MEREDITH F. SMALL, Human Nature Columnist – LiveScience
SchwartzReport del 28-09-2007
Traduzione a cura di Daniela Rita Mazzella
Meredith F. Small è antropologa alla Cornell University nonché autrice di “I nostri bambini, noi stessi: come la biologia e la cultura influenzano il nostro modo di essere genitori” (Our Babies, Ourselves; How Biology and Culture Shape the Way We Parent) e “La cultura del nostro malcontento: aldilà del modello di malattia mentale offerto dalla medicina” (The Culture of Our Discontent; Beyond the Medical Model of Mental Illness).
Y-a-a-wn. Sono così annoiato. Mi sento fiacco e stanco e non riesco a pensare a niente da poter fare. Anche le persone che mi circondano sono annoiate e questo mi spinge a pensare che la noia dev’essere un sentimento comune.
Eppure non è così, afferma l’antropologa Yasmine Musharabash dell’Università dell’Australia occidentale a Crawley.
Musharabash ha osservato la noia negli Aborigeni Warlpiri di Yuemdumu, un insediamento dell’entroterra a nord-ovest di Alice Springs e ha scoperto che l’idea di noia degli Aborigeni è profondamente diversa dal concetto occidentale di noia. Per i Warlpiri, la noia non ha alcun legame con il sentimento di non voler fare nulla. In realtà essere annoiati per loro significa piuttosto non essere circondati da abbastanza persone in grado di rendere la vita interessante.
Il nostro concetto occidentale di noia sembra essere apparentemente il prodotto dei tempi. Come spiega Musharabash, prima del XVIII secolo le persone non erano così annoiate, perché questo stato d’animo era provato solo da chi aveva il tempo di annoiarsi come i ricchi, il clero e i disoccupati.
Questo sentimento si è diffuso soprattutto con l’avanzare dell’industrializzazione e la nascita della classe media.
Per molto tempo la noia è stata anche considerata una questione morale, un peccato, perché capace di insinuare il dubbio. Kierkegarrd scriveva che la “noia è la fonte di tutti i mali,” affermazione che riecheggia anche nella dichiarazione del Professor Harold Hill (noto anche come “The Music Man”): “il cervello ozioso è il parco giochi del diavolo.”
Persino adesso la noia sembra qualcosa di sbagliato: come possiamo essere annoiati con tutta l’interminabile scorta di film, libri, musica e Internet a portata di mano?
Eppure i Warlpiri ci insegnano che la noia non è sempre legata all’intrattenimento.
Infatti, Musharabash fu sorpresa dal vedere che erano poche le situazioni considerate noiose dai Warlpiri quando non succedeva niente di particolare a Yuemdumu.
Del resto gli Aborigeni non dicono mai “Sono annoiato,” ma sentono che una situazione è noiosa quando avvertono la mancanza di altre persone. Un lungo tragitto in auto non può essere noioso se l’auto è piena di persone, ma da solo sarebbe noiosissimo.
D’altra parte non esiste una parola Warlpiri per definire la noia, così gli Aborigeni di Yuemdumu hanno assunto il vocabolo inglese per lamentarsi quando manca l’interazione interpersonale.
Inoltre Musharabash sostiene che i Warlpiri non sono sempre annoiati in situazioni che invece annoierebbero a morte gli occidentali, perché sono molti legati al presente.
L’auto si guasta all’improvviso? Non sederti lì annoiato. Passeggia con i tuoi compagni e osserva il paesaggio. Sei bloccato in una lunga file? Potrebbe essere l’occasione per osservare delle persone interessanti.
Fin quando il contesto e le persone cambiano, i Warlpiri non vedono ragione per annoiarsi.
E probabilmente sedersi sotto a un portico o in un caffé a osservare il mondo è la cura più veloce ed economica contro la noia.