Articolo pubblicato su “Europeo” 18 Maggio 1981

di Gianni Perelli

Ecco come, applicando la parapsicologia alla scienza, Brando Crespi ha riportato alla luce resti storici dell’antico Egitto.

Los Angeles. Vive nel futuro andando in cerca dei tesori del passato. Applicando la parapsicologia agli ultimi ritrovati della scienza, ha scoperto nelle acque al largo di Alessandria d’Egitto il palazzo dove duemila anni fa si uccise Marco Antonio. Nei pressi, ha individuato i resti di colonne antichissime e un pavimento di 300 metri che appartenevano probabilmente alla reggia tolemaica dove qualche ora dopo si tolse la vita Cleopatra. E nello stesso fondale di mare giacciono i resti del faro di Alessandria, considerato una delle sette meraviglie del mondo.

L’artefice di questi ritrovamenti archeologici che hanno messo a rumore gli ambienti scientifici è Brando Crespi, un antropologo di 32 anni (nel 1981 n.d.r.) che risiede da quattro anni in California, dove ha fondato il gruppo di indagine Mobius.

Alberto Francesco Mobius, al cui nome si rifà il gruppo, era uno scienziato francese che studiò “il possibile punto d’incontro tra razionale e intuitivo”. E Crespi e i suoi associati intendono partire dalle stesse premesse: il loro è un consorzio di analisti e di sensitivi, aperto ai contributi degli esperti scientifici in vari campi. La somma delle esperienze individuali è poi affidata a un computer che elabora i dati “e ci indica”, dice Brando Crespi, “la soluzione migliore per le indagini”.

Brando Crespi viene da una famiglia patrizia che negli anni cinquanta animò i fasti della “dolce vita” romana. Il padre, Rudy Crespi, era al centro di ogni manifestazione mondana. La madre, Consuelo Crespi, è stata a lungo una delle donne più belle della capitale. Dopo studi di antropologia a Washington e una breve esperienza giornalistica a Roma, Brando è emigrato nella giungla amazzonica, dove per tre anni si è dedicato a ricerche sui culti africani. Poi è tornato negli Usa.

A Los Angeles, Crespi è entrato in contatto con il dottor Stephan Schwartz, un altro giovane studioso che ha lasciato la marina per darsi all’archeologia. Schwartz ha scritto un saggio, “Le segrete volte del tempo” (è un libro di testo in sei università americane), in cui analizza le intuizioni del famoso sensitivo belga Gerard Croiset e conclude che l’impiego di alcune facoltà umane sottovalutate dalla scienza può spianare la strada verso scoperte imprevedibili.

Crespi, che è un appassionato di pesca subacquea, propone a Schwartz di applicare questi metodi per esperimenti sui fondali marini. Trovano un finanziamento, su indicazione di un sensitivo recuperano il relitto di una nave presso l’isola Catalina (di fronte a Los Angeles). Crespi e Schwartz preparano una missione più difficile: la ricerca dei palazzi in cui consumarono il loro tragico amore Antonio e Cleopatra. “Mi ha sempre affascinato”, confessa Crespi, “la storia dell’antichità”.

Alessandria era stata per circa un millennio la capitale culturale dell’Occidente. Anche Giulio Cesare, nei suoi scritti, ricorda le straordinarie ricchezze della biblioteca alessandrina, che aveva in dotazione oltre 100 mila volumi e 700 mila rotoli di papiro. Era impensabile che si potesse trovare anche una minima traccia di questi materiali facilmente deperibili. Ma avevo letto che nella biblioteca di Alessandria erano custodite migliaia di tavolette incise in pietra. Speravo che almeno qualcuna di queste testimonianze avesse resistito all’erosione dei millenni”.

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Frammento del papiro Ebers del 1550 a.C. ca.

Così partirono per Alessandria in 22, finanziati da un paio di università americane. L’assistenza tecnica è garantita dall’interessamento del presidente Sadat, che mette a disposizione del gruppo tre archeologi egiziani. All’inizio questi studiosi esprimono seri dubbi sulle probabilità di successo, e le prime ricerche non approdano a nulla. I sub riportano a galla solo melma.”Stavamo per arrenderci”, prosegue Crespi, “ma ci trattenne la tenacia di George McMullen, il più collaudato dei nostri sensitivi, che giurava sull’esistenza di un grande palazzo sommerso.

McMullen è un professionista molto serio, che ha fama di non sbagliare mai. La sua convinzione meritava quindi fiducia. Infatti dopo appena qualche giorno fummo premiati. Una mareggiata danneggiò i blocchi di cemento di un molo in costruzione. Nel riparare i danni gli operai trovarono alcune tavolette scolpite. Era la conferma che cercavamo”.

Su suggerimento di McMullen viene convocato dagli Stati Uniti il professor Harold Edgerton, inventore del sonar sottomarino e della fotografia stroboscopica. Insieme, alleando scienza e intuizione, localizzano il punto dove giacciono i resti del palazzo.
Le ricerche si concludono dopo sette mesi, con la ricostruzione dell’intero “timonium”, il nome latino del palazzo. “Strabone”, dice ancora Crespi, “racconta che Marco Antonio si conficcò, tra quelle mura, la spada nel petto. Uno schiavo lo trovò moribondo e lo portò nel vicino palazzo di Cleopatra. Vi giunse cadavere. E Cleopatra, non sopportando il dolore, si fece mordere il collo da un aspide”.

Crespi ha ora in mente nuovi progetti ambiziosi. “Nel prossimo autunno ci trasferiremo in Toscana”, dice, “per cercare di risolvere alcuni problemi storici, della civiltà etrusca: l’ubicazione del tesoro di Porsenna, per esempio, o il problema della lingua. Abbiamo già il consenso delle Belle Arti, e raduneremo un’équipe di esperti sotto la guida di Umberto Di Grazia, un regista romano con doti di sensitivo”.

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