La spiritualità protegge dalla depressione meglio dell’andare in chiesa
RENEE CREE – Temple University
Riflettete su quanto scoperto da questo studio.
Coloro che venerano un’energia superiore spesso lo fanno in modi diversi. A prescindere che siano persone attive nella loro comunità religiosa, o che preferiscano semplicemente pregare o meditare, una nuova ricerca prodotta dalla Temple University suggerisce che la religiosità di una persona permetterebbe di capire meglio la sua predisposizione o meno alla depressione.
Il ricercatore principale Joanna Maselko, Sc.D., ha ascritto la religiosità di 918 partecipanti a tre domini: il servizio religioso, che si riferisce all’essere coinvolti nelle attività di una chiesa; il benessere religioso, che si riferisce alla qualità della relazione tra una persona e un’energia superiore; e il benessere esistenziale, che rimanda alla ricerca di senso e al fine della vita che una persona si pone.
In uno studio pubblicato questo mese su “Psychological Medicine”, Maselko e i suoi colleghi ricercatori hanno confrontato ognuno di questi domini con la relativa predisposizione alla depressione che essi comporterebbero, e con grande sorpresa hanno scoperto che il gruppo con alti livelli di benessere religioso erano 1,5 volte più esposti a stati depressivi gravi di coloro con livelli più bassi.
Secondo la Maselko, questo è dovuto al fatto che le persone depresse tendono a usare la religione come un meccanismo di rassegnazione. Il risultato che ne consegue è che sono molto più legati al concetto di Dio e al bisogno, sempre più pressante, di pregare.
I ricercatori hanno anche scoperto che coloro che prestano servizi religiosi avevano il 30% in meno di possibilità di cadere in stati depressivi durante la loro vita, e che coloro con alti livelli di benessere esistenziale avevano il 70% in meno delle stesse possibilità rispetto a quelli con livelli bassi.
Maselko ha affermato che il coinvolgimento nelle attività della chiesa offre l’opportunità di un’interazione comunitaria, che porterebbe a elaborare legami con le persone circostanti, un fattore importante nella prevenzione della depressione. Ha anche aggiunto che coloro con livelli superiori di benessere esistenziale hanno un forte senso del proprio ruolo nel mondo.
“Le persone con alti livelli di benessere esistenziale tendono ad avere una buona base che li rende molto centrati dal punto di vista emozionale”, ha affermato la ricercatrice. “Le persone che non hanno questa caratteristica sono maggiormente esposte alla depressione e potrebbero finire per rivolgersi alla religione per rassegnazione.”
La Maselko ammette che i ricercatori devono ancora determinare cosa arrivi prima, se la depressione o l’essere religiosi, ma al momento sta investigando l’intervallo di tempo che, nella vita delle persone, intercorre tra i due fenomeni per pervenire a una risposta definitiva.
“Per i medici, gli psichiatri e gli specialisti, è difficile districare questi elementi quando si trovano a trattare le malattie mentali”, ha detto. “Non ci si può limitare a chiedere al paziente se va in chiesa per misurare la sua spiritualità o i suoi atteggiamenti di rassegnazione. Quando si ha che fare con dei pazienti, vanno considerate anche altre componenti e le informazioni, importanti, che i medici devono avere.”
Traduzione a cura di: Paola Mas