pressione;
- l’intuizione di Semmelweiss e di Pasteur sulla origine microbica delle infezioni;
- l’intuizione di Mendeleiev sulla periodicità dei pesi atomici; l’intuizione di Arrhenius sulla dissociazione molecolare.
Se invece, una creduta intuizione si rivela in contrasto con la verità, ciò significa, semplicemente, che quella non era stata intuizione, essendo l’intuizione sempre, per definizione, un incontro con la natura e con i suoi ritmi.
Voler quindi negare valore a tutto ciò che non può essere espresso con formule matematiche è un irrigidimento mentale antiumano ed estremamente presuntuoso: non vi è alcun dubbio che l’universo debba rispondere alla legge del numero (e questa è l’intuizione) ma pretendere che i piccoli numeri a disposizione dell’uomo siano proprio quelli che regolano l’universo, questo è insensato e ateistico.
E’ certo quindi che l’intuizione può equivalere a altri metodi di ricerca. Senza contare che mentre nel mondo minerale, cioè inorganico, non entra mai come fattore influenzante la variabile anima, nei fenomeni biologici, specialmente umani, è sempre presente l’influenza determinante, inesorabile, degli ingranaggi nervosi e neuropsichici.
L’uomo, e con lui tutti gli organismi viventi, nasce, si muove e muore immerso nella biosfera, immerso cioè in un campo elettromagnetico che partecipa sia delle proprietà elettromagnetiche della terra sia di quelle dell’atmosfera: quindi tutti i perturbamenti di natura elettromagnetica si ripercuotono anche sugli organismi viventi i quali non possono non risentirne le influenze.
Da Ciò appare stupenda l’intuizione degli uomini primitivi che, indipendentemente da fini materialistici, hanno sempre considerato l’importanza del flusso degli astri sugli esseri viventi.
Giocondo Protti
Capitolo 1
La luce che non si vede
Un giorno del 1922 un biologo russo, Alessandro Gurwitsch, enunciò che la materia vivente emette raggi ultravioletti.
La notizia si diffuse rapidamente e non soltanto fra gli scienziati: giornali, riviste, quotidiani si impossessarono della scoperta e la fantasia dei cronisti si mise in moto con lo zelo che rende d’improvviso celebre un uomo, ma che, nello stesso tempo, lo colpisce perché ne travisa le intenzioni.
La materia organica sprigiona radiazioni ultraviolette: non si era mai udito nulla di simile; si sapeva al massimo che qualche animale, come la lucciola, possiede particolari organi luminosi, che certi bacteri sono luminescenti, ma che gli animali e addirittura i vegetali emettessero luce ultravioletta, ciò non si era ancora sentito dire.
Di qui l’interesse enorme suscitato dalla comunicazione di Alessandro Gurwitsch e il moltiplicarsi delle ricerche in tutti i laboratori del mondo, le prime conferme, le rime critiche, la divisione dei ricercatori in campi opposti: da un lato i biologi, dall’altro soprattutto i fisici; gli uni invasero il campo degli altri, più accaniti rimanendo i fisici i quali alla notizia, scattarono per inseguire l’incauto biologo che si era permesso scoprire una manifestazione fisica, i raggi ultravioletti, di loro competenza, nel labile mondo della vita.
Eppure, in quel lontano giorno Gurwitsch gettava le basi di nuove conquiste biologiche ed è questo il motivo per il quale noi dovremo avvicinarci alla constatazione e alla comprensione di questa scoperta, che costituisce il presupposto inderogabile ed accertato del presente volume avvertendo il lettore che egli dovrà disporsi a ricevere apprendere e contenere soltanto notizie sicure, per quanta meraviglia possano destare in lui.
Parlare di luce, di raggi, di radiazione in genere è già per molti ragione di sorpresa; il mito delle Elettriti che solcano gli spazi eterei è da troppo poco tempo acquistato e dimostrato esatto dalla fisica moderna per poter essere facilmente connaturato con le conoscenze abituali.
La normale diffidenza che l’uomo ha per le cose nuove non è sempre determinata né da pigrizia mentale né da cattiva volontà; l’uomo per spontanea inclinazione, è anzi curioso e felice di imparare fatti ignorati, perché proprio caratteristica dell’intelletto quella di voler addentrarsi nei recessi della verità. Non trattasi quindi di diffidenza, ma di incapacità temporanea a seguire e capire i progressi della evoluzione; per questo talvolta un’idea o un fatto, i più documentati, faticano a modificare il patrimonio culturale dell’umanità.
….
Per arrivare ai raggi di Gurwitsch, i quali come abbiamo detto sono ultravioletti, conviene partire dai raggi infrarossi che stanno all’estremo opposto dello spettro solare luminoso, quello spettro che scomponendo la luce bianca dei sette colori fondamentali, parte dal rosso e termina con il violetto.
Newton scompose con il prisma di vetro la luce solare e la trovò costituita da sette colori, i quali sono il rosso, l’arancio, il giallo, il verde, l’azzurro, l’indaco, il violetto.
L’arcobaleno – spettro solare – è formato da sette note colorate con le quali il sole compone tutte le sinfonie luminose che siamo abituati a vedere intorno a noi.
La vista umana si accorda soltanto nei limiti di questi sette colori, come l’udito si accorda soltanto con le nove ottave musicali edibili, quasi che, sia nell’occhio sia nell’orecchio, alloggino rispettivamente sette e nove caselle fondamentali ognuna delle quali entri un colore o un ottava e altre non ne possano entrare. Per i nostri bisogni visivi e uditivi, le sette casella della vista e le nove dell’udito sono sufficienti; ma se dovessimo acquistarne delle altre, esse non rimarrebbero vuote e questi nostri due sensi potrebbero allora percepire e godere di altre luci e di altri suoni, come una pelle ruvida e spessa potrebbe acquistare maggiore sensibilità agli stimoli tattili diventando fine e delicata.
All’occhio umano manca appunto la sensibilità per rendersi conto che prima del rosso e dopo il violetto vi sono altri colori, altre luci rispetto le quali esso è assolutamente cieco. Ma un altro organo di senso, il tatto, ha avuto l’incarico di vedere queste luci che percepisce sotto forma di calore o sotto forma di irritazione della cute. Ciò significa che le luci oscure hanno proprietà termiche e chimiche. La prova che il rosso e il violetto dell’arcobaleno sono rispettivamente preceduti e seguiti da altre luci è data dalla fotografia: la lastra fotografica infatti vede e rivela sia al di sotto della luce rossa, sia al di là della luce violetta: la luce che precede il rosso chiamasi infrarossa, la luce che segue il violetto chiamasi ultravioletta. La caratteristica principale della luce infrarossa è di essere calda e di produrre determinati effetti chimici purchè agisca in quantità cospicue; mentre la caratteristica principale della luce ultravioletta è di essere fredda e di produrre effetti chimici assai più spiccati di quelli della luce infrarossa tanto da passare anche sotto il nome di “raggi chimici”.
La luce infrarossa, essendo calda ed avendo il calore la proprietà di dilatare i corpi, è valutabile mediante il termometro con il quale anzi Herschel la scoprì nel 1801 esplorando lo spettro solare; la luce ultravioletta invece non essendo calda, è valutabile dagli effetti chimici, primi fra tutti quelli fotografici, e dagli effetti biologici che essa produce: pochi secondi o pochi minuti di esposizione alla luce ultravioletta sono sufficienti per uccidere i germi contenuti in una cultura batterica (fig.1)
Vi fregate le mani per riscaldarvele? Producete luce infrarossa fotografabile.
Tutti i corpi che si trovano a una temperatura diversa dallo zero assoluto hanno la proprietà di propagare del calore per irradiamento. La propagazione per irradiamento avviene senza corpi intermediari, anche nel vuoto, a mezzo di onde elettromagnetiche. E’ risaputo che con la fotografia si mette in evidenza la luce infrarossa. Occorrono lastre speciali per raccogliere la luce invisibile infrarossa ed è molto interessante osservare per esempio, la fotografia di un ferro da stiro caldo o di qualunque altro corpo che stia emettendo di questa luce calda. Un alone, una aureola lo circonda: sembra quasi che la raffigurazione dell’aureola dei Santi abbia trovato una conferma ella riproduzione fotografica; il prodigio che è stato poeticamente intuito e che forse è stato realmente osservato, ha riscontro nel rigore della indagine scientifica. Se il nostro occhio acquistasse la capacità di vedere la luce infrarossa che accompagna il tepore del nostro corpo, l’umanità ci apparirebbe composta da strane figure avvolte di luce tremula.
Gli animali a sangue caldo, e tra questi l’uomo, sprigionano dunque dei raggi luminosi invisibili i quali sono più o meno caldi.
Da dove proviene questa luce calda animale? Essa proviene dalle combustione organiche dette anche ossidazioni. Durante queste combustioni si verifica una liberazione di luce infrarossa misurabile con speciali spettroscopi e valutabile col termometro e con la fotografia.
Alessandro Gurwitsch dimostrò che durante le combustioni organiche vi è anche liberazione di luce ultravioletta, di quella luce cioè che sta alla estremità opposta della luce infrarossa.
Testo tratto dal libro “La luce del sangue. La misteriosa facoltà della materia vivente di emettere radiazioni” di Giocondo Protti.
Trascrizione dall’opera originale a cura di Marisa Menna