PREVISIONE DEL FUTURO MEDIANTE I SOGNI
di UMBERTO Dl GRAZIA
Tratto dal libro “L’ALTRA DIMENSIONE”, Armenia Editore
>>Leggi anche il Cap. 11 – Fenomeni di sdoppiamento
Trovare un mezzo per conoscere il futuro ha sempre stimolato la fantasia. Si è tentato di tutto, inventando metodi e discipline. I fenomeni naturali, il volo degli uccelli, i sogni, sono stati oggetto di attenta analisi per cercare di anticipare un qualsiasi evento. Non sono mancati i risultati.
È logico, a questo punto, porsi domande come «nel nostro cervello esiste un centro d’informazioni, raccolte o prodotte, che superano il tempo e lo spazio? Qual è il metodo, a seconda del sistema culturale in cui si vive, per far meglio emergere questi dati?
Molti psicanalisti concordano nel sostenere che i sensitivi sono classificabili come «persone in fase regressiva mentale con caratteristiche paranoiche e schizofreniche».
Lo sviluppo di sensi diversi dai cinque fondamentali dimostra che la parte cosciente è stata parzialmente invasa dall’inconscio. Un esempio classico, frequentemente citato, è quello delle popolazioni primitive le quali, sottosviluppate rispetto all’uomo civile, hanno la cattiva abitudine di usare facoltà come l’intuizione, il presentimento, la telepatia.
Noi, giusti e sani, dobbiamo invece dipendere da bisogni inesistenti, perdere il senso del gusto, avere malattie psicosomatiche, essere destinati alla sordità.
Eppure, in un’epoca come la nostra, dove le parole si allontanano sempre più dal vero significato di ciò che vogliamo esprimere, le facoltà extrasensoriali potrebbero essere di grande aiuto. Ma per arrivare a questo ci vorrebbe una giusta informazione e un’altrettanto adeguata sperimentazione, oggi del tutto inesistente.
In questa situazione di fatto la manifestazione paranormale si presenta, generalmente, in modo violento ed improvviso creando moltissimi scompensi psichici. Non di rado il suo insorgere è collegato a periodi d’intensa sofferenza.
Tornando alla precognizione spesso è collegata ai sogni e a voci misteriose. Che i sogni siano una fonte inesauribile di sorprese era stato capito fin dai tempi più antichi. Ippocrate, per esempio, nel IV secolo a.C., scriveva, nel Libro dei Sogni, queste folgoranti intuizioni: «Durante il sonno l’anima sciolta dal diuturno servizio dei sensi resta libera di vagare a suo piacimento nel corpo e di visitarlo per ogni dove verificando il suo stato di salute, o dì malattia, in un caso o nell’altro suscita nei sogni immagini di cielo, di astri, di mari, di rugiada o anche di mostri orribili, scene di combattimento, spettri di morti, denunciando in tal modo e con tale linguaggio le malattie nascoste o quelle che, per essere ancora all’inizio, non hanno avuto sufficiente vigore per manifestarsi».
Conosciutissime erano anche le immagini simboliche dei sogni che anticipavano eventi futuri. Un caso tipico è descritto nel 41° Libro della Genesi.
«Il Faraone disse a Giuseppe: Io ho avuto un sogno, stavo sulla sponda del fiume Nilo. Ed ecco, dal fiume Nilo salivano sette vacche grasse di carne e belle di forma, e pascevano tra l’erba del Nilo. Ed ecco, dopo di esse salivano sette altre vacche, povere e bruttissime di forma e magre di carne. Per bruttezza non ne ho visto di simili in tutto il mio paese d’Egitto. E le vacche misere e brutte mangiavano le prime sette vacche grasse. Queste entrarono dunque nel loro ventre, eppure non si poteva notare che erano entrate nel loro ventre, poiché il loro aspetto era brutto proprio come prima. Allora mi svegliai. Dopo ciò vidi nel mio sogno, ed ecco, c’erano sette spighe di grano che salivano su un solo stelo, piene e buone. Ed ecco, c’erano sette spighe di grano raggrinzate; sottili, bruciate dal vento orientale, che crescevano dopo di esse. E le spighe di grano sottili inghiottivano le sette spighe di grano buono. L’ho dunque detto ai sacerdoti che praticano la magia, ma non c’è stato nessuno che me lo dichiarasse.
«Quindi Giuseppe disse al Faraone: Il sogno di Faraone non è che uno solo. Il (vero) Dio ha fatto sapere al Faraone ciò che sta per fare. Le sette vacche buone sono sette anni. Similmente le sette spighe di grano buone sono sette anni. Il sogno non è che uno solo. E le sette vacche misere e brutte che salirono dopo di esse sono sette anni; e le sette spighe di grano vuote, bruciate dal vento orientale saranno sette anni di carestia. Questa è la cosa che io ho pronunciata a Faraone: il (vero) Dio ha fatto vedere a Faraone ciò che sta per fare».
Di queste possibilità cosa pensa la teologia cattolica? Pedro Meseguer scrive nell’Enciclopedia della Psicologia, quanto segue: «Essa ammette tutti i modi di precognizione, per deduzione o intuizione delle cause, anche per telepatia e lettura del pensiero di persone che abbiano intenzione di fare qualcosa o che sappiano che altri l’abbiano.[…] Non ammette invece la visione diretta delle cose passate e future, in se stesse, e ancor meno degli atti liberi futuri, perché ciò è riservato solo a Dio. Ammette che Dio possa concedere questa conoscenza alle creature: è il caso delle autentiche profezie. Non è precognizione naturale, ma soprannaturale, cioè miracolosa».
Un esempio di comunicazione telepatica, attraverso i sogni, è quello che ha coinvolto un celebre personaggio: Giuseppe Garibaldi. Nel numero del dicembre 1895 della «Rivista di Studi Psichici», il generale Domenico Piva, commilitone e intimo di Garibaldi, narra di aver più volte inteso raccontare dal suo grande amico un caso telepatico.
«Quando Giuseppe Garibaldi ebbe il dolore di perdere la madre, che stava molto lontana da lui, se la vide apparire in sogno con un’evidenza straordinaria. Dopo tre giorni gli giungeva la notizia dell’avvenuta morte».
Quando i sogni profetici non sono simbolici, come si presentano? A questa domanda, un tipo di risposta potrebbe essere fornita da quanto è successo, agli inizi del nostro secolo, a un prelato.
Il vescovo di Gran Varadino, Giuseppe Von Lanyi, molto amico dell’arciduca Francesco Ferdinando e della sua famiglia, sognò una notte, alla vigilia della tragedia di Serajevo, di trovare sul suo tavolino una busta listata a lutto. Apertala vide raffigurati in una vignetta Francesco Ferdinando e la contessa di Hohenberg in automobile. Davanti a loro era seduto un generale. Dalla folla, che faceva ala al passaggio, sbucavano due giovani armati di pistole che sparavano. La lettera diceva esattamente: «Caro Dottor Lanyi, con la presente le comunico che io e mia moglie cadremo oggi vittime di un assassinio politico a Serajevo. Ci raccomandiamo alle sue preghiere ed al Santo Sacrificio della Messa e la preghiamo di assistere devotamente nell’avvenire, con lo stesso amore e la stessa fedeltà, i nostri poveri figli. Suo Arciduca Franz».
La lettera portava la data di Serajevo, 28 giugno 1914, ore 3,30 del mattino. Il vescovo, appena fu sveglio, mise per iscritto il sogno. Fu tale l’impressione ricevuta che andò nella cappella del palazzo a celebrare la messa per la coppia. Dopo ventiquattro ore il Lanyi riceveva da Vienna un telegramma comunicante la tragica fine dell’erede al trono e della contessa Hohenberg.
In un altro esempio, tratto da un articolo di T.A. Giacometti, pubblicato nel 1938 sulla «Rivista Psichica», troviamo la comparsa di una «misteriosa voce». Il fatto era successo al sensitivo francese Forthuny Pascal deceduto nel 1962. Incominciò ad avere delle facoltà nel 1919 dopo un grande dolore: aveva perso il figlio in un incidente aviatorio. Fu particolarmente conosciuto per la sua capacità di vedere il passato delle persone. Sensitivo intelligente e caparbio, si allenò continuamente per mantenere e migliorare le sue facoltà. L’esperienza della «voce» fu da lui così raccontata: «Un giorno nel mio silenzioso ritiro di campagna stavo componendo un poema; quando d’un tratto ebbi la percezione di una voce autoritaria che mi ordinava di recarmi senza indugio a Parigi, presso il direttore di quell’Istituto metapsichico, dottor Geley, per dirgli che ero avvisato della morte prossima di un medico francese in Polonia, in seguito ad un accidente aviatorio. Obbedisco alla autorevole voce, parto e giungo presso il dottor Geley, che mi riceve e mi ascolta. Terminato che ebbi il mio dire, il dottore mi chiede: “Di quale medico si tratta?”
«Sembra che a quella domanda io abbia cambiato colore. Non seppi subito rispondere e mi sentii turbato. In verità nessun nome mi era stato designato. Tuttavia mi raccolgo, sollecito la mia facoltà di metagnomo e lancio un nome, quello d’un illustre medico di Parigi. Io mi ingannavo soltanto riguardo al nome della persona. Il destino non aveva voluto svelare interamente il suo segreto. Tre mesi più tardi, a Varsavia, ove si era recato per ragioni del suo ufficio quale direttore dell’Istituto, il dottor Geley moriva schiacciato al suolo in seguito alla caduta del velivolo su cui era salito per fare ritorno in Francia. Della mia terribile e incompleta previsione era stato redatto seduta stante un processo verbale. Noi lo abbiamo ritrovato più tardi fra le carte del nostro infelice e compianto amico».
Le mie esperienze personali, rispetto a questo tipo di fenomeni, iniziano nel 1970.
Da qualche tempo avevo notato alcune coincidenze tra sogni e avvenimenti reali che leggevo, successivamente, sui giornali. L’aspetto più strano consisteva, a volte, nel rivedere in fotografia quei particolari che nell’attività onirica si erano presentati con maggiore incisività.
Una volta, per esempio, avevo sognato un aereo di linea che effettuava un atterraggio. Qualcosa non andava durante la manovra per cui, dopo un violentò impatto, prendeva fuoco. Successivamente vedevo, come vista dall’alto, la carcassa dell’aereo completamente annerita. Mentre mi svegliavo ripetevo mentalmente: «Atterraggio rovinoso».
Ne parlai con amici, tra i quali un funzionario di una nota linea aerea. Dopo nove giorni sul giornale c’era riprodotta l’immagine di un aereo visto dall’alto, semidistrutto da un incendio. L’avvenimento era presentato con questo titolo: «Atterraggio rovinoso».
Dopo questo episodio incominciai a scrivere il contenuto dei sogni. Il primo esperimento lo feci con un giornalista che si era dimostrato interessato a effettuare una ricerca. Gli spedii quattro lettere con la descrizione di altrettanti sogni di cui sentivo possibile un riferimento futuro con la realtà. Neanche a farlo apposta i fatti si avverarono e da quel giorno diventammo amici. Ma non fu sempre così.
Allo scopo di sensibilizzare più persone possibili rispetto al fenomeno della precognizione, ritentai l’esperimento con un altro giornalista. L’avevo conosciuto tramite un’affascinante amica e si era dimostrato, nonostante una certa resistenza iniziale, aperto e possibilista.
Il primo sogno che gli raccontai fu quello di un imponente corteo di persone di colore che, partendo da uno stadio, si dirigevano verso il centro di una grande città. Durante il tragitto alcuni uomini bianchi, nascosti dietro l’angolo di un palazzo, sparavano contro la folla usando delle pistole. C’erano stati dei morti e «sentivo» che quel fatto si sarebbe potuto verificare, entro pochi giorni, in Sud Africa. Dopo sei giorni il sogno si trasformò in realtà. Telefonai al giornalista ma lui sostenne che non avevo precisato la località. Per cui, dato che questo tipo di incidenti sono frequenti, la previsione non era valida. Pensai che se le cose fossero realmente andate in questo modo, l’esperimento era inutile sin dal principio. Volli fare un’altro tentativo. Gli raccontai un sogno dove due persone con grosse valigie camminavano nell’aeroporto di Fiumicino. Intuii che con loro c’era qualcosa di pericoloso. Pensai a un attentato, ma non ero particolarmente convinto. Venivano sorpresi alla dogana dove gli agenti scoprivano, sotto un doppio fondo, l’elemento negativo che non riuscivo a definire. Dopo quattro giorni a Fiumicino venivano fermate due persone che portavano, all’interno di alcune valigie, un grosso quantitativo di droga.
Nella previsione non ero stato molto preciso sulle intenzioni dei due personaggi ma questo non giustificò la sua particolare reazione. Capii che il giornalista, oltre ad ignorare completamente la meccanica di questi fenomeni, aveva delle sue intime resistenze. Alcuni amici comuni sostennero, invece, che voleva solo screditarmi agli occhi della mia affascinante amica.
Malignità a parte e indipendentemente da come siano realmente andate le cose, rimane il fatto che non tutti sono in grado di effettuare una seria ricerca. In fin dei conti, troppo spesso, si vogliono portare avanti solo questioni strettamente personali.
Nell’esporre alcune esperienze paranormali non sempre citerò per esteso il nome dei testimoni. Non tutti sono disposti a parlare apertamente di certi argomenti. Comunque, in via privata, e per chi volesse fare una seria ricerca in merito, nessuno di loro nasconderebbe quanto ha visto.
Difficilmente dai sogni precognitivi si possono ricavare tutte quelle informazioni utili a dare una precisa ubicazione all’evento futuro. Si deve lavorare molto su se stessi per strappare dai sogni più elementi possibili.
Ho notato che se in un sogno precognitivo vedo una località che conosco realmente, intendo dire da sveglio, allora non ho problemi a darle un nome. Altrimenti sono costretto a fare delle difficilissime ricerche con tutti i dati che riesco a ricordare. Dati che, generalmente, anticipano di sette o tredici giorni l’avverarsi di un evento. È anche giusto precisare che questi fenomeni non possono sempre avere la precisione di un’agenzia giornalistica. Portare avanti questo tipo di fenomenologia è una delle imprese più ardue. Tra i vari motivi c’è anche la difficoltà creata dall’assoluta mancanza di aiuto esterno. Gli altri sono più portati ad attaccare che a cercare di capire.
L’uomo moderno, così pronto ad esaltare le conquiste tecnologiche, è particolarmente aggressivo con chi si sforza di ricondurre il discorso sulle possibilità intrinseche dell’uomo. Forse perché non sono vendibili in un supermercato o perché si ha paura di dover rinunciare ai piccoli privilegi che nascono dalle mille forme di schiavizzazione.
I sogni precognitivi al novanta per cento trattano di disastri naturali o di incidenti aerei. Credo che il loro prevalere possa dipendere da quanto è stato vissuto da mio padre e da sua madre. Nell’attività onirica ci sono moltissime informazioni, di vario tipo, ma il portarne a livello cosciente prevalentemente solo alcune, forse risponde a caratteristiche emotive e biologiche.
Mio padre è stato un attivo pilota militare e ha partecipato con particolare dedizione a moltissime missioni di guerra. Sua madre, appena diciottenne, visse la tragica esperienza di rimanere sepolta per qualche giorno sotto le macerie della sua casa distrutta dal terremoto di Messina.
Dal febbraio del 1977 ho incominciato a spedire delle cartoline postali al dottor Piero Cassoli dell’Istituto di Parapsicologia di Bologna. L’avevo conosciuto durante un suo passaggio da Roma e lui mi aveva, giustamente, consigliato di scrivergli, usando proprio questo mezzo, tutto quanto riuscivo a «portare via» dall’attività onirica. Infatti il sistema delle lettere non dava nessuna credibilità perché facilmente se ne sarebbe potuto cambiare il contenuto.
Incominciarono gli esperimenti e decisi, per evitare ulteriori obiezioni, di usare sempre la stessa macchina da scrivere. Fino al gennaio 1980 ho spedito al dottor Cassoli e ad altri studiosi, diciotto cartoline postali. I risultati sono stati interessanti.
Anche nei sogni precognitivi la molla di richiamo è data dagli stati emozionali. Le immagini che si presentano anticipano sempre di poco l’avverarsi di un evento particolare. Generalmente, compaiono per primi i luoghi e gli ambienti. Subito dopo le persone con i loro movimenti, le loro attività.
La notte tra il 22 e il 23 febbraio del 1977 feci questo sogno:
Stavo all’interno di un palazzo. Gli ambienti erano molto grandi e la sua architettura aveva qualcosa di medioevale. Camminavo in un lungo corridoio quando ebbi la certezza, non so dire perché, che entro poco tempo si sarebbe verificato uno spaventoso terremoto.
Non sapevo da che parte uscire e incominciai a vagare salendo e scendendo delle larghe scale.
Alla fine entrai in un’immensa sala. Era gremita di persone che ballavano. Cercai di avvisarle dell’imminente pericolo. Molti si misero a correre. Li seguii nella speranza di trovare l’uscita. Arrivato su una scala di cemento armato si verificò una prima scossa tellurica. Le pareti incominciarono a ondeggiare e cadde una pioggia di calcinacci. Scesi di corsa i gradini, attraversai un ampio ingresso con delle porte scure e fui, finalmente, all’esterno. Sul davanti c’era una strada molto larga e dritta. A destra il terreno degradava leggermente per poi risalire.
A circa due chilometri di distanza era visibile un quartiere medioevale. Il palazzo da cui ero uscito era una costruzione moderna, alta, di quattro piani e finiva con un terrazzo. Si verificò un’altra scossa, molto più violenta della prima, e gli edifici si aprirono crollando su loro stessi. Non riuscivo a capire in quale città fossi, sentivo solo che non poteva essere italiana. Non c’erano altri riferimenti. Dall’intensità dell’emozione avevo dedotto che il tragico evento doveva essere di vaste proporzioni e molto vicino nel tempo.
Nella cartolina postale, scritta il 23 mattina, riassunsi il sogno in questo modo: «Nel sogno mi vedevo dentro a una palazzina di quattro piani. Avvertivo una scossa di terremoto e mi precipitavo verso l’esterno. Nello scendere vedevo che il colore delle porte interne era molto scuro. Una volta all’esterno notavo che la palazzina finiva con un terrazzo e che stavo in una cittadina con le strade molto larghe. Non riuscivo a capire in quale cittadina stessi. Ho dato come massima scadenza al verificarsi del fenomeno la notte del 7 marzo 1977. Una volta all’esterno ho vissuto una scossa molto violenta della durata di tre secondi».
Il 5 marzo 1977 i giornali riportavano la notizia di un violento terremoto nell’Europa centrale che aveva particolarmente colpito la città di Bucarest. Oltre alla Romania le scosse telluriche erano state avvertite anche in Unione Sovietica, Grecia, Turchia, U.S.A. e Colombia.
Questo primo esperimento aveva due dati interessanti: la particolare violenza del fenomeno e il periodo nel quale si sarebbe verificato.
Molto più complesso il sogno fatto nella notte tra il 16 e il 17 aprile 1977.
Le prime immagini oniriche furono di paesaggi visti dall’alto. Erano molto simili a quelli incontrati in un viaggio di lavoro nelle Filippine. Subito dopo mi trovai a camminare in un centro abitato costruito sopra una collina. Erano visibili anche degli ampi terrazzamenti artificiali.
Da quel punto vedevo il mare all’orizzonte. Era minaccioso e capii che stava avvicinandosi un terremoto-maremoto. Ma in quel punto ero al sicuro. Improvvisamente dalle colline e dalla sottostante pianura incominciò a fuoriuscire una grande quantità di acqua. Dopo poco ero immerso fino alla cintola e non sapevo cosa fare. Guardai intorno con maggiore attenzione e capii di essere in Italia.
Il 17 mattina scrissi e spedii la seguente cartolina postale: «Ho sognato di stare in un terreno, vicino ad un paese abbastanza grande, era una zona collinare con evidenti terrazzamenti artificiali. Molto simili alle terrazze di riso che ho visto nelle Filippine. Stavo aspettando l’arrivo di un terremoto-maremoto. Alla fine è venuta molta acqua che ha devastato tutto. A questo punto mi sono sentito in Italia. Questo può essere un sogno misto, ossia: 1) degli straripamenti di torrenti in Italia: 2) un terremoto-maremoto in un paese lontano dal nostro.
«Il lontano dal nostro può anche essere inteso come tempo; ossia il verificarsi dell’evento può essere compreso tra 12 giorni da oggi a 24 giorni da oggi. (28/29 aprile 1977 al 10 maggio 1977). Oppure un paese veramente lontano come il Perù o le Filippine. E quindi il tempo va da oggi al 30 aprile ’77. Gli straripamenti dei torrenti e dei fiumi, invece, entro 12 giorni da oggi».
Il 30 aprile del 1977 iniziarono gli straripamenti del Po e il 12 maggio 1977 ci fu un terremoto in India, Cina, Filippine. In questo caso ero riuscito a localizzare i posti e gli eventi in modo preciso per l’Italia e con qualche giorno di scarto il terremoto nelle Filippine.
Ho anche cercato dei sistemi per essere sicuro della individuazione dei posti. Così ho cominciato a tenere vicino al letto, oltre al necessario per scrivere, anche una bussola. Se al risveglio sentivo di essere attratto verso una certa direzione era facile localizzarla.
Ho applicato questo sistema, per la prima volta, la mattina del 28 maggio 1977. Avevo sognato un terremoto ma le visioni degli ambienti erano confuse: un misto tra paesi del sud e del nord Italia. Oltre a questo, una volta sveglio, sentii un richiamo verso un punto preciso. Verificai più volte la direzione: era sempre la stessa est-sud/est e passava attraverso l’Adriatico e la Jugoslavia. Quella mattina scrissi: «Questa notte ho sognato un terremoto. Le immagini erano simili a quelle avute prima del terremoto in Romania. Ero dentro ad un palazzo molto grande in cemento, simile a quello in cui abito. Stavo con mio figlio. Ho avvertito l’avvicinarsi di un terremoto e sono uscito di corsa dallo stabile. Una volta all’esterno mi sono accorto di stare in una città diversa da Roma. La strada era in salita e intorno avevo molte case. Era un agglomerato di palazzi posti su di una collina. Con mio figlio e altre persone ci siamo allontanati dal centro urbano. Ho visto ondeggiare paurosamente un alto campanile e tremare delle grosse abitazioni. Dentro una piazza quadrata cadevano delle strutture murarie. I palazzi non avevano tetti spioventi, alcuni erano medioevali e ricordavano quelli di Tuscania. Le sensazioni erano molto forti e chiare. In sogno avevo dei nomi che ora non ricordo, per questo bisognerebbe che al risveglio avessi delle persone competenti alle quali esternare le esperienze oniriche. Se dovessi dare una data a quest’evento, direi entro il 18 giugno, per il posto è più difficile perché la città che ho visto in sogno non la conosco su un piano cosciente. Comunque dovremmo avere anche in Italia la reazione a questo evento. La zona della quale vengono dei richiami è il centro-nord in particolare tra l’Adriatico e la Jugoslavia».
In questa cartolina postale avevo messo in evidenza la difficoltà di lavorare in così precarie condizioni. Sarebbe stato molto meglio essere seguito a Roma da un gruppo di specialisti interdisciplinari. Oltre allo stress, causato dal tipo di sogno, dovevo aggiungere l’enorme difficoltà nel selezionare i vari dati. Più dì una volta è capitato di tralasciare, per motivi di spazio, elementi che si sono rivelati in seguito importantissimi. Ritornando al sogno del 28 maggio i fatti che seguirono nella realtà furono i seguenti: il 3 giugno i giornali riportarono la notizia di una scossa di terremoto del 3° 4° grado della Scala Mercalli a 18 chilometri a sud di Roma. Il 5 giugno l’osservatorio sismologico di San Domenico a Prato (Firenze) registrava un sisma il cui epicentro era al confine tra la Turchia e l’Iran. Lo stesso giorno veniva avvertita a Trieste una scossa di terremoto del 5° grado della Scala Mercalli. Il 6 giugno un centinaio di abitazioni di Mistretta, paese in provincia di Messina, subivano dei gravi danni per una scossa di terremoto. La chiesa principale, per paura di crolli, era stata chiusa al culto.
Il mio sogno aveva anticipato un periodo particolarmente attivo di fenomeni sismici.
Gli scienziati, solo da qualche anno, si sono convinti della possibilità che hanno molti animali di preavvertire il terremoto. A tale proposito un giusto chiarimento lo possiamo trovare sul libro di Vitus B. Dròcher Magia dei sensi nel mondo animale che ha riportato uno studio di Kilian pubblicato nel 1964 in «Naturwiss Rundschau»: «Uno scienziato tedesco, docente di zoologia all’Università cilena di Valdivia, il dottor Kilian, ha condotto nel 1960 il primo studio sistematico su tale singolare fenomeno. Il Kilian intendeva esaminare le possibilità di servirsi degli animali per preavvertire il terremoto; doveva quindi individuare i segni premonitori avvertiti in tali circostanze dalle bestie. La realizzazione del proposito era complicata dalla circostanza che anche l’uomo viene gettato dalle scosse sismiche in uno stato di panico paralizzante; qualunque osservazione diviene allora impossibile. Dopo la scossa principale che squassò la città di Valdivia, il dottor Kilian non era in grado neanche di dire se fosse riuscito a restare in piedi o se invece fosse stato gettato più volte al suolo. Nel corso delle scosse di replica, però (nel 1960 11 scosse gravi ed altre 100 leggere si succedettero nei primi tre giorni), fu possibile eseguire ottime rilevazioni. I cavalli da monta chiusi nella stalla dell’Università cominciavano cinque secondi prima di ogni scossa sismica a nitrire ed a tremare in tutto il corpo. Un fagiano annunciava con un alto chiocciare ogni scossa dieci secondi prima che gli uomini l’avvertissero. Scosse leggerissime, che non inquietavano minimamente gli zoologi, venivano percepite dai cani così intensamente, che per più minuti la città era invasa da guaiti lamentosi. Altri animali, come pecore, polli, e tre puma in cattività, si mostravano invece insensibili.
È dunque del tutto giustificata l’ipotesi che animali con un senso delle vibrazioni estremamente fine vengano avvertiti dei fenomeni fisici, non percepibili dall’uomo, che precedono il terremoto e che si verificano a volte con vari giorni d’anticipo della catastrofe vera e propria.
Detto questo, il mistero appare però tutt’altro che chiarito; la terra, infatti, subisce annualmente 150.000 scosse leggere, delle quali però una ventina soltanto introducono un terremoto. Gli animali, inoltre, percepiscono per lo più le leggere vibrazioni della crosta terrestre senza la minima emozione, a meno che non si trovino ancora sotto lo choc di una scossa sismica rilevante. I terremoti, però, non si annunciano solo con leggere scosse, ma anche con tempeste del campo magnetico terrestre. Lo stesso aprirsi della crosta terrestre viene per lo più provocato dai valori estremamente elevati raggiunti dalla pressione atmosferica. Animali dotati di un senso magnetico e di un barometro interno dovrebbero essere in grado di percepire entrambi i fenomeni. Ma, anche in questo caso, il terremoto si verifica solo una volta su centomila. Il Kilian ritiene tuttavia possibile che un determinato quadro di scosse, tipico delle scosse preliminari, o un concorso delle caratteristiche descritte e di altre non note, potrebbe distinguere la fase preparatoria di un terremoto; la combinazione delle sensazioni corrispondenti agirebbe sul centro della paura nel cervello degli animali, allarmandoli. L’ipotesi non appare suffragata, allo stato attuale delle ricerche, da prove sufficienti e molti elementi restano dubbi. Il fenomeno in se, tuttavia, cioè la facoltà degli animali di preavvertire i terremoti, non sembra che possa più venir messa in questione. Negli ultimi anni, molte cose sono state scoperte nel mondo sensoriale degli animali, su cui la nostra cultura scolastica fino a quel momento non ci aveva neanche aperto il minimo spiraglio…»
Un discorso analogo non potrebbe essere valido anche per il cervello umano? Quante persone riescono a preavvertire un disastro naturale? Moltissime. Non tutte, però, lo dicono apertamente. Sino a oggi ho conosciuto cinque donne e tre uomini, di diverse condizioni sociali e culturali, che vivono questa realtà.
Quando decideremo di essere più seri e responsabili? Una ricerca sistematica e articolata potrebbe essere utile a tutti.
Continuando con le esperienze di precognizione dovevo avere altri inquietanti riscontri.
Il 19 marzo del 1977 ero molto raffreddato e avevo qualche linea di febbre. Dopo pranzo decisi di andare a riposare. Caddi in un sonno agitato. Ebbi degli incubi ricollegabili, forse, a una cattiva e difficile digestione. A un certo punto udii nel sogno il rumore di un aereo a reazione. Era molto forte e si ripeteva continuamente. Vidi una strada molto larga. Tutt’intorno c’era una specie di nebbia attraverso la quale riuscivo a percepire le luci di un grosso aereo di linea che decollava. Questa azione si riproponeva continuamente. Notai anche delle abitazioni simili a quelle del quartiere dove abito. C’era, non molto distante, una piccola città costruita su un terreno pianeggiante. Sentivo che stava per verificarsi un gravissimo incidente, ricollegabile, in qualche modo, alle abitazioni. Mi svegliai alle 17,15 con un forte mal di testa. Alle ore 18 avevo scritto questa cartolina postale: «Roma, 19 marzo 1977, ore 18. Questo pomeriggio sono andato a dormire dopo pranzo. Sono raffreddato e ho qualche linea di febbre. Ho sognato che doveva verificarsi un incidente aereo, guardavo nel sogno il cielo e sentivo, senza vederlo, il passare di un aereo a reazione. Il rumore era fortissimo e si ripeteva per molte volte. Ero in una città simile a Roma, almeno al quartiere dove abito, Ostiense-San Paolo. Sapevo nel sogno che l’aereo sarebbe caduto contro delle abitazioni civili. La sensazione dei rumori e della probabilità di verifica dell’incidente erano molto forti. C’è però da dire che i sogni che faccio il pomeriggio hanno un’attendibilità minore di riscontro con la realtà, di quelli che faccio nelle prime ore del giorno, subito dopo il levarsi del sole. Rispetto alle mie statistiche i sogni che faccio al pomeriggio hanno un’attendibilità del 60%. Gli ho voluto dire lo stesso per darle una variante della mia fenomenologia. L’incidente dovrebbe verificarsi entro il 30 marzo 1976. L’attendibilità che questo fatto si verifichi è del 60%».
Passai dei giorni tremendi. Speravo che il tutto fosse solo il frutto di un incubo. Ma la notte tra il 22 e il 23 marzo del 1977 feci dei sogni che diedero la conferma di un prossimo evento negativo. Rividi una scenografia simile a quella vista il pomeriggio del 19.
C’era ancora la nebbia e un aereo, con le luci accese, decollava ripetutamente. Questa volta le abitazioni erano più piccole e simili a quelle di un quartiere popolare di Napoli. Subito dopo ero nella cabina di comando di un enorme aereo di linea. Vedevo chiaramente tutta la sua strumentazione. I rumori erano assordanti e le immagini, a un certo punto, incominciarono a deformarsi. Avevo una strana euforia. Un’altra persona era entrata in quell’ambiente. Dalla torre di controllo venne dato il segnale di avviarsi verso il fondo pista. L’aereo incominciò a muoversi. Dalla nebbia vidi un’enorme macchia scura con delle ali. Era come una palazzina di quattro piani che si muoveva lentamente verso di noi. Il secondo pilota urlò per la paura. Cercai disperatamente di far ruotare l’aereo su se stesso. Subito dopo un gran bagliore, un denso fumo e delle grida terrificanti.
La cartolina postale che spedii dava la conferma dell’imminente disastro in questo modo: «La notte tra il 22 e il 23 marzo 1977 ho sognato un aereo a reazione che andava ad urtare contro degli edifici con le ali. Questa volta le case erano molto simili a quelle dei quartieri popolari di Napoli…»
A quei tempi, frequentavo il movimento socioculturale «Dimensione Uomo», Durante una riunione, erano presenti circa cinquanta persone, raccontai in modo dettagliato questi due sogni. Una signora chiese se la Spagna, paese dove sarebbe andata in vacanza la figlia, poteva avere un riferimento con il probabile incidente. Le dissi che dagli elementi scenografici, la Spagna non poteva essere esclusa. Non era stato facile dare quella risposta. Ma avevo sentito di doverlo fare. Spiegai inoltre che il maggior rammarico era il non avere ulteriori informazioni per poter eventualmente intervenire. Nacque un vespaio di domande: «se si potesse realmente intervenire e scongiurare un disastro aereo come potrebbe questo essere percepito, con giorni di anticipo, da qualcuno? Chi può modificare il destino? Che cos’è il destino?» Interrogativi che assillano dall’alba dei tempi la mente umana ai quali difficilmente potremo dare una risposta se non inventiamo nuovi sistemi di ricerca.
Il 27 marzo alle 17,14 (ora italiana) nella pista dell’aeroporto di Santa Cruz de Tenerife, nelle isole Canarie, si verificava uno dei più gravi incidenti aerei. Due Boeing 747, uno della società americana «Pani Am» con 381 passeggeri e 25 uomini di equipaggio e l’altro della compagnia olandese KLM con 249 passeggeri e 14 uomini di equipaggio, dopo il via ricevuto dalla torre di controllo, si scontravano con conseguenze disastrose. Tragiche circostanze avevano favorito l’evento. In quel momento la visibilità era molto ridotta a causa della nebbia. La notizia della precognizione fu riportata da qualche giornale, II miglior articolo fu scritto dal giornalista Marco Guidi, il 29 marzo 1977, per «II Resto del Carlino». Dopo aver parlato del gruppo «Dimensione Uomo», del suo promotore il giornalista Alberto Lori, del mio accordo con il dottor Piero Cassoli, ha fatto riprodurre gli originali delle due cartoline postali. Nel commentarle ha aggiunto alcune sue note particolarmente giuste. «La storia dell’incidente aereo inizia per il dottor Cassoli il 22 scorso quando egli riceve da Di Grazia una cartolina postale datata 19 marzo (data del timbro postale 22 marzo) in cui, tra l’altro, si dice: Questo pomeriggio sono andato a dormire dopo pranzo… ho sognato che doveva verificarsi un incidente aereo, guardavo (nel sogno) il cielo e sentivo senza vederlo (come si sa, a Tenerife, la visibilità al momento era zero, n.d.r.) il passare di un aereo a reazione. Il rumore era fortissimo e si ripeteva per molte volte… Le sensazioni, dai rumori e dalla probabilità di verifica dell’incidente, erano molto forti… l’incidente dovrebbe verificarsi entro il 30 marzo 1977. L’attendibilità che questo fatto si verifichi è del 60%.
La conferma però è arrivata con una seconda cartolina col timbro postale del 25 marzo: La notte tra il 22 e il 23 marzo 1977 ho sognato un’aereo a reazione che andava ad urtare contro “degli edifici con le ali” (un jumbo è, in effetti, grande come una casa, la curiosa espressione “edifici con le ali” si può spiegare con il fatto che il subconscio di Di Grazia, stante l’improbabilità di uno scontro a terra tra due aerei, abbia modificato uno dei due yet in un edificio con le ali, N.d.R.)… Le case erano molto simili a quelle dei quartieri popolari di Napoli…
In effetti le case di Tenerife possono, come tutte le case del sud, essere paragonate a certe abitazioni mediterranee. Le coincidenze, come si vede, sono sconcertanti, per non dire terrifiche. Ma la cosa più terrificante deve essere quella di sapere, come capita a Di Grazia, che, quando si mette a letto, ad attenderlo ci può essere non un buon sonno ristoratore ma un preoccupante squarcio sul futuro».
La ricerca sulla precognizione è particolarmente sgradevole per i suoi contenuti prevalentemente negativi. Oltre a ciò, ogni volta, bisogna vincere enormi difficoltà sia interne che esterne. Non sono cose che vengono facilmente accettate.
Un caso tipico è stato il processo di «rimozione» capitato a uno dei testimoni del gruppo «Dimensione Uomo».
Il dottor Roberto Crostelli è stato sicuro, per vari giorni, che io non avessi assolutamente detto niente, nonostante che circa cinquanta persone sostenessero il contrario. Alla fine lo ricordò anche lui e fu molto sorpreso di come avesse completamente rimosso quell’episodio.
Spesso sono stato vittima di forma di autocensura. Il sogno fatto nella notte tra il 27 e il 28 aprile 1977 ne è un chiaro esempio. Qui, tra i vari elementi, c’era stata la presenza di una voce, apparentemente maschile, che indicava il nome di una compagnia aerea. Ai soci del gruppo raccontai apertamente tutto. Nel sogno ero in una grande città. C’erano dei palazzi bianchi e grandi che rassomigliavano vagamente a quelli di via della Conciliazione a Roma. Un rumore attirava la mia attenzione verso il cielo e ho visto uscire da alcune nubi uno strano aereo. Aveva delle ali piccolissime e una fusoliera tozza e larga. Volava spostandosi lateralmente con dei movimenti ondulatori. La strana macchina aveva esternamente delle strisce colorate di una tonalità simile al blu. All’improvviso perdeva quota. Si trovava così di fronte ad un palazzo altissimo, una specie di grattacielo.
Le immagini ora mi giungevano come se stessi affacciato da un terrazzo di un edificio vicino, ma molto più basso. Il rumore dei suoi motori era aumentato, l’aereo cercava di superare quell’ostacolo. Ci riusciva sino a innalzarsi di qualche metro. Si fermava per poi precipitare quasi perpendicolarmente su un altro terrazzo vicino. In questo preciso momento sentivo chiaramente una voce che ripeteva: «Pan Am».
Al gruppo, dato che c’erano alcune persone, tra le quali una biologa del CNEN, in procinto di partire per l’America, fui tempestato di domande. Tutti i particolari del sogno furono esaminati attentamente. Nel compilare la cartolina postale, invece, praticai delle varianti. Il palazzo si era trasformato in «un grosso ostacolo», mentre il riferimento alla linea aerea mancava completamente perché avevo paura di essere ancora condizionato dal precedente incidente di Tenerife.
Il testo spedito fu il seguente: «Roma 28 aprile 1977. Questa mattina presto, verso le 5 del mattino ho sognato un incidente aereo. Le sensazioni che ho provato sono state molto forti, tanto che mi sono svegliato. Nel sogno mi trovavo con delle persone a camminare vicino a un palazzo molto grande, le strade erano asfaltate, spaziose e dritte. L’ambiente mi ha ricordato vagamente via della Conciliazione a Roma.
Mi sono messo a guardare il cielo e ho visto un aereo che volava sbandando notevolmente nei spostamenti laterali. L’aereo aveva delle strisce colorate che sembravano di colore blu. La visibilità era buona. L’aereo ha cercato di superare un grosso ostacolo. Ma non è riuscito nella manovra a causa della minore potenza dei suoi motori. L’ho visto precipitare quasi perpendicolarmente al terreno. Ho sentito un boato ed ho visto una grande fiammata…»
Dopo venti giorni, il 18 maggio 1977, i giornali riportavano la notizia che un elicottero «Sikorsky» della New York Airways era precipitato sul tetto, adibito a eliporto, del grattacielo della «Pan American» a New York.
Qualche volta è capitato che nel sogno ci siano dei particolari che solo in seguito vengono confermati dai giornali. È il caso del sogno fatto la notte tra il 20 e il 21 maggio 1977.
Nella cartolina, datata 21 maggio 1977, scrissi: «Ho sognato due incidenti aerei. Nel primo un aereo di linea proveniente da un paese con delle zone sabbiose, cerca di atterrare in un aeroporto vicino ad una città di mare. L’ho visto volare basso sulla città, grande,estesa su di un terreno pianeggiante. L’ala sinistra dell’aereo ha urtato contro una specie di palo. A questo punto ero dentro l’aereo. Ho visto il panico della gente, le autobotti dei pompieri… la data non dovrebbe superare il 13 giugno. Istintivamente lo sento più vicino, entro il 2 giugno, ma devo dire entro il 13 giugno perché ultimamente ho visto che la distanza di tempo tra sogno e realtà è aumentata».
Il 27 maggio 1977 un aereo sovietico precipitava all’Avana in fase di atterraggio. Il veicolo era andato completamente distrutto e nella sciagura erano morte 66 persone.
Secondo un testimone l’aereo era arrivato al suolo con un motore in fiamme. Per altri invece la causa era da attribuirsi alla mancata uscita del carrello. «Paese Sera» del 28 maggio 1977 dava maggiori dettagli: «La sciagura dell’Avana era stata provocata dai fili dell’alta tensione che l’aereo sovietico aveva toccato mentre si apprestava ad atterrare con un motore, in fiamme».
Altre macabre coincidenze dovevano verificarsi con un sogno fatto la notte tra il 2 e il 3 settembre 1979.
Vedevo dall’alto una stazione ferroviaria. Era molto grande e da come si presentava doveva essere un importante centro commerciale. Subito dopo ero dentro all’ultimo vagone di un treno merci fermo, con le luci posteriori accese. Sentii arrivare un altro convoglio. Un treno passeggeri, carico di persone, si stava avvicinando a gran velocità. Per un attimo fui con loro, alcuni uomini prevalentemente giovani cantavano. Capii subito che il merci rappresentava un mortale ostacolo. A questo punto mi trovai a una certa distanza dai binari. Da qui vidi l’incidente. Le carrozze che si accartocciavano, le lamiere divelte, i corpi dilaniati.
Non avevo nessun tipo di informazione per capire la località. Dopo vari tentativi con la bussola, per avere almeno una direzione, decisi per una zona italiana intorno al 44mo parallelo. Comunque «sentivo» che il nostro paese non avrebbe visto questo ennesimo incidente.
Scrissi tutto in una cartolina postale che spedii. Fu un periodo particolarmente negativo per i trasporti ferroviari. L’8 settembre ad Asti un bimbo in carrozzina veniva travolto da un treno sulla linea Nizza-Canelli.
Il 9 settembre un treno speciale con 1000 pellegrini deragliava in Val di Susa sulla linea ferroviaria internazionale Torino-Modena per fortuna senza nessun danno.
L’11 settembre un carro merci deragliava lungo la linea Roma-Reggio Calabria all’altezza di Scilla.
Il 13 settembre, a dieci giorni dal sogno, un treno passeggeri investiva un treno merci fermo nei pressi della stazione di Krusevac, in Serbia. Vi furono molti morti, quasi tutti erano giovani.
Guardando la carta geografica notai che il luogo del disastro era a qualche chilometro dal 44mo parallelo. Incominciai a credere che il «caso» non può esistere, ma furono le ultime tre precognizioni del 1979 a costringermi ad ammettere che la mente umana può veramente anticipare eventi del futuro.
La prima era scattata dopo un sogno nel quale camminavo dentro a uno strano supermercato. L’ambiente era stretto e lungo. Le pareti in lamiera ondulata e i banconi erano tutti disposti trasversalmente. Pensai: «Dove sono? Per tutta risposta sentii, anche questa volta, una voce «interna» dire: «Disastro a Napoli».
Subito dopo le persone venivano scagliate verso l’alto e le strutture si piegavano come una fisarmonica.
Ne parlai con molte persone, tra le quali un Monsignore interessato ai fenomeni psicologici. Imbucai anche una cartolina postale alla stazione principale di Capranica, dato che stavo da quelle parti.
A tre giorni dal sogno lessi sul giornale la notizia di un incidente sulla linea circumvesuviana. L’articolo era uscito con questo titolo: Disastro a Napoli.
Ma la cartolina postale non potè essere dichiarata valida perché era partita con quattro giorni di ritardo e recava il timbro postale posteriore al giorno del disastro. Non mi fidai più delle poste italiane.
È cosi difficile prendere delle informazioni precise dai sogni che un simile incidente può far nascere varie difficoltà. Ho cercato, così, di avere sempre più testimoni attendibili. In poco tempo sono arrivati a essere quasi un centinaio. Per condannare una persona al carcere a vita ne bastano molti di meno.
I seguenti due sogni conclusero la prima fase delle ricerche sulla precognizione. Infatti da quel momento ho iniziato un tipo di lavoro diverso.
La notte tra il 3 e il 4 novembre 1979 sognai di essere dentro a uno strano aereo.
L’apparecchio non aveva sedili per i passeggeri. Per meglio dire ce n’erano alcuni solo nella parte anteriore, disposti a tre per tre. Il centro era vuoto. Aveva curiosi oblò e trasportava qualcosa d’importante.
Stava facendo un viaggio a piccole tappe. Era un aeroplano americano partito da poco da una base militare il cui nome era formato da una parola con tre lettere. Il numero tre mi rimbalzava ripetutamente e con insistenza. Pensai: «Deve avere un valore particolare». Improvvisamente i comandi non rispondevano più e l’aereo scivolava d’ala verso destra. Dopo poco urtava violentemente il terreno. Secondo l’emozione provata l’incidente avrebbe dovuto verificarsi entro 1214 giorni.
Ne parlai diffusamente, coinvolgendo moltissime persone tra le quali il giornalista inglese Paul House.
Il 18 novembre un quadrimotore civile americano, adibito al trasporto merci, precipitava poco prima dell’alba a tre chilometri dall’aeroporto internazionale di Salt Lake City, nell’Utah. Era partito tre minuti prima dalla base aerea di Hill (quattro lettere ma due uguali). Nel momento dell’incidente l’aereo si trovava a una quota approssimativa di 3300 metri nell’impatto con il terreno erano morti i tre uomini dell’equipaggio.
Dopo circa una settimana feci un altro sogno. Mi trovavo in una piccola città, costruita sul mare. Alle spalle, a circa una trentina di chilometri, emergeva un sistema di montagne. Camminavo lungo il molo del piccolo porto cittadino quando avvertii che una grave minaccia stava per giungere dal mare. L’acqua del bagnasciuga veniva richiamata velocemente verso il largo. Era prossimo un violento maremoto. Corsi per le strade per spingere la gente ad andare lontano, verso le montagne. Subito dopo ero su una collina dalla quale vidi un’onda altissima travolgere tutto il litorale. Mi chiesi dove stessi e la «solita voce» disse: «Oceano Pacifico».
Anche questa volta ne parlai in giro, avvisando anche Paul House. Gli dissi che entro una decina di giorni si doveva verificare un violento terremoto-maremoto con l’epicentro nell’Oceano Pacifico. La nazione più probabile a essere colpita era la Colombia.
Il caso volle che due giorni dopo fossi invitato a casa dell’avvocato Giovanni Verusio. C’erano molte persone quella sera e una di queste domandò se avessi sognato qualche cosa di particolare. Risposi che entro sette giorni si sarebbe dovuto verificare dalle parti della Colombia un terremoto-maremoto disastroso.
Dopo sette giorni il fatto avvenne realmente.
La previsione mi assicurò nuovi amici realmente interessati ad una seria ricerca. Un nuovo capitolo si stava finalmente a prendo.
Ho avuto molti casi di precognizione, in stato di veglia. È un tipo di fenomeno del tutto indipendente dalla volontà e scatta nei momenti più impensati mentre percepisco delle immagini, trasparenti e veloci, che si sovrappongono alle persone con le quali mi trovo a parlare.
Un caso divertente si verificò nell’aprile del 1975. Lavoravo nel settore vendite di un’importante ditta romana, un buon posto con ottime prospettive. L’unico inconveniente era il padrone. Aveva la dote di tirar fuori dai suoi dipendenti le qualità peggiori. Perciò all’interno dell’azienda tutti erano al limite della sopportazione.
In questo clima non era risparmiato neanche un parente del proprietario. Costui, sposato e padre di tre figli, era stato assunto come direttore generale. Gli avevano promesso mari e monti perché entrasse nella ditta e per questo Piero T. aveva lasciato un impiego importante presso una società petrolifera dove lavorava come ingegnere. Ma ben presto dovette, anche lui, constatare a sue spese l’impossibilità d’impostare un lavoro serio in quelle condizioni.
Un giorno, Piero T. ed io eravamo particolarmente depressi e ci stavamo scambiando le nostre amarezze, avvenne una nuova sovra impressione: vidi Piero sopra una nave bianca, che aveva a prua alcune strisce verdi. L’uomo stava in piedi sul ponte vicino ad alcune grosse tubazioni. Le immagini erano così intense che rimasero nella mente per circa un’ora.
Piero si accorse che ero distratto da qualcosa. Gli esposi la sensazione avuta, aggiungendo che molto presto avrebbe trovato un nuovo lavoro.
Questo discorso gli diede un certo coraggio e dopo poco firmò le dimissioni. Incominciarono per me dei giorni terribili. Mi sentivo responsabile dato che nel 1975 la crisi economica generale rendeva difficile trovare un lavoro. Infatti Piero, dopo due mesi di tentativi, era ancora disoccupato. Ci sentivamo per telefono quasi ogni giorno.
Iniziarono le vacanze estive. La sua famiglia andò in campagna e Piero non diede più notizie. Pensai alpeggio.
Il 18 luglio trovai nella cassetta della posta una cartolina proveniente dall’Algeria datata 10 luglio 1975, sopra c’era scritto: «Dalla nave bianca con strisce verdi e tubi a bordo un caro saluto. Piero T.»
Il mio amico aveva trovato un ottimo ed imprevedibile lavoro presso una ditta che da poco aveva vinto l’appalto per costruire impianti di raffineria petrolifera.
L’incubo era finalmente finito.