Scopriamo i misteri del Vaticano

C’è chi sostiene che sotto la Basilica sia ancora sepolto lo scettro magico di Porsenna, altri parlano di passaggi segreti che porterebbero sino in Etruria. Anche lasciando da parte quanto scritto da storici come Plinio, dagli scavi affiorano ancora testimonianze pagane ed esoteriche che risalgono agli dei egizi.

 

di Umberto Di Grazia e Andrea De Pascalis

 

“Vaticano” è nome di origine etrusca e di significato oscuro. Forse anche per questo motivo, c’è oggi chi sostiene che lo scettro di Porsenna, chiave e simbolo del potere magico religioso degli etruschi, sia nascosto in un sotterraneo del Vaticano. E’ solo una fantasia naturalmente, una tra le tante coniate sui presunti misteri del Vaticano dagli ambienti inclini all’occultismo.

Le stesse fonti affermano anche che dal sottosuolo vaticano partono cunicoli che sboccano in Etruria, e aggiungono che gli scavi condotti sotto San Pietro in epoche antiche e recenti hanno fruttato ritrovamenti così sconvolgenti da costringere le massime gerarchie cattoliche al silenzio più assoluto.

Un mosaico che raffigura il ratto di Proserpina, in un mausoleo sotterraneo

Si sussurra inoltre che l’area vaticana, prima che Costantino vi edificasse la sua basilica, fosse centro di un importante culto esoterico, smantellato da decreti imperiali. Non c’è da meravigliarsi troppo.
L’accostamento Vaticano-mistero è tra i più vecchi e collaudati del genere.

Gli stessi antichi romani, quando parlavano del colle vaticano, non sapevano che pesci prendere e nel tentativo di spiegarne il nome, del cui senso avevano perso memoria, ricorrevano volentieri a storie misteriose. Sesto Pompeo Festo raccontava che in tempi immemorabili gli indovini etruschi davano i loro vaticini sull’altura chiamata perciò “Vaticanus” da “vates” (indovino).

Agellio affermava più o meno la stessa cosa, e cioè sul colle si ergeva una volta il santuario di una divinità arcaica sconosciuta, dove ci si recava per avere vaticini. Altri autori latini supponevano l’esistenza di un tempio in cui sarebbe stato uso consacrare i neonati, che in quel luogo emettevano i loro primi vagiti. Perciò il nome “Vagitanus”, poi trasformatosi in “Vaticanus”. Plinio il Vecchio aggiungeva un tocco in più di mistero ricordando l’esistenza sul colle di un elce creduta la più antica di Roma, alla quale il popolo attribuiva poteri magici e sul cui tronco era affisso un cartello bronzeo con enigmatiche lettere etrusche.

Scettro di Porsenna compreso, il folklore esoterico attribuito al sottosuolo di San Pietro incomincia qui. Ma è anche in epoca rinascimentale che i lavori di fondazione della basilica michelangiolesca e poi ancora scavi occasionali nei decenni successivi, forniscono nuova e più ricca materia agli amanti del mistero. Non appena gli operai frugarono nel terreno, tornarono alla luce sepolture, cubicoli, pitture, iscrizioni.

Nel 1574, mentre si lavorava al pavimento della basilica, davanti all’altare maggiore, si apre una buca nel terreno, qualcuno si cala giù, ma quando fa per illuminare l’ambiente rimane abbagliato da un insistente luccichio. E’ così che si scopre un piccolo mausoleo, le cui pareti e la volta sono ricoperte interamente di mosaici dai colori brillanti. Sulla volta, proprio dove si è aperta la buca, si distingue la figura di Cristo che si alza in un cielo giallo su una quadriga trainata da cavalli bianchi, mentre tutt’intorno si intrecciano verdi tralci di vite. Dopo una breve esplorazione, il foro viene chiuso e i mosaici tornano nel buio per qualche secolo ancora.

Non sempre l’origine e il significato dei reperti sono cristiani.
Le cronache parlano anche di un ripetuto riaffiorare dal terreno di testimonianze pagane. Tra cui alcune iscrizioni riguardanti il culto – mistero di Cibele e i Taurobolii. Niente di strano in fondo, però è quanto basta per alimentare altre fantasie, fantasie che resistono e si accrescono ancora oggi, quando ormai il sottosuolo di San Pietro ha svelato alle insistenze degli archeologi gran parte dei suoi segreti.

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La piazza dei protomartiri, dove sorgeva il circo di Nerone

Se ne parla assai poco, ma una decina di metri sotto il pavimento della costruzione michelangiolesca c’è una necropoli di epoca precostantiniana. E’ tornata alla luce da circa trent’anni. Ben conservata, sapientemente restaurata, ricca di tesori d’arte e di testimonianze storiche, costituisce un po’ il vero cuore segreto della basilica vaticana. In senso cronologico, strutturale e anche religioso, poiché in questa necropoli è stato identificato il sepolcro di Pietro, “centro” di culto attorno al quale fu edificata la basilica costantiniana, poi distrutta e coperta dal tempio michelangiolesco.
Alla necropoli si accede dalle grotte vaticane, li dove ci sono le tombe dei pontefici de.gli ultimi secoli. Una scaletta immette in un primo mausoleo, chiamato “degli Egizi”. Il nome è dovuto a un affresco della parete di fondo, purtroppo ormai scarsamente leggibile, che rappresenta Horus, il dio egizio dei morti. Che nella meno destra stringe l’Hankh, la croce ansata simbolo di vita. Negli arcosoli ( nicchie ad arco ) si trovano sarcofagi di marmo sulle cui superfici sono scolpite scene dionisiache. In uno degli arcosoli un’iscrizione attesta una sepoltura cristiana.

E’ un caso che si ripete spesso nella necropoli: il mausoleo, costruito e usato inizialmente dai pagani, viene utilizzato in epoca più tarda per ospitare anche i defunti cristiani. Al lato del mausoleo “degli egizi” è un secondo edificio sepolcrale, il cui pezzo forte è un sarcofago di marmo di grande bellezza. Sul coperchio sono scolpiti, tra l’altro, i busti dei due coniugi che vi furono inumati, i visi in atteggiamento sereno, le dita delle mani destre piegate in un segno di morte, un’iscrizione ricorda i loro nomi: Q.M. Hermes e Marcia Trasonide.

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Il particolare di un sarcofago di marmo nel mausoleo detto “degli Egizi”, perchè su una parete di fondo, ormai poco visibile, si trova un affresco che rappresenta Horus, divinità che nella mitologia romana è stata sostituita da Mercurio.

Un passaggio tra queste due prime costruzioni immette sul viottolo che faceva, e fa tuttora, da spina dorsale alla necropoli. Il tratto sinora portato alla luce dagli scavi corre pressappoco lungo l’asse centrale della basilica soprastante, da ovest a est. Ai lati e in fondo alla stradina un insieme di ventidue mausolei. A farli costruire, tra gli inizi del II e la fine del III secolo D. C., fu gente che amava circondarsi, anche dopo la morte, di cose ben fatte.
Gli edifici sepolcrali mostrano eleganza e accuratezza nei particolari: pavimenti in mosaico, pitture, stucchi e ancora mosaici alle pareti, uso di marmi, fregi e ornamenti.

Alcuni mausolei, quelli delle famiglie più ricche, hanno un doppio ambiente, il principale, a uso padronale, e un vestibolo d’ingresso con nicchie per urne cinerarie, riservato probabilmente agli schiavi.

Gran parte della volta è andata distrutta con la costruzione della basilica costantiniana. Una delle poche eccezioni è proprio quel mausoleo dei mosaici scoperto casualmente nel 1574 e poi subito richiuso. Quasi sempre al posto delle volte si vede unicamente una piattaforma di cemento, unica nota priva di colore di un mondo austero ma non deprimente, in cui l’idea della morte sta a significare speranza e non tristezza.

Umberto Di Grazia e Andrea De Pascalis

(Articolo pubblicato su “Domenica del Corriere” del 21 febbraio 1979)


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