di Cesare Medail
(Astra – agosto 2001)
Quando alcuni anni fa, il medico e ricercatore americano Larry Dossey pubblicò “il potere curativo della preghiera”, il saggio fece sensazione soprattutto per i dati che dimostravano come le malattie di pazienti per i quali si era pregato avevano avuto un migliore decorso rispetto ad altri.
La teoria si prestava anche a malintesi. In questo nuovo libro, “Medicina transpersonale: il potere curativo della mente” (Ed. Red, 200 pagine, 44.000 lire), Dossey chiarisce subito una serie di dubbi sorti fornendo un supporto teorico alla sua ricerca. Il medico americano spiega che la medicina è giunta a quella che definisce l’Era Terza. Dopo la Prima, meccanicistica, dopo la Seconda, segnata dalla scoperta dell’interazione corpo-mente, l’Era Terza ha un’idea centrale: “la mente agisce al di fuori del cervello e del corpo e spesso al di fuori del momento presente”.
Il concetto di “mente non localizzata” aiuta a spiegare “anomalie cognitive” come la telepatia, visioni, sogni profetici, chiaroveggenza, e persino le “presenze” percepite dai morenti, che offrono immenso conforto al paziente, suggerendo la sopravvivenza.
Ma soprattutto la “mente non localizzata” avvalora la convinzione di Dossey che le intenzioni compassionevoli – comunque manifestate, in senso religioso o meno – possano aiutare a guarire un’altra persona, senza che questa ne sia consapevole. Certo, la “scoperta” non va usata come l’ultima superpillola, avverte il medico, ma pensando all’ammonimento del chimico seicentesco Robert Boyle: che gli scienziati (o i medici) si sentano sacerdoti della natura, cogliendo nella loro opera il senso del sacro.