leggi l’articolo originale del 13 ottobre 2010 sul sito della Stanford School of Medicine
Traduzione a cura di Erica Dellago e Clea Nardi
di Tracie White
Sentimenti di amore intenso e appassionato possono alleviare il dolore in modo straordinariamente efficace, analogamente agli antidolorifici o alle droghe illegali come la cocaina, secondo un nuovo studio della Stanford University School of Medicine.
“Quando le persone si trovano in questa fase appassionante e divorante dell’amore, si verificano alterazioni significative nel loro stato d’animo che incidono sulla loro percezione del dolore”, ha detto Sean Mackey, Dottore in Medicina, Dottorato di Ricerca, Direttore della Divisione di Terapia del Dolore, professore associato di anestesia e autore senior dello studio, pubblicato online il 13 ottobre su PLoS ONE, Public Library of Science One. “Stiamo iniziando a esaminare alcuni di questi sistemi di ricompensa nel cervello e come influenzano il dolore. Sono centri molto profondi e vecchi che coinvolgono la dopamina – un neurotrasmettitore primario che influenza l’umore, la ricompensa e la motivazione.”
Gli scienziati non sono ancora pronti a dire ai pazienti che soffrono di dolore cronico di eliminare gli antidolorifici e sostituirli con una relazione amorosa appassionata; piuttosto, la speranza è che una migliore comprensione di questi percorsi neuronici di ricompensa attivati dall’amore possa portare a nuovi metodi per la produzione di antidolorifici.
“Sembra che le aree del cervello attivate dall’amore intenso siano le stesse utilizzate dai farmaci per ridurre il dolore,” ha detto Arthur Aron, Dottorato di Ricerca, professore di psicologia alla State University di New York a Stony Brook, e uno degli autori dello studio. Aron ha studiato l’amore per 30 anni. “Quando pensiamo all’amato, c’è un’intensa attivazione nell’area della ricompensa – la stessa che si accende quando assumiamo cocaina, o vinciamo molti soldi.”
L’idea della ricerca ebbe origine diversi anni fa a una conferenza di neuroscienze quando Aron, esperto nello studio dell’amore, incontrò Mackey, esperto nella ricerca del dolore, e iniziarono a conversare.
“Art parlava di amore,” ha detto Mackey. “io parlavo di dolore. Lui parlava dei sistemi cerebrali coinvolti con l’amore, io parlavo dei sistemi cerebrali coinvolti con il dolore. Capimmo che c’era un incredibile sistema di sovrapposizione. Abbiamo iniziato a chiederci, ‘E’ possibile che i due si influenzino l’un l’altro?’”
Dopo la conferenza, Mackey tornò alla Stanford e collaborò con Jarred Younger, studente post-dottorato, Dottorato di Ricerca, ora professore assistente di anestesia, anche lui affascinato dall’idea. Insieme, i tre misero a punto uno studio che avrebbe richiesto l’esame delle immagini del cervello di studenti universitari che affermavano di essere “in quella prima fase di intenso amore”.
“Abbiamo affisso volantini intorno alla Stanford University e nel giro di poche ore avevamo studenti che bussavano alla nostra porta”, ha detto Mackey. I volantini richiedevano coppie nei primi nove mesi di una relazione romantica.
“E’ stato senza dubbio il reclutamento più semplice che il centro sul dolore alla Stanford abbia mai fatto,” ha detto Mackey. “Quando sei innamorato vuoi parlarne a tutti.”
“Ci siamo volutamente concentrati su questa fase iniziale di amore passionale,” ha aggiunto. “Non stavamo intenzionalmente cercando relazioni di lunga durata, o nelle fasi più mature. Volevamo dei soggetti che si sentissero euforici, energici, che pensassero ossessivamente al loro amato, bramando la sua presenza.
“Quando l’amore passionale è descritto in questo modo, per certi versi suona come una dipendenza. Abbiamo pensato, ‘Magari coinvolge proprio sistemi cerebrali simili a quelli coinvolti nelle dipendenze che sono strettamente legate alla dopamina’. La dopamina è il neurotrasmettitore del nostro cervello strettamente correlato al sentirsi bene.”
I ricercatori hanno reclutato per lo studio 15 studenti universitari (otto donne e sette uomini). Ad ognuno di loro è stato chiesto di portare foto del loro amato ed altre di qualcuno che conoscevano altrettanto attraente. Quindi, hanno mostrato velocemente le immagini ai soggetti, mentre riscaldavano uno stimolatore termico telecomandato posto nel palmo della loro mano al fine di causare un leggero dolore. Allo stesso tempo, i loro cervelli venivano sottoposti a scansione in una macchina a risonanza magnetica funzionale per immagini.
Gli studenti furono esaminati per i livelli di sollievo del dolore anche mentre venivano distratti da compiti di associazioni di parole come “Pensa a sport che non coinvolgono l’uso della palla”. Nel passato le prove scientifiche hanno dimostrato che la distrazione causa sollievo dal dolore, e i ricercatori volevano esser sicuri che l’amore non stesse solo lavorando come distrazione.
I risultati hanno mostrato che sia l’amore che la distrazione hanno egualmente alleviato il dolore, ed a livelli molto superiori rispetto a quelli ottenuti concentrandosi sulla foto di un conoscente attraente, ma, cosa interessante, i due metodi di riduzione del dolore hanno usato percorsi cerebrali molto differenti.
“Con il test sulla distrazione, i percorsi del cervello che portavano al sollievo dal dolore erano principalmente cognitivi,” ha detto Younger. “La riduzione del dolore era associata a parti corticali e superiori del cervello. L’analgesia provocata dall’amore è maggiormente associata ai centri della ricompensa. Sembra coinvolgere aspetti più primitivi del cervello, attivando strutture profonde che potrebbero bloccare il dolore ad un livello spinale – in modo simile a come funzionano gli analgesici a base di oppiacei.
“Una delle aree chiave dell’analgesia indotta dall’amore è il nucleus accumbens (evidenziato nell’immagine), un centro della ricompensa chiave per la dipendenza dagli oppioidi, cocaina e altre droghe di abuso. La regione dice al cervello che hai davvero bisogno di continuare a farlo,” ha detto Younger.
“Questo ci dice che fare affidamento sulle droghe o farmaci non è il solo modo di ridurre il dolore,” ha detto Aron. “Le persone possono provare intense gratificazioni senza gli effetti collaterali delle droghe”.
Tra coloro che hanno contribuito alla ricerca della stanford ricordiamo anche gli assistenti ricercatori Sara Parke e Neil Chatterjee.
Fondi per lo studio sono stati ricevuti dal Chris Redlich Pain Research Fund (Fondo per la ricerca sul dolore Chris Redlich). Informazioni riguardo al Department of Anesthesia, che ha supportato la ricerca, sono disponibili qui.