MICHAEL BROOKS – New Scientist
[Ringrazio Christine Fallwell lettrice di SR per avermi avvisato di questo report.]

1 – L’effetto placebo

Non provatelo a casa. Più volte al giorno, per vari giorni, inducete dolore ad una persona. Rimuovete il dolore con la morfina, e l’ultimo giorno sostituite la morfina con una soluzione salina. Indovinate cosa? La soluzione salina rimuove il dolore.

Questo è l’effetto placebo: alcun volte, una grande quantità di niente può essere estremamente efficace. Ma, si tratta realmente di niente? Quando Fabrizio Benedetti dell’Università di Torino ha effettuato questo esperimento, ha aggiunto alla soluzione salina il naloxone, una sostanza che blocca gli effetti della morfina. Il risultato è stato sconvolgente.

La capacità della soluzione salina di rimuovere il dolore è scomparsa.

Quindi, che cosa sta accadendo? I medici sanno dell’effetto placebo da decenni, e il risultato con naloxone sembra mostrare che l’effetto placebo agisce in un qualche modo chimico. Ma al di là di ciò, semplicemente non sappiamo niente.

Benedetti ha mostrato, inoltre, che una soluzione salina può ridurre nelle persone affette dal morbo di Parkinson tremori, rigidità muscolare (Nature Neuroscience, vol. 7, p. 587) e “eruzioni” di segnali dei neuroni del nucleo subtalamico tipica di malati di Parkinson. L’attività dei neuroni diminuiva e i sintomi si riducevano: la soluzione salina produce chiaramente un effetto.
Abbiamo molto da imparare, ha detto Benedetti, ma una cosa è chiara: la mente può influenzare la biochimica del corpo. “La relazione tra attese e risultato terapeutico è un modello meraviglioso per poter comprendere le interazioni tra la mente e il corpo,” ha affermato. I ricercatori devono adesso scoprire quando e dove i placebo funzionano. Ci potrebbero essere malattie nelle quali sono efficaci o un meccanismo comune in malattie diverse. Al momento, semplicemente non lo sappiamo.

2 -Il problema dell’orizzonte.

Il nostro universo appare essere incredibilmente uniforme. Guardando da un lato all’altro dell’universo visibile si vede ovunque la radiazione di fondo. Ciò può non colpirci finché non consideriamo che le due estremità del cosmo sono distanti 28 miliardi di anni luce e il nostro universo ha appena 14 miliardi di anni.

E’ noto che niente può viaggiare più veloce della luce, quindi non c’è modo in cui la radiazione di fondo possa aver viaggiato attraverso i due orizzonti distribuendosi in modo omogeneo dopo il big bang.

Questo “problema dell’orizzonte” è un grande rompicapo per i cosmologi, così grande da portare a delle strane soluzioni. L’”inflazione” è, ad esempio, una.

Si può risolvere il problema dell’orizzonte ipotizzando un universo che si è espanso, inizialmente, ad una super-velocità gonfiandosi di un fattore pari a 1050 in soli 10-33 secondi. Ma forse questo è solo un nostro desiderio. “L’inflazione potrebbe essere una spiegazione se fosse accaduta”, dice Martin Rees, astronomo dell’Università di Cambridge. Il problema è che nessuno sa che cosa potrebbe averla causarla.

Quindi, in effetti, l’inflazione risolve un problema per aprirne un altro.

Una variazione nella velocità della luce potrebbe spiegare il problema dell’orizzonte – ma anche questa spiegazione è impotente davanti alla domanda “perché?”. In termini scientifici, l’uniformità della radiazione di fondo rimane una anomalia.

Vedi anche
Big Bang. Da dove veniamo?

3 – Raggi cosmici super energetici

Per oltre dieci anni, alcuni fisici giapponesi hanno osservato raggi cosmici che non dovrebbero esistere. I raggi cosmici sono formati da particelle – principalmente protoni e alcune volte nuclei atomici pesanti – che viaggiano attraverso l’universo quasi alla velocità della luce. Alcuni raggi cosmici osservati sulla Terra sono prodotti da eventi violenti come le supernove, ma non conosciamo ancora le origini delle particelle più cariche di energia, che sono anche le particelle più cariche mai osservate in natura.

Le particelle dei raggi cosmici, viaggiando attraverso lo spazio, perdono energia a causa di collisioni con i fotoni a bassa energia che pervadono l’universo, come quelli che caratterizzano la radiazione cosmica di fondo. La teoria ristretta della relatività di Einstein implica che qualsiasi raggio cosmico che raggiunge la Terra da una fonte al di fuori della nostra galassia abbia sofferto così tante collisioni da non poter avere una energia superiore a 5A – 1019 electronvolts. Questo limite è conosciuto come il limite di Greisen-Zatsepin-Kuzmin (GZK).

Negli ultimi dieci anni l’osservatorio di Akeno dell’Università di Tokio – che comprende 111 apparati disseminati in oltre 100 km quadrati – ha osservato numerosi raggi cosmici oltre il limite GZK. In teoria, questi raggi possono provenire solo dall’interno della nostra galassia, ma, gli astronomi non riescono a trovare alcuna fonte di tali raggi all’interno della galassia. Quindi, che cosa sta accadendo?

C’è qualcosa di sbagliato nei risultati di Akeno o Einstein si è sbagliato? La teoria ristretta della relatività afferma che lo spazio è lo stesso in tutte le direzioni, ma che cosa accadrebbe se le particelle trovassero più facile muoversi in determinate direzioni? In questo caso i raggi cosmici potrebbero conservare una quantità maggiore della loro energia, consentendo così di superare il limite GZK.

Fisici del Pierre Auger a Mendoza in Argentina, stanno adesso lavorando su questo problema. Utilizzando 1600 rilevatori disseminati su oltre 3000 km quadrati, Auger dovrebbe essere in grado di determinare l’energia dei raggi cosmici e far luce sui risultati di Akeno.

Alan Watson, astronomi dell’università di Leed, Inghilterra, e portavoce del progetto Pierre Auger, è già sicuro che ci sia qualcosa di interessante da studiare la su. “Non ho dubbi che energie sopra i 1020 electrovolts esistano.

Ci sono prove a sufficienza per convincermi,” ha detto. La domanda che si pone adesso è perché? Quante di queste particelle stanno arrivando, e da dove stanno arrivando? Finché non risponderemo a queste domande, non possiamo sapere quanto strana possa essere la spiegazione.

4 – I risultati di Belfast sull’omeopatia

Madeleine Ennis, una farmacista all’Università Queen di Belfast, era profondamente contraria all’omeopatia.
Rifiutava il fatto che un rimedio diluito al punto da non contenere contenerne una singola molecola del rimedio iniziale potesse essere efficace. A tal fine decise di provare una volta per tutte l’inefficacia dell’omeopatia.

Nel suo ultimo articolo, Ennis descrive come la sua equipe abbia studiato gli effetti dei preparati super-diluiti di istamina sulle cellule bianche umane coinvolte nelle infiammazioni. Le cellule rilasciano istamina quando sono sotto attacco. Una volta rilascia l’istamina impedisce che se ne rilasci ulteriormente. Lo studio, replicato in altri quattro laboratori, ha mostrato che i preparati omeopatici, diluiti al punto da non contenere una singola molecola di istamina, operavano esattamente come l’ istamina. Ennis probabilmente non era contenta dei risultati, ma afferma che un effetto non può essere negato.

Ma allora come accade? Gli omeopati preparano i loro rimedi dissolvendo sostanze quali veleni, etanolo, e lo diluiscono ripetutamente. Indipendentemente dal livello di diluizione, gli omeopati ritengono che la sostanza originaria lasci un’impronta nelle molecole dell’acqua. Comunque diluita, la soluzione si imbeve delle proprietà del rimedio.

Si può comprendere come mai Ennis fosse scettica. Ma, gli esperimenti hanno dimostrato che i rimedi omeopatici funzionano (Inflammation Research, vol 53, p 181) e che qualcosa accade. “Noi siamo”, afferma Ennis nel suo articolo, “incapaci di spiegare i nostri risultati. Li stiamo rendendo noti per incoraggiare altri ad indagare ulteriormente su questo fenomeno.” Se i risultati verranno dimostrati, afferma, le implicazioni sono profonde: probabilmente dovremmo riscrivere la fisica e la chimica.

5 – Materia oscura

Partiamo dalla conoscenza che abbiamo della gravità, applichiamola alla rotazione delle galassie, e immediatamente abbiamo un problema: le galassie dovrebbero cadere a pezzi, ma invece la materia delle galassie ruota attorno ad un punto centrale anche se non si osserva una massa sufficiente per creare vortice osservato.

Vera Rubin, astronoma, del dipartimento di magnetismo terrestre dell’Istituto Carnegie di Washington DC, ha notato tale anomalia negli anni ’70. I fisici suggeriscono che esiste molta più materia di quella che possiamo vedere. Il problema è che nessuno riesce a spiegare che tipo di materia possa essere.

Anche se i ricercatori hanno suggerito molte spiegazioni in merito al tipo di particelle che potrebbero costituire questa materia oscura, al momento non si è arrivati a nessuna forma di consenso. E’ un vuoto imbarazzante nella nostra comprensione. Le osservazioni astronomiche suggeriscono che la materia oscura debba costituire il 90% della massa dell’universo, ma al momento noi siamo incredibilmente ignoranti su che cosa possa essere questo 90%.

Può forse essere che non riusciamo a capire quale possa essere la natura della materia oscura in quanto questa materia non esiste? Questa è la risposta che piacerebbe a Rubin: “Se potessi scegliere, mi piacerebbe scoprire che le leggi di Newton debbano essere modificate al fine di descrivere correttamente le interazioni gravitazionali su lunghe distanze,” afferma. “Questo sarebbe più affascinante di un universo riempito da un nuovo tipo di particella subnucleare.”

6 – Il metano dei Viking

20 Luglio 1976. Gilbert Levin è seduto al bordo della propria sedia. A milioni di chilometri di distanza, su Marte, la sonda Viking ha raccolto del terreno e lo ha mischiato con nutrienti etichettati carbonio-14. Gli scienziati della missione sono tutti concordi che se lo strumento Levi, sulla sonda, osserva emissioni di metano da questa miscela di carbonio-14, allora ci deve essere vita su Marte.

Il risultato è positivo. Qualcosa sta metabolizzando i nutrienti emettendo gas.

Quindi perché non festeggiare?

Perché un altro strumento, progettato per identificare le molecole organiche e considerato necessario per individuare segni di vita, non trova niente. A questo punto, quasi tutti gli scienziati dichiarano che il risultato della sonda Viking è nei fatti un falso positivo. Ma perché?

La discussione continua ancora oggi, ma i risultati dell’ultima missione della NASA sulla superficie di Marte conferma che il pianeta nel passato era ricco di acqua e adatto alla vita. E le conferme aumentano continuamente. Levin afferma “Ogni missione su Marte ha prodotto prove che confermano le mie conclusioni. Nessuna le ha contradette.”
Levin, adesso, non è più solo. Joe Miller, un biologo cellulare dell’Università Southern California di Los Angeles, ha rianalizzato i risultati ed è convinto che le emissioni mostrano evidenze di un ciclo circadiano. Ciò conferma l’esistenza della vita.

Levin sta cercando consensi all’interno dell’ESA e della NASA per inviare una versione modificata del suo strumento tale da cercare le molecole chirali. Queste si manifestano in versioni “sinistra” e “destra”: immagini speculari l’una dell’altra. I processi biologici tendono a produrre molecole che favoriscono un verso rispetto all’altro, mentre i processi non viventi producono le versioni “sinistra” e “destra” nella stessa misura. Se una futura missione su Marte dovesse trovare che anche il metabolismo marziano dovesse privilegiare un verso rispetto all’altro, questa sarebbe la migliore conferma dell’esistenza della vita su Marte.

Vedi anche:
https://www.coscienza.org/novita-da-marte/

7 – Tetraneutroni

Quattro anni fa, un acceleratore di particelle in Francia ha individuato sei particelle che non sarebbero dovute esistere. Esse sono chiamate tetraneutroni: quattro neutroni legati assieme in un modo che sfida le leggi della fisica.

Francisco Miguel Marques e colleghi all’acceleratore Ganil di Caen si stanno adesso organizzando per ripetere l’esperimento. Se avranno successo, questi tetraneutroni potrebbero obbligarci a ripensare le forze atomiche che reggono assieme gli atomi.

L’equipe ha sparato nuclei di berillio verso un piccolo bersaglio di carbonio e ha analizzato i frammenti che si sono dispersi nei rilevatori. Si aspettavano di vedere tracce di quattro distinti neutroni, invece l’equipe di Gnail ha trovato solo un striscia di luce in un rilevatore. L’energia di questa striscia di luce suggerisce che i quattro neutroni sano ancora legati assieme. Ovviamente, tale traccia può essere il frutto di un evento accidentale: quattro neutroni possono infatti aver seguito la stessa traccia, nello stesso punto per coincidenza.
Ma, ciò è incredibilmente improbabile.
Non tanto improbabile quanto i tetraneutroni? Nel modello standard delle particelle fisiche i tetraneutroni non possono esistere. In base al principio di Pauli dell’esclusione delle particelle, nemmeno due protoni o neutroni possono avere proprietà quantiche identiche, nello stesso sistema. Infatti, il legame nucleare forte che le tiene assieme è tarato in modo tale da non reggere assieme nemmeno due neutroni, e quindi tanto meno quattro. Marques, e la sua equipe, sono rimasti talmente sconvolti, da nascondere questi risultati in un comunicato di ricerca, che negava la possibilità di poter trovare di nuovo tetraneutroni in futuro (Physical Review C, vol 65, p 44006).

Esistono infatti altre ragioni ancora più importanti che portano a dubitare dell’esistenza dei tretraneutroni.
Se si aggirano le leggi della fisica al fine di permettere a quattro neutroni di legarsi assieme, qualsiasi forma di caos potrebbe diventare possibile (Journal of Physics G, vol 29, L9). “Significherebbe che l’insieme di elementi che si sono formati dopo il big bang è in contraddizione con ciò che oggi osserviamo e, ancor peggio, gli elementi che si sono formati sarebbero diventati troppo pesanti per essere gestiti dall’universo. L’universo sarebbe così dovuto collassare su se stesso prima di avere avuto la possibilità di espandersi,” afferma Natalia Timofeyuk, fisico teorico dell’Università del Surrey a Guildford, Inghilterra.

Ci sono, comunque, una serie di contraddizioni in questo modo di ragionare. Le teorie attuali ammettono che il tetraneutrone possa esistere, ma solo come una particella con un tempo di vita infinitamente piccolo. “Ciò potrebbe spiegare come mai quattro neutroni abbiano colpito il rilevatore del Ganil simultaneamente”, dice Timofeyuk. Ci sono altre evidenze che danno forza all’idea che la materia possa essere composta da multi-neutroni: le stelle a neutroni. Questi corpi, che contengono un numero incredibile di neutroni legati assieme, suggerisce che una forza tuttora sconosciuta possa entrare in campo quando i neutroni si raggruppano tra loro.

8 – L’anomalia del Pioneer

Questo è un resoconto di due sonde. Il Pioneer 10 che è stato lanciato nel 1972; il Pioneer 11 che è stato lanciato un anno dopo. Attualmente entrambe le sonde dovrebbero trovarsi nello spazio profondo, senza che nessuno le osservi più. Ma, le loro traiettorie si sono mostrate semplicemente troppo affascinanti per poterle ignorare.

Qualcosa, infatti, le ha spinte, o tirate, causando un aumento della loro velocità. L’aumento di velocità è piccolo, meno di un nanometro per secondo. Ciò corrisponde ad appena un diecimiliardesimo della gravità della Terra sulla superficie terrestre, ma è abbastanza da portare il Pioner 10 fuori traiettoria di circa 400,000 chilometri.
La NASA ha perso il contatto con il Pioneer 11 nel 1995, ma fino ad allora si osservava lo stesso tipo di errore anche per questa sonda. Ciò a che cosa è dovuto?

Nessuno lo sa. Alcune spiegazioni sono già state avanzate, per esempio errori di calcolo, il vento solare o una perdita nei serbatoi. Se la causa è dovuta a qualche tipo di effetto gravitazionale, si tratta di qualcosa che al momento non conosciamo. I fisici brancolano talmente nel buio da portarli a cercare altri fenomeni inspiegabili per risolvere questo mistero.

Bruce Bassett dell’Università di Portsmouth, Inghilterra, ha suggerito che la deviazione dei Pioneer potrebbe avere a che fare con la variazione di alpha, la piccola costante (di cui parleremo nel punto 12). Alcuni hanno ipotizzato l’influenza della materia oscura – ma poiché non sappiamo che cosa la materia oscura sia, ciò non ci è di grande aiuto. “E’ tutto così follemente intrigante”, dice Michael Martin Nieto del Laboratorio Nazionale di Los Alamos. “Abbiamo solo ipotesi, nessuna delle quali è stata dimostrata.”

Nieto ha chiesto di rielaborare i dati originali delle traiettorie delle due sonde, che potrebbero contenere delle spiegazioni. Ma per arrivare alle radici del problema ciò di cui si ha veramente bisogno è di una missione progettata apposta per studiare gli effetti gravitazionali anomali che si presentano alle estremità del sistema solare. Una missione di questo tipo costerebbe tra i 300 millioni e i 500 millioni di dollari e potrebbe essere ospitata da una missione futura indirizzata alla periferia del sistema solare.

“Alla fine la risposta si troverà,” afferma Nieto. “Ovviamente spero che porti ad una nuova fisica – sarebbe una cosa stupefacente.” Nieto ritiene che la spiegazione si troverà in qualche tipo di anomalia delle leggi attuali o, ad esempio, in una fonte di calore, non presa in considerazione, presente nella sonda stessa.

9 – Energia oscura

Si tratta di uno dei problemi più famosi e più imbarazzanti della fisica. Nel 1998, gli astronomi hanno scoperto che l’universo si sta espandendo ad una velocità sempre crescente. Si tratta di un effetto per il quale si stanno ancora cercando di individuare le cause; fino ad allora, tutti credevano che l’esplosione dell’universo stesse rallentando dopo il big-bang. “I teorici ci stanno ancora girando attorno, cercando un qualche tipo di risposta logica,” dice Katherine Freese cosmologa dell’Università del Michigan, Ann Arbor. “Speriamo tutti che le future osservazioni delle supernove e dei cluster galattici, ci diano maggiori elementi.”

Una proposta è che una qualche proprietà dello spazio vuoto possa essere alla base di tale fenomeno. I cosmologi chiamano tale proprietà l’energia oscura. Ma tutti i tentativi fatti per provarlo sono al momento falliti. Può anche essere che la relatività generale di Einstein debba essere rivista quando applicata su larga scala dell’universo. “Il campo è ancora tutto aperto,” dice Freese.

Vedi anche: Big Crunch. Dove andiamo? (come finirà -forse- l’Universo)

10 – Il vuoto di Kuiper

Se viaggiate all’estremità del sistema solare, nei freddi spazi oltre Plutone, vedrete qualcosa di strano. Improvvisamente, dopo aver oltrepassato la cintura di Kuiper, una regione dello spazio piena di rocce di ghiaccio, non c’è più niente.

Gli astronomi chiamano questo confine il vuoto di Kuiper, poiché la densità dei detriti spaziali si riduce in modo così drastico. Che cosa lo causa? L’unica spiegazione sembra essere quella dell’esistenza di un decimo pianeta. Non stiamo parlando di Quaoar o di Sedna: si tratterebbe di un oggetto di grandi dimensioni, come la Terra o Marte, che ha ripulito la zona da ogni detrito.

Le prove in merito all’estitenza di questo “Pianeta X” sono forti, afferma Alan Stern, un astronomo dell’Istituto Southwest Research di Boulder nel Colorado. Ma anche se i calcoli mostrano che questo pianeta potrebbe essere responsabile del vuoto di Kuiper (Icarus, vol 160, p 32), nessuno lo ha ancora osservato.

Poiché la cintura di Kuiper si trova semplicemente troppo lontano per poterla osservare bene è necessario mandare qualcosa laggiù prima di poter affermare qualsiasi cosa. Ma ciò non sarà possibile per un’altra decina di anni. La sonda della NASA New Horizons partirà per Plutone e per la cintura di Kuiper nel 2006 e raggiungerà Plutone nel 2015. Se state quindi cercando una spiegazione per il vuoto di Kuiper, dovete attendere almeno 10 anni.

Vedi anche: Decimo Pianeta

11 – Il segnale Wow

E’ durato 37 secondi e veniva dallo spazio profondo. Il 15 Agosto 1977 ha fatto scrivere Wow all’astronomo Jerry Ehman, allora all’Università di Columbus, Ohio, sulla stampata del Big Ear (Grande Orecchio), del radiotelescopio dello Stato dell’Ohio State a Delaware. 28 anni dopo, nessuno sa ancora che cosa possa aver provocato tale segnale. “Sto ancora aspettando una spiegazione definitiva”, dice Ehman.

Proveniente dalla direzione del Sagittario, l’impulso di radiazione era limitato ad un ristretto campo di frequenze radio attorno a 1420 megahertz. Questa frequenza si trova in una parte dello spettro radio in cui tutte le trasmissioni sono vietate dalle leggi internazionali. Fonti naturali di radiazioni, come le emissioni termiche dei pianeti, di solito coprono una banda molto più ampia. Quindi che cosa l’ha causata?

In questa direzione, la stella più vicina è a 220 anni luce. Se questa fosse l’origine, dovrebbe trattarsi di un evento astronomico incredibilmente potente – o di una civiltà aliena che utilizza un trasmettitore estremamente potente.

Il fatto che centinaia di osservazioni condotte successivamente sullo stesso punto dello spazio non abbiano portato ad osservare un altro segnale Wow, non significa che non possa essere un segnale alieno. Quando si considera il fatto che il radiotelescopio Big Ear ascolta solo un milionesimo del cielo per volta, e una trasmittente aliena manderebbe il segnale nello stesso punto di cielo, la possibilità di ricollegarsi al segnale è remota.

Altri pensano che debba esistere una spiegazione più semplice. Dan Wertheimer, scienziato a capo del progetto SETI@home, afferma che il segnale Wow quasi certamente era dovuto a “inquinamento”: radio interferenza proveniente da trasmissioni terrestri. “Abbiamo osservato molti segnali come questo, e questi segnali si sono poi dimostrati essere interferenze,” afferma. Il dibattito continua.

Vedi anche:
Visitatori E.T.: Gli scienziati vedono alte probabilità

12 – Una costante non tanto costante

Nel 1997 l’astronomo John Webb e la sua equipe dell’Università del New South Wales di Sydney stavano analizzando la luce provenienti dai quasar. Nel viaggio di 18 miliardi di anni, la luce era passata attraverso nubi interstellari di metallo, nichel e cromo, e i ricercatori trovarono che tali atomi avevano assorbito parte dei fotoni emessi dai quasar – ma non la quantità da loro attesa.

Se le osservazioni fatte sono esatte, la sola spiegazione può essere attribuita ad una costante fisica che è stata chiamata la costante delle strutture fine, o costante alpha. Tale costante potrebbe aver avuto un valore diverso da quello odierno nel momento in cui la luce del quasar è inizialmente passata attraverso le nubi interstellari.

Ma ciò è considerata semplice eresia. Apha è una costante estremamente importante al fine di determinare come la luce interagisce con la materia – e non dovrebbe avere la proprietà di cambiare. Il suo valore dipende, tra le altre cose, dalla carica degli elettroni, la velocità della luce e la costante di Planck. Può uno di questi valori essere mutato?

Nessun fisico ci vuole credere. Webb e la sua equipe hanno cercato per anni un errore nei loro risultati. Ma al momento non lo hanno trovato.

I risultati di Webb non sono gli unici che suggeriscono la mancanza di un pezzo del mosaico nella comprensione della costante alpha. Una analisi recentemente fatta sull’unico reattore nucleare che era attivo due miliardi di anni fa in ciò che oggi è Oklo nel Gabon, suggerisce anch’essa che qualcosa nell’interazione tra la luce e la materia sia cambiato.

Il rapporto di alcuni isotopi radioattivi prodotti all’interno di tale reattore dipende da alpha, e guardando ai prodotti di fissione lasciati nel terreno di Oko è possibile calcolare il valore della costante al tempo iniziale della loro formazione. Utilizzando questo metodo, Steve Lamoreaux e i suoi colleghi del Laboratorio Nazionale di Los Alamos nel Nuovo Messico suggeriscono che il valore di alpha può essere diminuito di più del 4 per cento da quando Oklo ha avuto inizio (Physical Review D, vol 69, p 121701).

Patrick Petitjean, astronomo presso l’Istituto di Astrofisica di Parigi, ha guidato una equipe che ha analizzato la luce dei quasar osservata tramite il VLT (Very Large Telescope) del Cile e non ha trovato alcun elemento in favore al fatto che la costante alpha possa essere mutata. Ma Webb, che sta adesso analizzando i dati raccolti con il VLT, dice che richiedono un’analisi dei dati più complessa di quella effettuata da Petitjean. L’equipe di Webb sta adesso lavorando su questo tipo di analisi, e potrebbe risolvere o meno l’anomalia entro la fine dell’anno.

“E’ difficile dire quanto ci vorrà” dice Michael Murphy dell’Università di Cambridge. “Più analizziamo questi dati, più aumentano i problemi.” Ma qualsiasi sia la risposta, il lavoro sarà comunque sempre importante.
Un’analisi del modo in cui la luce passa attraverso le molecole di nuvole interstellari rivela molto su come gli elementi priomordiali siano stati prodotti e sulla storia dell’universo.

Vedi anche:
Incostanza delle costanti…

13 – Fusione fredda

Dopo 16 anni è tornata; nei fatti non era mai andata via. Dal 1989, i laboratori della Marina Militare Statunitense hanno effettuato più di 200 esperimenti per indagare se le reazioni nucleari generano più energia di quanta ne consumino – fatto che era ritenuto possibile solo all’interno delle stelle – a temperatura ambiente.
Molti ricercatori si sono finora dichiarati convinti di tale possibilità.

Con la fusione fredda controllata, molti dei problemi energetici del pianeta si dissolverebbero: non c’è da stupirsi allora se il Dipartimento Statunitense dell’Energia si sia interessato. Lo scorso dicembre, dopo una lunga analisi delle prove, si è detto favorevole ad accogliere proposte di ricerca per esperimenti di fusione fredda.

Questo può essere considerato un giro di boa. Il primo rapporto del Dipartimento dell’Energia sull’argomento fu pubblicato 15 anni fa, e concludeva che i risultati sulla fusione fredda prodotti da Martin Fleischmann e da Stanley Pons, dell’Università dell’Utah, e resi noti in una conferenza del 1989, erano impossibili da riprodurre, e quindi probabilmente falsi.

La prova principale della fusione fredda è che immergendo elettrodi di palladio in acqua pesante – nella quale l’ossigeno viene combinato con il deuterio, un isotopo dell’idrogeno – si rilascia una grande quantità di energia.
Sottoponendo gli elettrodi ad una corrente i nuclei di deuterio si spostano nelle molecole di palladio, permettendo così di superare la loro naturale repulsione e di fondersi assieme, rilasciando una grossa quantità di energia. La controversia è dovuta al fatto che la fusione, a temperatura ambiente, è considerata impossibile da tutte le teorie scientifiche attualmente accettate.

“Ciò non importa”, di David Nagel, ingegnere dell’Università George Washington di Washington DC. “Ci sono voluti oltre 40 anni per spiegare i superconduttori”, sottolinea, “quindi non c’è nessun motivo per rifiutare la fusione fredda. L’esperimento è probante e robusto”, dice. “Non lo si può ignorare”.

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