OOBE – FENOMENI DI SDOPPIAMENTO di UMBERTO Dl GRAZIA
tratto dal libro “L’ALTRA DIMENSIONE”, Armenia Editore
>>Leggi anche il Cap. 6 – Previsione del futuro mediante i sogni
Nell’agosto del 1961, in uno di quei pomeriggi afosi che invitano al riposo feci un’esperienza inquietante che, forse, cambiò la mia vita.
Subito dopo pranzo ero andato a riposare.
Al piano di sotto, ero nella casa di Capranica, mia madre e mia nonna lavavano i piatti chiacchierando.
Venni assalito di colpo da brividi, che non cessarono neppure con una pesante coperta di lana. Subito dopo ebbi la sensazione di essere inchiodato nel letto, senza la possibilità di staccarmene. Vedevo chiaramente quello che avevo davanti, ma non riuscivo a girare la testa. Pensai di muovere le dita. A stento riuscii ad articolare il mignolo e l’anulare della mano sinistra. Cercai allora di sollevare le braccia, ma si rifiutarono di obbedire.
Raccolsi al massimo le forze e, dopo un certo tempo, vidi la mano e il polso sinistro passare velocemente sul viso. Capii subito che si trattava della proiezione trasparente di una forma vuota, una specie di fantasma del mio arto. Mi spaventai e pensai: «Vedo la finestra, il soffitto, l’armadio. Non devo avere paura!… Ma sono rigido, non riesco a muovere un muscolo. Come posso fare per tornare in uno stato normale? Forse chiedendo aiuto. Cerco di gridare, ma non emetto alcun suono, la gola rimane serrata. Capisco che non devo avere paura. Tento di prendere sonno per sottrarmi all’incubo, ma non ci riesco. Faccio allora appello a tutte le energie per sollevarmi. Quella è la finestra, dico: «Devo raggiungerla, devo aprirla».
Dopo incredibili sforzi riesco a tirarmi su, sono seduto sul letto… come è possibile? Vedo le cose da punti diversi, contemporaneamente in tutte le direzioni! La mia persona, quella che sta seduta, è trasparente; quella sdraiata, è come sempre. Corpo astrale e corpo fisico. Sarà quello che chiamano «sdoppiamento»? Se potessi scendere in cucina! Forse se qualcuno mi toccasse tornerei allo stato normale.
Senza capire come, sono ora in cucina. Mia madre sta asciugando le posate. La nonna è seduta accanto alla finestra. Non si sono accorte di nulla. Le sfioro con le mani e percepisco il calore dei loro corpi ma non ho la sensazione del tatto. Non hanno nessuna reazione. Cerco di trasmettere un messaggio mentale: «Aiutatemi!»
Sono di nuovo nella stanza: il corpo fisico è sempre fermo e disteso sul letto. Vedo contemporaneamente da due punti diversi.
Ora qualcosa di me è vicino all’ingresso della casa. Mia madre è in compagnia di un tizio, basso e robusto, che non conosco. Le dico mentalmente: «Non riesco a muovere il corpo, ho bisogno che qualcuno mi tocchi». .
Sono nel letto e non vedo più il mio doppio. Sulla soglia c’è mia madre. Finalmente deve aver capito! La sua mano si allunga, tocca la mia spalla. Cosa succede? Non percepisco nulla: niente peso, niente calore. Anche lei ha una forma trasparente e luminosa. Non è la parte fisica che sono allora riuscito a chiamare! È proprio cosÌ, la sua voce proviene sempre dalla cucina. Non devo cedere alla paura. Forse occorre che mi addormenti.
Ecco…, la stanza si oscura, tutto svanisce. Forme splendenti e filiformi squarciano il buio. Ho sonno, un sonno profondo. Ora dormo davvero. È la salvezza.
Non so quanto tempo trascorse comunque riuscii ad alzarmi senza fatica. Ero sudato, la fronte gelida.
Il fenomeno si ripeté per circa tre anni prima che riuscissi a viverlo senza angoscia. In seguito cercai di spostarmi da un ambiente all’altro della casa. Ma per arrivare a questo dovetti prima cercare una soluzione automatica per poter uscire da quella sgradevole situazione. La strada migliore fu di ripetere mentalmente che dovevo cadere in un sonno profondo.
Queste strane esperienze si presentavano sempre allo stesso modo. A un certo punto del giorno o della notte, se stavo coricato, sentivo una inconsueta forma di debolezza. In quel preciso momento volevo alzarmi, ma qualcosa mi impediva di agire subito, pur facendomi pensare che, se io avessi voluto, ci sarei riuscito. Passava così un certo tempo e quando poi cercavo realmente di muovermi non era più possibile. Allora portavo l’attenzione su un arto, un piede o una mano, e dopo poco ero parzialmente o totalmente fuori dal corpo. Tutto cessava immediatamente quando riuscivo ad auto impormi di cadere nel sonno.
Appena questo avveniva mi svegliavo.
Dal 1964 a tutto il ’65 feci degli esperimenti, con questa strana struttura trasparente, dentro casa.
Vedevo l’arredamento, le persone che dormivano, con un rapporto diverso rispetto ai colori. È difficile descrivere questa percezione. Posso solo dire che non erano perfettamente distinguibili come nella realtà, solo il «bianco» rimaneva tale e quale.
Dal 1966 cercai di uscire da casa. Ci volle qualche mese prima che capissi che potevo passare dalla porta d’ingresso senza aprirla.
Inizialmente, infatti, il blocco principale erano le serrature. Cercavo, senza riuscirci, di aprirle. Poi provai ad attraversare la porta con la mia struttura trasparente. Anche questa volta moltissime difficoltà. Tutte nascevano dal fatto che, mentre facevo questo tentativo, venivo fermato dalla componente razionale.
Dicevo mentalmente, nel momento stesso in cui riuscivo, per esempio, ad entrarci con un braccio: «Non è possibile». Così il legno sembrava riacquistare la sua durezza ed io non potevo proseguire. Finalmente, un giorno, arrivai sul pianerottolo. Ebbi una forte sensazione di freddo. Fu così reale da farmi tornare indietro. Anche questa volta ci vollero più tentativi per superare questo ostacolo. Cercai allora di andare nell’appartamento del vicino di casa. Non fu difficile, anche se gli esperimenti erano sempre di breve durata perché venivo svegliato dall’abbaiare e dall’ululare forsennato dei suoi cani.
Ho sulla coscienza i vari rimproveri che subirono, infatti venivano sgridati perché reagivano senza alcun apparente motivo.
Più di una volta sentii sbattere la porta dell’appartamento accanto e qualcuno dire ai cani: «Cretini, non c’è nessuno!»
Provai allora, e siamo agli inizi del 1968, ad andare in altri posti prestabiliti in partenza. Ma non ci riuscii quasi mai. Sono stato in vari luoghi, ma il tutto non ha fatto parte della mia volontà cosciente.
Nel 1969 anche i sogni cambiarono. Acquistarono una maggiore chiarezza e ricchezza di particolari da sembrare un vero e proprio calarsi in dimensioni parallele, sovrapposte alla nostra.
Credo che in noi ci siano tutte le potenzialità. Il problema non è farle affiorare ma, caso mai, saperle seguire. Su questo mi torna in mente l’opera di Hui Neng che, verso il 713, incitava non a seguire la contemplazione, ma ad abbandonarsi all ‘intuizione che è sprofondata nella nostra coscienza. Infatti per lui la verità sta nel cuore e la risposta ai nostri interrogativi deve essere trovata nello stesso punto dove nascevano le domande.
La verità, nascosta da un mondo di apparenze e di falsità, affiora a chi riesce a stabilire un contatto diretto con se stesso e con la natura. Direttamente, senza intermediari e con purezza di spirito e di intenzioni.
La facoltà di sdoppiarsi può avere delle applicazioni pratiche? Senz’altro sì, ma per quanto ne so, c’è ancora molta strada da fare. Tanto per cominciare si dovrebbe riunire, come da tempo viene fatto in altri paesi, per esempio nella città di Brasilia, un gruppo di sensitivi che lavorassero intorno a ricerche comuni. Affiancati da specialisti di varie discipline potrebbero, in breve tempo, capire errori, distorsioni, e raggiungere risultati soddisfacenti. Ma questo sarà difficilmente realizzabile nel nostro paese. Corriamo il rischio, anche in questo settore, di lasciare spazio agli altri.
Una volta ho tentato, in modo molto artigianale, di portare avanti un esperimento di gruppo. È stato in occasione del rapimento di Aldo Moro.
Erano passati circa quindici giorni dall’episodio quando il giornalista Lando Landi chiese se volevo organizzare e far parte di un esperimento con sensitivi. Si trattava naturalmente di rintracciare l’eventuale prigione. I dati raccolti sarebbero stati pubblicati e confrontati con l’eventuale reale ritrovamento.
Feci presente che l’esperimento sarebbe stato molto difficile perché, dato il caso clamoroso, potevano concorrere delle componenti caratteriali. Infatti, già da qualche giorno, nell’ambiente paranormale esisteva un intrecciarsi di telefonate ognuna delle quali dava una risoluzione al problema. Si poteva correre il rischio di essere sollecitati più che da un fatto umano, dalla speranza di diventare improvvisamente famosi. Non c’era da stare allegri. Se ne sentivano di tutti i colori e circolavano le voci più incredibili. Fra l’altro credo che siano state nominate anche tutte le ambasciate presenti a Roma.
All’inizio non volevo acconsentire, ma alla fine accettai per saggiare le possibilità di un lavoro fatto in gruppo. Diedi al giornalista il nome di un certo numero di sensitivi di cui avevo già conosciuto risultati positivi. Successivamente qualcuno sparse la voce che erano stati contattati direttamente dal Ministero degli Interni.
Ognuno lavorò da solo e secondo i propri sistemi. I risultati furono interessanti almeno sotto alcuni aspetti coincidenti.
Questa volta, dovendo fare un lavoro su commissione, seguii, contrariamente ai miei principi, una particolare tecnica. Senza entrare nei dettagli, che creerebbero solo confusione, posso solo dire che il principio fondamentale fu quello di stancare la parte cosciente in modo da avere meno blocchi e minori distorsioni razionali. Non dormii per due notti e girai molto cercando di distrarmi al massimo dal lavoro che avrei dovuto fare.
A fatica riuscii a controllare il pensiero che un lavoro del genere, se portato a buon fine, avrebbe potuto coinvolgere più persone sulla necessità da fare ricerche serie in questo settore.
Durante la notte del terzo giorno mi sdraiai su un divano .molto duro ed incominciai a fissare un punto preciso della stanza. Quasi subito il corpo incominciò ad irrigidirsi fino ad impedire qualsiasi movimento. Gli occhi erano socchiusi e tutto intorno si formarono dei vortici grigio-scuro. Sentii che mi sollevavo per poi sprofondare in una zona buia e ricca di suoni. Incominciarono a profilarsi delle lunghe tavole fermate a una parete.
C’erano molti oggetti, notai una serie di libri. Poteva essere una grande libreria a parete e dietro di essa c’era un ambiente ricavato per nasconderci qualcosa. Ora ero all’esterno di alcune ville che assomigliavano più o meno, a quelle della via Camilluccia a Roma. Era comunque un quartiere residenziale della capitale. Poi il buio e i rumori, molti dei quali fastidiosi e metallici. Subito dopo vidi la figura di Aldo Moro in piedi con una mano sulle costole di destra. Era leggermente piegato da una parte a causa di un dolore lancinante all’altezza dello stomaco. Si trovava in un ambiente stretto, dal soffitto alto. Nel tentativo di capire la località mi trovai a visualizzare la via Salaria. La percorsi fino ad un punto imprecisato vicino al paese di Rocca Sinibalda, luogo che conoscevo bene per le scoperte archeologiche. Da lì mi spostai verso il mare ed intravidi un deposito militare. Non conoscevo la zona che comunque doveva essere a nord di Roma, a una distanza minore di quella di Rocca Sinibalda.
Tutto qui, non avevo altri elementi. Alla fine furono confrontati i vari risultati e constatammo che molti avevano indicato, più o meno, gli stessi posti.
Una maga, forse la più amata e odiata di Roma, descrisse l’interno di un casello ferroviario abbandonato a pochi chilometri da Roma. Era ossessionata da questa visione.
Tutti aspettammo la pubblicazione che, per motivi che non conosco, non avvenne mai.
Nel momento in cui sto scrivendo non ci sono notizie sicure sulla triste storia di Aldo Moro. Se ci saranno, sarebbe utile sapere dettagliatamente quello che hanno detto i sensitivi. Solo così potemmo constatare, viste le coincidenze, se tra di noi era solo scattata una forma telepatica o se invece avevamo percepito qualcosa di reale.
Una conferma invece l’ho avuta con un altro esperimento. Alcuni amici psicologi mi pregarono di tentare di rintracciare una persona scomparsa da casa. Avevo già provato altri casi simili ma con risultati sempre imprecisi. Ero riuscito qualche volta ad identificare la zona, circa una ventina di chilometri quadrati, troppo vasta per poter ottenere buoni risultati. Ma quel caso, forse per l’amicizia con chi aveva fatto la richiesta, sentii di poterlo risolvere.
L’uomo scomparso aveva trentacinque anni, era sposato e padre di tre figli. Aveva raggiunto una buona posizione sociale grazie all’aiuto datogli dal suocero e questo aveva prodotto in lui uno stato di dipendenza che lo faceva soffrire molto. Improvvisamente, alla vigilia di una importante trattativa di lavoro era sparito. Cosa c’era sotto? Non si sapeva assolutamente. Temevano un rapimento.
Mi feci dare una fotografia della persona da rintracciare. Per due giorni di seguito ripetei mentalmente che dovevo, in qualche modo, entrare in contatto con lui.
La notte del secondo giorno andai a letto molto stanco. Dormii per circa tre ore e non successe niente. Al risveglio presi la fotografia e l’incollai sullo sportello di un armadio posto davanti al mio letto. La guardai attentamente fino a che non ricaddi in uno strano torpore.
Lentamente il fenomeno dell’irrigidimento corporale si ripresentò, per meglio dire era uno stato di rilasciamento completo nel quale però i comandi mentali per far muovere il corpo fisico non davano nessun effetto. Vedevo tutto ciò che avevo davanti come attraverso gli occhi socchiusi. Cercai di raggiungere la fotografia. Ce la misi tutta e dopo poco la forma trasparente con le mie sembianze era fuori dal corpo.
Di nuovo si verificò la sensazione di poter vedere sia con gli occhi sia con il «doppio» in tutte le direzioni. Tra le due strutture c’era una strana dipendenza e forma di comunicazione molto difficile a descriversi. Sta di fatto che se pensavo alla figura fisica i ragionamenti passavano attraverso questa, mentre avveniva il contrario se l’attenzione cadeva sulla parte trasparente. Rimasi un po’ nella stanza, e fino a che restai lì, vidi sempre il corpo fisico. Poi mi trovai, con uno stacco preciso, a camminare in una strada della periferia di Napoli, città che conosco bene. Subito dopo ero davanti a una piccola villa, in una zona collinare a qualche chilometro dalla città. Si aprì una porta e ne usci l’uomo scomparso. Discuteva animatamente con altre due persone. Non voleva più tornare a casa per diversi motivi, tra i quali, un certo affare che gli richiedeva una forte somma di cui non era in possesso. Il giorno dopo tranquillizzai i parenti. L’esperimento aveva funzionato e aggiunsi che, non so nemmeno io perché, avrebbero avuto sue notizie entro il giovedì prossimo. Eravamo a martedì.
Il venerdì mattina telefonarono per dire che lo scomparso era tornato, dopo essere stato qualche giorno nei pressi di Napoli.
Per motivi comprensibili non posso, in questo caso, farne pubblicamente il nome che però potrei dare a chi volesse studiare a fondo l’accaduto.
Nonostante gli sforzi di capire da cosa possa dipendere la facilità o meno di proiettarsi «al di fuori del corpo», non ho trovato ancora la risposta.
Quando questo fenomeno avviene spontaneamente non ne ho sempre il ricordo. In quattro anni ben dieci volte ho conosciuto persone che asserivano di avermi incontrato precedentemente in qualche sogno o sotto forma di fantasma.
A questo riguardo non posso fare altro che registrare le loro testimonianze. Sono state, sino a oggi, più o meno simili. Per tutte valga quella della signora Mimma Sartini di Roma: «Conobbi Umberto Di Grazia in casa di amici nell’ottobre del ’70. Ho detto “conobbi”, ma, in realtà, dovrei dire “riconobbi”, in quanto mi era già apparso in un sogno di due anni prima. A quel tempo ero in un particolare stato d’ansia per alcune importanti decisioni che avrei dovuto prendere. Vidi in sogno Umberto, così come è nella sua fisicità, sedersi accanto a me, fissarmi a lungo e dirmi infine come sarebbero andate le cose che tanto mi stavano a cuore. Quanto predisse ebbe esatta conferma… »
Questo tipo di fenomeno è tra quelli che più mi lascia sgomento. Al principio non volevo crederci. In seguito alle testimonianze di persone, che non si conoscevano e che abitavano in città diverse, dovetti accettare, in parte, questa ipotesi.
Ma cosa siamo veramente? Quali tipi di comunicazione intercorrono tra noi? Difficile dare una risposta. Del tutto impossibile per chi vuole costantemente ridurci. Costoro, generalmente, si mascherano dietro il: «Si deve dimostrare, deve essere oggettivo… ecc.».
È inutile impiantare con loro un discorso. Ma se volete domandate loro di farvi un esempio di «un moto rettilineo uniforme», oppure di citarvi un sistema «logico» che non parta da una premessa «indimostrabile».
>>Leggi anche il Cap. 6 – Previsione del futuro mediante i sogni
This post is also available in: Inglese