Scoperti due grandissimi flussi a raggi-X che collegano la Via Lattea a misteriose bolle di raggi gamma

Traduzione a cura di Ida Crocco e Marisa Menna

flussi

Due bolle luminose che emettono raggi gamma circondano la Via Lattea: sembra siano connesse con il centro della galassia attraverso due condotti che brillano ai raggi-X. Fonte: NASA GODDARD SPACE FLIGHT CENTER)

Un team internazionale di scienziati ha scoperto due flussi gassosi che incanalano energia dal centro galattico, convogliandolo verso le regioni esterne della Via Lattea.

La ESA ha scoperto infatti l’esistenza di due condotti di sfiato di energia larghi ciascuno circa 300 anni luce. Secondo Mark Morris della UCLA (Università della California di Los Angeles), questi due condotti potrebbero incanalare energia dal centro della galassia alle due bolle di raggi-X, chiamate anche Bolle di Fermi. Queste bolle sono state scoperte in precedenza da un team di ricercatori del MIT, tra cui l’astrofisico Tracy Slayter. Studi successivi più approfonditi, che possono aiutare a svelare l’origine delle bolle, sono giunti invece dal satellite XMM-Newton dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA).
Ciascuna misura quanto una piccola galassia, avendo un’estensione di circa 25 mila anni luce e c’è chi ritiene siano frutto di eruzioni provenienti dal buco nero al centro della nostra galassia, che è 4 milioni di volte più massiccio del sole, e chi invece crede siano dovute ai venti portati dall’esplosione di innumerevoli stelle neonate.

A sinistra e al centro: NASA GODDARD DI M. CHERNYAKOVA / NATURE 2019; a destra: G. PONTI ET AL / NATURE 2019

La produzione di raggi gamma, infatti, richiede la presenza di particelle altamente energetiche, come ad esempio quelle che eruttano dall’esplosione di una stella o quelle di un buco nero quando inghiottisce materia.

La scoperta dei due condotti delinea ulteriormente la connessione tra il centro della galassia e le due bolle e individuarne la fonte può aiutare a comprendere la formazione delle stelle nelle galassie.

La notizia è stata pubblicata il 21 marzo 2019 sulla rivista Nature e diversi sono gli enti e gli scienziati che l’hanno reso possibile.

Fonti: www.sciencenews.org
www.universoastronomia.com


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