dallo SchwartzReport del 18 giugno 2010
Traduzione a cura di Erica Dellago e Clea Nardi
Durante le ricerche per un documento che sto scrivendo mi sono imbattuto in questo saggio di Albert Einstein e ho pensato che i miei lettori potrebbero trovarlo interessante.
Stephan A. Schwartz
Fonte: Albert Einstein, “Il mondo come lo vedo io”, Secaucus, New Jersy: The Citadel Press, 1999, pp. 24-29.
ALBERT EINSTEIN – Il mondo come lo vedo io
Tutto ciò che la razza umana ha fatto e pensato ha a che fare con la soddisfazione dei bisogni percepiti e l’attenuazione del dolore. Occorre costantemente tenerlo a mente se si vuole comprendere i movimenti spirituali e il loro sviluppo. Sentimento e desiderio sono le forze motrici dietro a ogni impresa e creazione umana, per quanto esaltata possa manifestarsi la forma di quest’ultima. Allora quali sono i sentimenti e bisogni che hanno portato gli uomini al pensiero e credo religioso nel senso più ampio della parola? Una breve riflessione sarà sufficiente a dimostrarci che le emozioni più diverse sono alla base della nascita del pensiero e dell’esperienza religiosi. Con l’uomo primitivo è soprattutto la paura che evoca concetti di tipo religioso – paura della fame, bestie feroci, malattia, morte. Dato che in questa fase dell’esistenza la comprensione di relazioni causali è tipicamente poco sviluppata, la mente umana crea per se stessa esseri più o meno analoghi dalla cui volontà e azioni questi paurosi accadimenti dipendono. L’obiettivo dell’uno è garantirsi il favore di questi esseri compiendo azioni e offrendo sacrifici che, secondo la tradizione tramandata di generazione in generazione, li rende propizi o ben disposti verso un mortale.
Ora parliamo della religione della paura. Questa, anche se non creata, si trova ad un livello elevato reso stabile dalla formazione di una speciale casta sacerdotale che si definisce mediatore tra la gente e gli esseri che teme, e su queste basi erige una egemonia. In molti casi il leader o il sovrano, la cui posizione dipenda da altri fattori, o una classe privilegiata, unisce funzioni sacerdotali alla sua autorità temporale, al fine di rendere quest’ultima più sicura; oppure i capi politici e la casta sacerdotale fanno causa comune per i loro interessi.
I sentimenti sociali sono un’altra fonte di cristallizzazione della religione. Padri, madri e leader di grandi comunità sono mortali e inclini agli errori. Il desiderio di orientamento, amore, e sostegno, spinge gli uomini a dare forma alla concezione sociale e morale di Dio. Questo è il Dio della Provvidenza che protegge, dispone, premia e punisce, il Dio che, a seconda dell’ampiezza di vedute del credente, ama e nutre la vita della tribù o della razza umana, o addirittura la vita in quanto tale, il consolatore nel dolore e nel desiderio insoddisfatto, che protegge le anime dei morti. Questa è la concezione sociale o morale di Dio.
Le scritture del popolo ebraico illustrano in modo eccellente lo sviluppo dalla religione della paura a quella morale, mantenuta poi nel Nuovo Testamento. Le dottrine di tutti i popoli civilizzati, specialmente quelli orientali, sono principalmente morali. Lo sviluppo dalla religione della paura a quella morale costituisce un grande passo nella vita di una nazione. Il fatto che le religioni primitive siano basate interamente sulla paura e che quelle dei popoli civilizzati unicamente sulla moralità, è un pregiudizio contro cui dobbiamo stare in guardia. La verità è che sono tutte tipologie intermedie, con la riserva che ai livelli più elevati della vita sociale la religione morale predomina.
Comune a tutte queste tipologie è il carattere antropomorfo della loro concezione di Dio. Solo gli individui con doti eccezionali e le comunità di animo eccezionalmente elevato, come regola generale, arrivano al senso reale che sta al di là di di questa definizione. Ma c’è un terzo stato di esperienza religiosa che appartiene a tutti loro, anche se raramente si trova in una forma pura, e che chiamerò sentimento religioso cosmico. E’ molto difficile spiegare questo sentimento a chiunque ne sia totalmente privo, tanto più che non vi è alcuna concezione antropomorfa di Dio a corrispondergli.
L’individuo percepisce l’inconsistenza dei desideri e obiettivi umani, e il sublime, e l’ordine meraviglioso che si rivelano nella natura e nel mondo del pensiero. Egli considera l’esistenza individuale come una sorta di prigione e vuole sperimentare l’universo come un significativo unico insieme. L’origine del sentimento religioso cosmico appare già negli stadi iniziali dello sviluppo – ad es., in molti dei Salmi di Davide e in alcuni dei Profeti. Il Buddismo, come abbiamo appreso particolarmente dai meravigliosi scritti di Schopenhauer, ne contiene una componente molto forte.
I geni religiosi di ogni epoca si sono distinti per questo tipo di sentimento religioso, che non conosce dogmi né Dio concepito a immagine umana; così che non possa esistere alcuna Chiesa i cui insegnamenti centrali siano basati su di esso. Quindi è precisamente tra gli eretici di ogni tempo che troviamo uomini pervasi dal più elevato tipo di sentimento religioso, che in molti casi venivano considerati dai loro contemporanei come atei, e in alcuni come santi. Visti sotto questa luce, uomini come Democrito, Francesco d’Assisi, e Spinoza sono l’un l’altro affini.
Come può il sentimento religioso essere comunicato da una persona all’altra, se non fornisce un concetto definito di Dio e una forma di teologia? Secondo il mio punto di vista, la funzione principale dell’arte e della scienza è quella di risvegliare questo sentimento e tenerlo vivo in coloro che sono in grado di farlo. Arriviamo così a concepire una relazione tra scienza e religione molto diversa da quella solita. Guardando la questione storicamente, si è inclini a vedere scienza e religione come antagonisti irriconciliabili, e per un’ovvia ragione. L’uomo che è estremamente convinto dell’operazione universale della legge di causalità non può per un attimo contemplare l’idea di un essere che interferisca sul corso degli eventi – questo avviene se prende l’ipotesi di causalità davvero seriamente. Egli non è di alcuna utilità per la religione della paura, e di ben poca per quella sociale e morale. Un Dio che premia e punisce è per lui inconcepibile per la semplice ragione che le azioni di un uomo sono determinate dalla necessità, esterna ed interna, sicché agli occhi di Dio egli non può essere responsabile, non più di quanto un oggetto inanimato lo sia dei movimenti che si trova a compiere. Dunque la scienza è stata accusata di minare la moralità, ma l’accusa è ingiusta. Il comportamento etico di un uomo dovrebbe essere effettivamente basato sulla comprensione, sull’educazione e sui legami sociali; non è necessaria alcuna base religiosa. L’uomo si troverebbe in una posizione ben infelice se dovesse esser vincolato dalla paura, dalla punizione, e dalla speranza di una ricompensa dopo la sua morte.
E’ perciò facile vedere perché le Chiese abbiano sempre combattuto la scienza e perseguitato i suoi devoti. Dall’altro lato, io sostengo che il sentimento cosmico religioso sia il più forte e nobile incitamento alla ricerca scientifica. Solo coloro che comprendono gli immensi sforzi e, soprattutto, la devozione che il pionieristico lavoro della scienza teorica richiede, possono arrivare a capire la forza dell’emozione che soltanto da tale attività, così remota dalle immediate realtà della vita, può derivare. Quale profonda convinzione della razionalità dell’universo e quale desiderio di conoscere, ma altro non erano che un debole riflesso della grande mente rivelata in questo mondo, e Keplero e Newton si saran trovati a doverle mantenere vive per riuscire a passare anni di lavoro solitario a districare i princìpi delle meccaniche celesti!
Coloro la cui conoscenza della ricerca scientifica derivi prevalentemente da risultati pratici, sviluppano facilmente un concetto completamente falso della mentalità degli uomini che, circondati da un mondo scettico, hanno mostrato la via a quelli con opinioni a loro simili, sparsi sulla terra e nei secoli. Solo chi ha votato la sua vita a fini simili può avere una realizzazione vivida di cosa ha ispirato questi uomini e dato loro la forza di rimanere fedeli al loro proposito a dispetto degli innumerevoli fallimenti. E’ il sentimento cosmico religioso che dona all’uomo una forza di questo tipo. Un contemporaneo ha detto, non ingiustamente, che in questa nostra era materialista i seri lavoratori scientifici sono le uniche persone profondamente religiose.
Difficilmente potrete trovare una tra le varie profonde menti scientifiche senza un proprio senso religioso peculiare. Ma è una religione diversa da quella dell’uomo sprovveduto. Per quest’ultimo Dio è un essere della cui attenzione ognuno spera di beneficiare e la cui punizione si teme; una sublimazione di un sentimento simile a quello di un figlio per il padre, un essere col quale si intrattiene una relazione personale fino ad un certo punto, per quanto profondo possa essere il livello di devozione.
Ma lo scienziato è posseduto da un senso di causalità universale. Nel futuro, per lui, qualsiasi inezia è tanto necessaria e determinata quanto nel passato. Non c’è nulla di divino riguardo alla moralità, è una questione puramente umana. Il suo sentimento religioso prende la forma di un’estatica eccitazione per l’armonia della legge naturale, che rivela un’intelligenza di tale superiorità che, paragonata ad essa, tutto il pensiero e l’agire sistematico degli esseri umani appare un riflesso del tutto insignificante. Questo sentimento è il principio guida della sua vita e del suo lavoro, fin quando egli riuscirà a resistere alle catene del desiderio egoista. Il porsi al di sopra di simili questioni ha caratterizzato i geni religiosi di tutte le epoche.