Longa Alba – Alba Longa
Testo di Riccardo Bellucci
Video di Alberto Lori
Tutto iniziò così…
Siamo nel 1971 i miei genitori iniziano gli scavi per la costruzione della nostra casa, ci troviamo a Vallericcia (Ariccia) è un ex lago Albano prosciugato nel periodo Romano, la nostra proprietà è frequentata da mio zio Capri Angelo che diventerà per 40 anni mio socio negli studi e ricerche storiche dei Colli Albani e da Pino che diventerà in futuro il direttore del Museo civico di Albano Laziale.
I mezzi meccanici durante lo scavo, tirano fuori decine e decine di “cocci” antichi. Io ho appena 10 anni di età, proprio Angelo, Pino e mio Padre mi dicono di raccogliere tutti quei “cocci”, perché importanti e antichissimi, per me è una caccia al tesoro un gioco, trovare il “pezzo” più bello, tutto ciò segnerà il mio percorso futuro, cosi nasce in me la passione della ricerca.
Dopo 4 anni di recupero/rilievi con le istituzioni scopriamo che si tratta di un villaggio palafitticolo del XIV a.C. oggi conosciuto come il “Villaggio di Tor Paluzzi”. Nel mentre Pino è diventato direttore del museo civico di Albano Laziale. Nel 1978 ci dice, a me e a Angelo, “invece di andare per grotte e cunicoli andate a cercare la mitica Alba longa”, che secondo lui si trovava nel territorio di Albano Laziale.
Così inizia la ricerca, da subito usiamo il metodo studio e lettura dei testi che trattavano Alba longa, sia antichi, moderni e contemporanei, poi subito dopo, la ricerca a terra, in tutto il territorio circostante il lago.
Tutti gli storici e archeologi per 400 anni hanno tentato, cercato e collocato in vari luoghi la Madre di Roma, anche Heinrich Schliemann scopritore della famosa Troia si interessò ad essa, ma nulla di fatto anche lui non trovò la prova certa. Dopo qualche tempo lasciamo il territorio di Albano Laziale e indaghiamo gli altri luoghi dove Alba veniva collocata da altri studiosi, come Castel Gandolfo, Rocca di Papa, Monte Cavo, ma nulla di certo, niente di niente, eppure stando agli antichi Alba Longa visse per 4 secoli.
Intanto grazie a questa ricerca sul territorio, scoprimmo nell’82 nei boschi di Rocca di Papa località le Faete le famose Tombe a Grotticella, subito le segnaliamo al nostro Museo e l’anno dopo i primi rilievi, le tombe di quel tipo sono le prime che vengono trovate sui Colli Albani, rarissime datano tra il XVI –XIV secolo A.C. forse anche più antiche, dunque troppo antiche per essere la necropoli di Alba.
Alba longa fu fondata circa nel 1185 a.C.
Secondo noi, le 2 particolari tombe, viste in pianta, rappresentano dettagliatamente gli organi genitali di una donna, dunque rappresentano l’utero della Grande Madre Terra. Dove si Muore per rinascere nell’aldilà…. Ora, purtroppo sono allo stato di abbandono. Nello stesso periodo sempre per cercare Alba longa in base a ciò che studiavamo sui testi e alla ricerca a terra, a Castel Gandolfo scopriamo un’inedita e gigantesca Cisterna, purtroppo non del periodo di Alba, ma Romana del periodo Repubblicano non riportata neanche sulla mappa archeologica dello storico Giuseppe Lugli.
Segnalata alle autorità, l’anno dopo fatti i primi rilievi risultata un’opera straordinaria. Purtroppo anche essa è stata abbandonata, solita storia, non ci sono i mezzi e ne i fondi…
Durante le letture dei testi di Tito Livio “Storia di Roma” e di Dionisio di Alicarnasso “storia di Roma arcaica” tramandano che a un re di Alba Longa, alcuni riportano Agrippa, altri Amulio, altri ancora Allodio la sua residenza crolla nel sottostante lago Albano, dopo un violento terremoto, Dionisio Di Alicarnasso dice che hai suoi tempi si possono vedere ancora le mura franate. Ritorniamo nel lago Albano ora di Castel Gandolfo.
Partono subito le ricerche in apnea nel lago, prima nella parte sottostante a Castel Gandolfo, poi sotto Albano Laziale e ancora sotto Rocca di Papa, tutte zone indicate come probabile sede di Alba Longa, paesi questi, che si affacciano sul lago Albano di Castel Gandolfo, ma nulla di fatto, solo materiale del periodo Romano, sono passati molti mesi…..
Ci spingiamo con pinne e maschera fino alla volta di Marino, quasi completato il giro del lago, con poco entusiasmo è poco probabile che sia lì, ma una mattina di fine primavera, inizio estate mi esplode il cuore dal petto, oltre il banco delle alghe ci appaiono adagiate nel melmoso fondo, decine e decine di olle, tazze, scodelle, brocche ecc.
Con la testa fuori dall’acqua gridiamo con il cuore a mille abbiamo trovato Alba longa, ci domandiamo, ma come è possibile che si trova a nord e in direzione di Marino?
Presi un paio di reperti di ceramica ormai non più “cocci” ma reperti, li consegniamo al museo di Albano ed il nostro amico Pino, direttore del museo, dopo qualche giorno di analisi ci dice che sono reperti molto, molto più antichi di Alba longa, difatti, dopo aver preso i brevetti da sub e 11 anni di rilievi e recuperi in quel sito in collaborazione con Ministero dei beni Archeologici e aver fondato il gruppo G.L.R.S. risulta di aver scoperto il villaggio palafitticolo più grande d’Europa circa 20.000 mq databile dal XVIII al XIV secolo a.C.
Dal mio gruppo fu chiamato il “Villaggio delle Macine” per via delle tantissime macine recuperate, invidiatoci da tutto il mondo. Durante i lavori sul villaggio e per capire quanto fosse grande il suo perimetro nel 1986 poco lontano dal nostro sito, scopriamo e segnaliamo un porto Romano, anche esso inedito, mai studiato prima è del III secolo a.C.
Fatti tutti i primi rilievi e le indagini varie finisce anche esso in totale abbandono.
Poco tempo fa, con alcuni amici e la famiglia Saroli lo abbiamo riportato alla luce, ripulito dalle erbe infestanti e dai rifiuti, ancora oggi è mantenuto dai Saroli e fruibile.
Con Angelo siamo arrivati nell’anno 1993. Dunque non era Alba longa…però non abbiamo smesso mai di leggere studiare tutto ciò che riportava la parola Alba longa.
Sciolta l’Ass. G.L.R.S. per mancanza d’interesse da parte delle istituzioni verso il Villaggio delle Macine, (gli 11 anni di archeologia subacquea, studi e recuperi sono stati tutti da noi autofinanziati), ritorniamo a dare la caccia alla madre di Roma, in tutti questi anni di studi in biblioteche varie avevamo centinaia e centinaia di appunti, tutte queste indicazioni apprese però, non corrispondono morfologicamente con il lago Albano di Castel Gandolfo e i monti che si affacciano su di esso.
Mi sorge una domanda, ma quanti sono i laghi Albani e i Monti Albani? Visto che gli autori antichi, compresi i primi analisti Romani indicano le nostre zone come i laghi Albani e i monti Albani? Quale è il vasto lago con le chiuse e l’altissimo monte come ci riporta Dionisio di Alicarnasso, o la lunga dorsale montana con il profilo a forma di “Giogo” riportato da Tito Livio?
Poi La via Latina antichissimo tratturo, pavimentata 100 anni prima della via Appia, la via Latina passa al settentrione del vulcano Albano come riporta Strabone, molto lontano da Albano L., C. Gandolfo e Rocca di Papa, le probabili sedi di Alba, un pò strano..
In questo stesso periodo frequento e vado a lezioni private di storia e archeologia, nell’abitazione della famosissima professoressa Margherita Guarducci, lei mi dice durante gli incontri, “Riccardo ricordati, la storia più o meno da Romolo a oggi la conosciamo, ma la Protostoria è tutta da riscrivere”.
Detto da lei…
Intanto le ricerche continuano e ci hanno portato sulla lunga dorsale dell’Artemisio tra Velletri e Lariano, sempre facendo parte dei Monti Albani. Artemisio = Artemide nome greco di Diana…
Iniziano mesi e mesi di ricognizioni, basti pensare che la dorsale dell’Artemisio totalmente è lunga 12 km e alta 945 mt s.l.m. non demordiamo il luogo è bellissimo, non è frequentato da nessuno, passiamo giorni interi senza incontrare persone, aumentano le nostre riflessioni.
Una mattina ci recammo su un monte facente parte della dorsale, il Maschio di Lariano tra una forte vegetazione e spini, ritroviamo quello che gli storici indicavano come Villaggio Medioevale a servizio del castello posto all’apice del Maschio.
Trascorse alcune settimane tra questi ruderi ci accorgiamo che il villaggio fu costruito modificando un’antichissima necropoli interamente scavate nella roccia, a camera e doppia camera, ne censimmo 65.
Ci accorgemmo che gli storici scrivendo sul villaggio medioevale usarono il copia e incolla senza verificare sul posto il sito.
Subito inviammo la segnalazione con la richiesta di prenderne 4 a campione e rilevarle, ci concessero i rilievi, ma allo stesso momento ci dissero che avevamo preso una grossa cantonata, che erano a conoscenza del villaggio medioevale, ed essendo la catena dell’Artemisio terra di confine tra i Latini e i Volsci non avremmo trovato nessuna traccia di abitato antico ne tanto meno una necropoli.
Non ci perdemmo d’animo iniziammo i rilievi delle quattro camere, nel mentre arrivammo a contarne fino ad 85, poi con il passare del tempo arrivammo a numerarne ben 100 tutte scavate nel tufo o peperino, almeno un altro 15% sono interrate.
Inviati tutti i dati al ministero, per non farla troppo lunga, scoprimmo la più grande necropoli a camera e doppia camera dei Colli Albani, penso se c’è la città dei morti ci deve essere la città dei vivi… Anche l’Università La Sapienza si interessò di questo sito confermando la nostra teoria, anche se a denti stretti…Forti e gioiosi di questo risultato.
Peccato però che ora, dopo di noi, è stato tutto abbandonato a se stesso…
Concentrammo tutta la ricerca sull’Artemisio, scoprimmo lungo tutta la dorsale circa 21 sorgenti d’altura, perenni e semi perenni, indispensabili per una probabile cittadella, a pensare che a Castel Gandolfo, dove alcuni la indicano come sede di Alba Longa è priva di sorgenti sia antiche che moderne, non c’è acqua, come può esserci un abitato?
Abbiamo scoperto lungo i fianchi del colle del Vescovo al disotto del Maschio di Lariano un’altra necropoli di circa 23 tombe a camera, documentate e rilevate a nostre spese e ancora un’altra nei pressi di Carchitti a 2 chilometri dall’Artemisio di ben 40 tombe a camera, anche esse rilevate e documentate, non male…
Ma niente, non si smuove nulla, tutto tace tutto viene abbandonato neanche sindaci e assessori se ne preoccupano.
Altra grande scoperta, i Pratoni del Vivaro, che si trovano sottostante al monte Artemisio, nascondevano un gigantesco lago lungo circa 8 km, ormai scomparso per cause di deposito alluvionale e di alcune eruzioni, solo una piccolissima e restante parte di esso conosciuto come il lago Regillo e poi come lago della Doganella resistette fino agli anni 30, poi fu del tutto prosciugato.
La cosa si fa seria, una grande necropoli esiste, un vasto lago lo abbiamo identificato, le sorgenti ce ne sono in abbondanza, quanta emozione.
Durante le camminate in lungo e in largo della dorsale dell’Artemisio abbiamo raccolto e consegnato ai nostri musei circa 650 frammenti fittili, che partono dal XVI secolo a.C. al periodo del Ferro, al Romano e al medioevale, un periodo lunghissimo.
Le istituzioni ci dicono che è sempre un’ipotesi e non credono ad Alba Longa sull’Artemisio, ci vuole solo una “prova provata” come dicono loro, dunque niente aiuti.
Alla fine degli anni ’90 all’apice del Colle del Vescovo, dove scoprimmo la necropoli con 23 tombe, trovammo un villaggio del XIV secolo A.C. subito segnalato e consegnato alcuni frammenti di dolio in pericolo di furto, ma come al solito non si ebbe l’interesse dalle autorità.
Arriviamo all’anno 2000, dopo che i taglia boschi finiscono il loro lavoro, ritirano tutti i loro mezzi meccanici e abbandonano il monte dei Ferrari, monte facente sempre parte della dorsale montana dell’Artemisio, conclusa una settimana di pioggia battente, sul monte troviamo tantissimi reperti archeologici, liberati dalla terra dai mezzi meccanici e dilavati dall’acqua, mio Dio fosse la prova provata, facciamo subito la segnalazione alla soprintendenza e ci autorizzazione a recuperare e consegnare immediatamente al museo di Velletri i reperti più significativi e in pericolo.
I reperti sono molto interessanti, una archeologa della soprintendenza vuole organizzare un saggio di scavo con la nostra partecipazione e soprattutto finanziato in parte da noi, anche se è convinta che si tratti di una capanna protostorica di avvistamento e allarme per i pochi villaggi sparsi in valle.
Gli scavi durano due stagioni, la dottoressa dovette ricredersi non trattasi di una capanna di avvistamento, ma di un villaggio di altura composto non meno di 10 capanne, provvisto di un muro a secco che lo circonda. Anche questo villaggio è del periodo che va dal XIV secolo a.C. al XII secolo a.C. ed è stato denominato “il Castelliere”, proprio per il muro a difesa.
Oggi i suoi magnifici reperti sono esposti al Museo civico di Velletri, ed il villaggio totalmente abbandonato…
Continuano gli studi e le letture nelle biblioteche, ripassiamo tutti i libri che abbiamo comprati negli anni e altri ancora, il morale non è altissimo, mettiamo sul piatto della bilancia altri indizi, altre scoperte minori.
Sopraggiunge il 2010 Angelo mio zio e vecchio socio non sopporta più la situazione, nessuno ci ascolta, tutti i siti da noi scoperti sono ritornati sotto una montagna di erbe infestanti e rifiuti, decine e decine dei nostri reperti anche di gran valore sono esposti ai musei, ma nessuno ci dice almeno “Grazie” dunque Angelo abbandona tutto, gli studi, le ricerche, la nostra società e perfino le passeggiate sull’Artemisio, basta a chiuso con l’archeologia.
Resto solo ma non mollo, trovo altri indizi altre interessanti scoperte soprattutto sui testi antichi che mi spingono ad andare avanti su questa ipotesi ricomincio tutto da capo, Longa Alba è il suo vero nome, perché Alba non è un aggettivo ma un sostantivo che significa luoghi posti in alto, Alb-Alp = Alpi come ci spiega Strabone scrittore Latino e il prof. Marmorale dei nostri tempi.
Forse Alba non è mai stata trovata perché probabilmente era posta sull’Artemisio.
Nel 2015-16 metto in ordine trent’anni di ricerche, studi, escursioni, saggi di scavo, intuizioni tutto insieme, chiedo ad Angelo se vuole partecipare alla stesura del libro e alla pubblicazione, ma niente non ne vuole sapere a chiuso con l’archeologia, dunque lancio il libro Alba longa, dopo alcuni mesi a Roma presso il museo Romano ricevo il premio CAPIT alla ricerca effettuata, una delle più concrete, ma non alla scoperta… attendono la famosa “prova provata”.
E la ricerca continua con nuove novità.
Testo consigliato: Albalonga. Studi e ricerche sull’ubicazione della madre di Roma