La pietra filosofale: il sacro Graal degli alchimisti
di Marisa Menna
“Fatti non foste per viver come bruti,
ma per seguir Virtude e Conoscenza.”
Dante Alighieri
Inferno, XXVI, 119-120
“Non troverai la pietra filosofale finché non sarai perfetto.”
Grillot de Givry
Tutti noi nella nostra vita siamo alla ricerca, in maniera conscia o inconscia, di qualcosa di indefinito ma fondamentale.
Che sia un qualcosa di fisico o la realizzazione di un’idea, la sostanza non cambia: è il tesoro più grande, è il Santo Graal, il Libro di Thot, la Quintessenza, l’elisir della lunga vita e la pietra di proiezione degli alchimisti; è il messaggio impresso nella pietra dei templi e delle cattedrali, nei silenziosi monumenti delle nostre città, nelle pagine ingiallite dei libri, nelle azioni dei nostri padri e nel tempo; è Conoscenza, Illuminazione e Comprensione. È un antico segreto, custodito gelosamente nei secoli, che si rivela solo a chi sa aprire i propri occhi, la propria mente, il proprio cuore: è la Pietra Filosofale.
La Pietra Filosofale, in latino lapis philosophorum, è il Sacro Graal degli alchimisti che nel corso della storia hanno ricercato incessantemente. La ricerca della Verità è stato ed è ancora oggi lo scopo dell’Uomo che vuole Comprendere e Conoscere.
Questa Pietra viene descritta come un qualcosa capace di trasformare i metalli in oro, sanare le malattie e prolungare la vita. Nel corso della storia, venne cercata quasi esclusivamente per quest’ultimo scopo, prediligendo di più l’aspetto venale e materiale, piuttosto che quello spirituale. Tuttavia, spesso l’uomo ignora che il tesoro più grande non è l’oro, ma la Conoscenza.
Una Conoscenza per lo più segreta, perché mantenuta tale da chi sapeva e da chi sa che “la Conoscenza è potere”. Un sapere iniziatico, quindi, che permetterebbe il raggiungimento della perfezione umana e dell’immortalità, tramite l’Illuminazione. Di conseguenza, un altro aspetto della Pietra Filosofale sarebbe la capacità di donare la vita eterna, perché duratura è la pietra, al contrario della carne. Basti vedere i monumenti millenari degli antichi popoli, che ancora oggi sopravvivono, a dispetto del tempo, come ad esempio le piramidi.
L’oro era considerato già in passato un tesoro perenne, per cui, trasformare il vile metallo in oro significava trasmutare la materia mortale in uno spirito immortale. Proprio per via di questa ultima caratteristica, la Pietra Filosofale è stata spesso associata al Sacro Graal. In effetti, sono presenti interessanti analogie fra questi due oggetti leggendari. È lo scrittore Wolfram von Eschenbach il primo a designare il Graal come una pietra sacra nella sua opera, il Parzival. Ma anche la tradizione esoterica vedrebbe il Graal come una pietra, in particolare, come il diadema che ornava la fronte di Lucifero e che andò perduto quando l’angelo ribelle venne gettato negli inferi per mano di Dio.
La Pietra Filosofale e il Graal sono simboli che rappresentano entrambi l’antica Conoscenza, quella che la maggior parte di noi ha ormai dimenticato. L’allontanamento di Adamo dal Paradiso terrestre, quindi dall’Albero della Conoscenza, potrebbe significare il ritorno a uno stato selvaggio dell’umanità, cosa che accadde più di una volta in passato.
Il simbolo è una raffigurazione immediatamente riconoscibile, capace di trasmettere in maniera semplice grandi verità. I simboli hanno accompagnato l’evoluzione umana fin dai suoi esordi sulla Terra. Le prime forme di scrittura erano degli ideogrammi, delle raffigurazioni simboliche intuitive, capaci di trasmettere anche significati complessi. Ogni giorno ci passano davanti agli occhi migliaia di simboli, il riconoscimento di alcuni di essi è immediato ma altre volte ci risultano invisibili e finiamo per ignorarli. Ciò gioca a nostro sfavore, perché per comprendere completamente la vita, occorre conoscere il più possibile ciò che ci sta attorno. In tal senso, la ricerca del Santo Graal è la ricerca della Pietra Filosofale, di questa Conoscenza perduta, e che i nostri progenitori del mondo antico hanno posseduto.
La Pietra perciò non sarebbe solo una “sostanza”, ma anche un processo di interazione tra più entità (fisiche, spirituali ed energetiche) e la polvere cristallina non sarebbe altro che la memoria energetica e informativa di tale processo, una specie di enzima inorganico come chiarisce Basilio Valentino. Ciò che conta è quel che rappresenta e simboleggia.
Fulcanelli, alchimista del XX secolo, scrisse a proposito della Pietra Filosofale:
“[Essa è] l’Albero della Vita, l’Elisir [della lunga vita], il capolavoro della natura aiutata dalla capacità umana, puro e ricco gioiello alchemico. Sintesi metallica assoluta, [questo tesoro] assicura al fortunato possessore il triplo appannaggio del sapere, della ricchezza e della salute. È il corno dell’abbondanza, sorgente inestinguibile delle felicità materiali del nostro mondo terreno.”
Alcuni grandi iniziati, come Nicolas Flamel e il Conte di Saint-Germain, probabilmente giunsero molto vicini alla verità. Per poter trasformare il semplice metallo in oro occorreva però avere una Conoscenza assoluta delle leggi naturali. A tale livello si poteva giungere scoprendo la Pietra Filosofale, perché solo questa era (ed è) in grado di donare l’onniscienza, almeno secondo gli alchimisti e i filosofi del passato.
L’acronimo V.I.T.R.I.O.L. è emblematico nelle finalità dell’alchimista:
“Visita Interiora Terrae, Rectificando, Invenies Occultum Lapidem”. L’invito, rivolto alla terra interiore di ciascuno, è il seguente: “Visita l’interno della Terra e, rettificando, troverai la pietra nascosta”.
Il visitare comporta una presenza, non un semplice pensare o intervento mentale, ma la partecipazione dell’interezza della persona. Una presenza fisica con un’intensa motivazione nella ricerca che deve essere orientata all’interno dell’Uomo.
Visitare l’interno della terra presenta una grande pericolosità, perché ci si orienta verso un mondo sconosciuto, nel quale immergendoci possiamo perderci nella nostra totalità o avere l’immensa ricompensa. Non a caso il “visitare” deve essere svolto attraverso il “rettificando” e cioè percorrendo la strada retta della virtù.
Lo scopo della ricerca viene indicato come il ritrovamento della pietra occulta, cioè nascosta.
E’ una pietra di estrema preziosità, che possiede immensi poteri e che permette quella trasmutazione dell’essere che giustifica il completo dedicarsi alla sua ricerca.
Viene qualificata “filosofica”, perché nota ai “filosofi”, e dopo opportune lavorazioni o “rettifiche”, diventa “filosofale” con il potere di trasmutare i metalli vili in oro e capace di dare l’immortalità.
Analogie del percorso per la ricerca della Pietra Filosofale lo ritroviamo nel processo iniziatico: il neofita non conosce se stesso, non si apprezza, è un diverso, è incompleto, ma è suo desiderio elevarsi. Il rituale lo porta a morire simbolicamente, a scendere al centro della Terra, nei sotterranei del suo “io”, a scoprire se stesso interiormente. In seguito torna alla luce, resuscita simbolicamente dotato di una nuova consapevolezza. In passato, tali cerimonie si svolgevano realmente, in luoghi sotterranei e suggestivi. Spesso ritroviamo tracce di questo rito ancora al giorno d’oggi. Basti pensare alla Divina Commedia dantesca, che per l’autore (e per il lettore) è un viaggio alla scoperta del proprio “io” passando dall’Oltretomba, come già era successo a Enea, a Mitra, a Gesù Cristo.
La discesa negli inferi è simbolo di introspezione: nell’oscurità della propria coscienza veniamo uccisi dalla consapevolezza per rinascere a nuova vita. La caverna è il luogo dell’apprendimento e Dante durante il suo viaggio iniziatico nell’Oltretomba apprende numerose verità.
Quando apprendiamo una grande verità, diciamo addio a chi eravamo per divenire un’altra persona. Questo fa parte del nostro cammino iniziatico. La morte iniziatica quindi simboleggia la trasformazione alchemica, il passaggio dal piombo (mortale) all’oro (immortale), perché “La Conoscenza ci rende liberi”.
Éliphas Lévi, in Storia della magia, scrive:
“Le grandi prove di Menfi e di Eleusi avevano lo scopo di formare re e sacerdoti, affidando la scienza a uomini coraggiosi e forti (…). Allora si scendeva in oscuri sotterranei dove di volta in volta bisognava attraversare ceppi accesi, corsi d’acqua rapidi e profondi, ponti mobili gettati sugli abissi, tutto senza lasciare spegnere o lasciarsi sfuggire una lampada di mano. Chi tremava o aveva paura non avrebbe mai rivisto la luce; chi passava coraggiosamente attraverso tutti gli ostacoli veniva ricevuto tra gli iniziati e iniziato ai piccoli misteri. Ma rimaneva da provare la sua fedeltà e il suo silenzio e solo dopo qualche anno diventava epopto, titolo che corrispondeva a quello di adepto.”
Il processo di trasmutazione viene chiamato “Grande Opera” e consiste essenzialmente nel separare i tre principi che compongono la Materia Prima, purificarli singolarmente e riunirli nuovamente ottenendo la Pietra Filosofale.
Tale procedimento si compie in tre fasi fondamentali chiamate rispettivamente Prima, Seconda e Terza Opera:
In queste tre fasi viene unito l’elemento maschile, lo Zolfo (fisso e attivo e che corrisponde al Fuoco e alla Terra), con quello femminile, il Mercurio (volatile e passivo e che corrisponde all’Aria e all’Acqua). L’Unione avviene solo con un terzo “elemento” indispensabile, chiamato Sale (Quintessenza che sta al di là e al di sopra e che corrisponde all’Etere) ed è il Fuoco Segreto, l’Agente universale che “celebra” il matrimonio indissolubile di questi due elementi (Rebis). Questa congiunzione dello Zolfo e del Mercurio, simboleggia il matrimonio del Re e della Regina, del Sole e della Luna, l’Unione degli Opposti.
Tra i vari simboli alchemici troviamo nel processo di trasmutazione anche un uccello con il corpo di un corvo e la testa di una colomba bianca: il corvo rappresenta la “materia prima” annerita sulla strada della pietra filosofale, la testa bianca è segno del rischiaramento nel corso della trasformazione. Essi dominano l’elemento aria, anello tra la realtà terrena e il regno dei cieli. Osservando il loro volo, gli alchimisti credettero di riconoscere un legame tra il volo e l’animo dell’uomo, la cui vocazione è quella di tendere alla spiritualità.
Il processo segue e lavora con i 4 elementi:
• La Terra è l’elemento più volgare poiché sta più in basso, cade a fondo nell’acqua e nell’aria;
• L’Acqua cade nell’aria ma sta sopra la terra;
• L’Aria sta sopra la terra e sale dall’acqua verso l’alto;
• Il Fuoco sta sopra a tutti gli elementi, si innalza nell’aria.
Nella Grande Opera, la Pietra Filosofale è l’uomo stesso, essendo egli all’inizio e alla fine della Grande Opera. La pietra è lo spirito universale, presente in tutto ciò che è stato creato e quindi anche nello stesso alchimista.
Solo la Conoscenza assoluta permette la trasmutazione del vile metallo in oro, solo l’essere mortale che entra in possesso della propria Pietra Filosofale trasforma la propria materia in spirito. Ciò che possiamo fare è cercare di avvicinarci a essa, passo dopo passo, grado dopo grado, non tanto per il venale intento di trasformare il piombo o il mercurio in oro, piuttosto perché “fatti non fummo per vivere come bruti, ma per seguire Virtù e Conoscenza”, come scrisse Dante Alighieri nel XXVI canto dell’Inferno. L’uomo nasce per conoscere, spinto da una naturale curiosità che è tutta umana.
Una delle leggi fondamentali dell’alchimista, e che troviamo scritto anche nella Tavola di Smeraldo, attribuita a Ermete Trismegisto, è credere che tutto ciò che sta in basso sia specchio di quel che si trova in alto.
Chi conosce se stesso, conosce le regole che muovono l’Universo. “Conosci te stesso e scoprirai i misteri dell’Universo” affermavano infatti grandi iniziati del passato come Lao-Tzu e Socrate.
Nei nostri occhi c’è l’universo e solo quando riusciremo a cogliere la magia che c’è in noi, potremo iniziare il nostro cammino iniziatico, con il fine di avvicinarci alla Verità suprema.
Anche Jung ha trattato il mito della pietra filosofale facendone l’emblema della psicoterapia.
Il Lapis, infatti, la materia prima che gli uomini cercarono inutilmente per secoli, va rintracciata nell’essere umano stesso:
“Non si è mai capito cosa intendessero i filosofi antichi per pietra filosofale. Non si può rispondere a questa domanda prima di aver capito che gli alchimisti ponevano la loro attenzione su qualcosa di inconscio. Solo la psicologia dell’inconscio può spiegare il segreto. La teoria dell’inconscio ci insegna che fino a quando questa proiezione è diretta su quel qualcosa, rimarrà inaccessibile. Quindi il lavoro degli antichi alchimisti rivela molto poco del segreto dell’alchimia.”
Carl Gustav Jung
Riflessioni
Il viaggio dell’essere Umano è uno solo: è il viaggio iniziatico del nostro “Io” verso una Conoscenza sempre più raffinata e completa. È un viaggio la cui utilità è anche quella di non dimenticare, perché le sabbie del tempo soffiano imperterrite attorno a noi, celando il passato, smorzandone i colori, diradandone il ricordo. Percorrere questi itinerari iniziatici significa non voler dimenticare ma, anzi, voler andare oltre, sempre di più, verso l’illuminazione, verso la Verità.
Come vi è olio nel seme di sesamo e una scintilla nella pietra focaia
così il tuo Amato è nel tuo corpo.
Sveglialo se puoi.
Come la pupilla è nell’occhio così il creatore è nel corpo.
Lo stolto non conosce questo segreto e corre fuori cercandolo invano.
Ciò che cerchi è nei quattro angoli della terra.
È Dentro, tu non lo vedi, perché vive dietro i veli dell’illusione.
Kabir Sahib
Bibliografia:
Il Dogma dell’Alta Magia, Elifas Levi
La Grande Opera, Grillot De Givry
La Tradizione Ermetica, Julius Evola
La via Solare della Coscienza, Umberto Di Grazia
Le dimore filosofali e il simbolismo ermetico nei suoi rapporti con l’arte sacra e l’esoterismo della Grande Opera, Fulcanelli
Psicologia e Alchimia, Carl Gustav Jung
Simboli, Garzanti Editore
Simboli della Scienza sacra, René Guenon, Gli Adelphi
Storia della magia, Éliphas Lévi
Siti internet:
aispes.net
www.esonet.org
www.fisicamente.net
Immagini reperite dalla rete:
V.I.T.R.I.O.L. – Uno dei simboli del V.I.T.R.I.O.L.. Da Daniel Stolcius von Stolcenberg, Viridarium Chymicum, Francoforte 1624
Rebis – Rebis raffigurato su Codex Monacensis, Germania XV sec.
Leggi anche Il linguaggio segreti degli alchimisti di Andrea De Pascalis
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