Dipartimento di Fisica- Università “La Sapienza” – Roma
ABSTRACT
I risultati ottenuti in un esperimento sulla percezione extrasensoriale risultano altamente non casuali: la possibile esistenza di un fenomeno di acquisizione di conoscenza attraverso canali non convenzionali è suggerita.

Mario Bruschi, ricercatore dell’università “La Sapienza” di Roma
1 – Introduzione
In questo esperimento sono stati effettuati alcuni test di “chiaroveggenza” e di “telepatia” (il significato di tali termini sarà definito implicitamente nel seguito). L’esperimento si è svolto, in più sedute, presso la sede del Centro Ricerche Futuro – Dimensione Y (Via Passo Lombardo 170 – Vermicino- Roma). E’ stato utilizzato per i test un gruppo di circa 50 persone che hanno seguito per circa un anno un corso, tenuto da Umberto Di Grazia, volto a sviluppare le capacità ESP (Percezione Extra Sensoria); a parte questo denominatore comune, per il resto il gruppo risulta abbastanza eterogeneo per età, istruzione, sesso, professione, ecc. I test, affatto innovativi per concezione, sono stati progettati e seguiti dall’autore stesso. Nella Sezione 2 di questo lavoro saranno dettagliatamente descritti i protocolli adottati per i vari test, nella Sez. 3 i risultati saranno riportati, valutati statisticamente e discussi, nella Sez. 4 infine le conclusioni dell’autore saranno esposte.
2 – Protocollo
Per descrivere in dettaglio il protocollo adottato, conviene dividere i test nelle seguenti categorie: – test di chiaroveggenza (sigla TCH) – test di telepatia (sigla TTL) A loro volta i TCH si dividono in: – TCH con bersaglio presente (sigla TCH_BP) – TCH con bersaglio remoto ( sigla TCH_BR) – TCH di tipo matematico ( sigla TCH_BM) Per i test di telepatia valgono le seguenti suddivisioni: – TTL con “trasmettitore” presente (sigla TTL_TP) – TTL con trasmettitore remoto (sigla TTL_TR) – TTL “notturni” (sigla TTL_NT).

Umberto di Grazia, ideatore del metodo per sviluppare le capacità ESP e del Pensiero che influisce sulla materia
PROTOCOLLO TCH_BP
a) Dieci piccoli oggetti vengono scelti e raccolti dall’autore nella sua casa; b) una lista è quindi fornita al computer che la ordina con una procedura random; c) sempre con procedura casuale un oggetto della lista viene scelto dal computer; d) tale oggetto viene avvolto in carta di giornale (al fine di evitare movimenti e suoni) e chiuso in una scatola di cartone (usualmente da scarpe) che viene quindi sigillata con nastro adesivo da pacchi; e) la lista stampata viene chiusa in una busta opaca; la busta è quindi sigillata. Le precedenti operazioni sono effettuate nella casa dell’autore circa due ore prima dell’effettuazione del test con nessuno presente: per una migliore visualizzazione vedi A1 ove è riportata una delle liste usate per i test. f) La scatola viene portata dall’autore al Centro ed esposta in vista dei soggetti che sono raccolti (seduti) in una unica stanza; g) ai soggetti sono concessi circa cinque minuti per “visualizzare” l’oggetto contenuto nella scatola (bersaglio); l’autore rimane nella stanza seduto nelle vicinanze della scatola; h) i soggetti sono pregati di compilare la prima parte del modulo PVK1 (vedi allegato A2), descrivendo ciò che hanno “visto” e le personali associazioni mentali;
NOTA 1 – tali dati, benché non utilizzabili direttamente e di fatto non utilizzati nella elaborazione statistica dei risultati, potrebbero dare utili indicazioni e per una maggiore comprensione del fenomeno, if any, e per una migliore progettazione degli esperimenti futuri (if any). Solo una sommaria ricognizione di tale materiale è stata finora effettuata.
NOTA 2 – Si è scelto di lasciare ai soggetti il privilegio dell’anonimato: i moduli sono solo contrassegnati da una sigla personale letterale – numerica (es. Pippo 465) per una eventuale futura identificazione.
i) la busta sigillata con la lista dei dieci oggetti viene consegnata a U. Di Grazia, mentre l’autore si porta fuori dalla vista dei soggetti al fine di evitare che con segnali inconsci comunichi il bersaglio (si ricordi che fino a questo punto l’autore è l’unico a conoscere il contenuto della scatola); l) U. Di Grazia scrive su una lavagna l’elenco dei possibili bersagli e dà a voce una mini – descrizione degli stessi (vedi A1); m) i soggetti sono invitati a scrivere nella casella in fondo al modulo PVK1 (vedi A2) il nome del bersaglio; n) i moduli vengono ritirati e presi in consegna dall’autore; o) l’autore, dopo averne controllato l’integrità, apre la scatola e mostra il bersaglio (per la gratificazione dei partecipanti al test).

L’allegato A1 dove c’è la parte descrittiva delle informazioni acquisite attraverso canali non convenzionali (ESP)
PROTOCOLLO TCH_BR
a) come prima b) come prima c) il computer viene programmato in modo da scegliere casualmente un oggetto dalla lista, visualizzarne il nome sullo schermo e stamparlo, il tutto dopo un intervallo di tempo tale che le suddette operazioni avvengano quando l’autore ha già lasciato la sua casa (che rimarrà chiusa e deserta) ma prima che sia effettuato il test: in altre parole al tempo dell’effettuazione del test il bersaglio è stato scelto dal computer ma nessuno ne è a conoscenza. d) gli oggetti vengono radunati ed esposti sopra un tavolo in fronte al computer; e) come prima; f),g) i soggetti vengono invitati a visualizzare gli oggetti sopra il tavolo della casa dell’autore (distante circa 15 km. dal Centro) e a “leggere” il nome del bersaglio sullo schermo del computer; h) come prima; i), l) le operazioni descritte nei corrispondenti punti di TCH_BP sono ora svolte dall’autore, dato che questa volta non è a conoscenza del bersaglio e può fornire, se richiesto, una descrizione più dettagliata degli oggetti della lista. m) come prima; n) come prima; o) il nome del bersaglio, appreso dall’autore al suo ritorno a casa, verrà comunicato ai soggetti nella seduta successiva.
PROTOCOLLO TCH_BM
a) L’autore decide un codice di associazione tra 10 numeri ( compresi tra 0 e 100, estremi esclusi) e il numero trascendente P. Il codice adottato è il seguente: se il k – esimo numero è ji allora i dovrebbe essere la j+1-esima cifra di P elevato a k; (es. se 35 è il settimo dei dieci numeri, allora 5 dovrebbe essere la terza cifra di P elevato alla settima); si conviene che se il numero è di una sola cifra allora si confronta con la decima cifra della potenza corrispondente (es. se il secondo numero è 5, 5 dovrebbe essere la decima cifra di Pelevato alla seconda); b) ai soggetti è richiesto di scrivere in sequenza 10 numeri compresi tra 1 e 99, estremi inclusi, pensando al numero trascendente P ; c) i moduli sono raccolti, il test ripetuto come in a) e b) con il numero trascendente di Nepero e; e) i risultati (numero globale di successi rispetto il numero aspettato) vengono comunicati la seduta successiva; il codice non viene però svelato. Nota 3 – Il codice sopra riportato di fatto è stato usato solo in un test, varianti dello stesso sono state usate per gli altri tre test TCH_BM. Vale la pena di far notare che la grande maggioranza dei soggetti, se pur aveva qualche rimembranza scolastica di P, non conosceva nè il numero di Nepero nè il concetto stesso di numero trascendente.
PROTOCOLLO TTL_TP
a) Dieci “nomi” sono selezionati dall’autore: i nomi possono essere e di oggetti concreti (es. mela, Venezia, ecc.) e di qualità astratte (es. bellezza, armonia, ecc.); l’unico criterio seguito è di evitare per quanto possibile “doppioni” cioè nomi che possono richiamarsi per associazione l’un l’altro (es. sole – luce, acqua – pioggia, neve – bianco, ecc.) (vedi lista allegata in A3); b) l’elenco dei nomi viene ordinato con procedura casuale dal computer; c) la lista viene stampata e chiusa in una busta opaca; la busta è quindi sigillata; d) le precedenti operazioni sono effettuate dall’autore, da solo, nella sua casa, circa due ore prima dell’effettuazione del test; e) i soggetti sono radunati in una stanza in attesa del “trasmettitore” — i trasmettitori usati sono stati due: l’autore stesso (TTL_TP_M) e U. Di Grazia (TTL_TP_U) — f) il trasmettitore , prima di entrare nella stanza ove sono già raccolti i soggetti “riceventi”, in un’altra stanza, da solo, apre la busta con la lista e sceglie il bersaglio da trasmettere usando una procedura casuale ( di fatto o estraendo bigliettini con i nomi, o gettando un dado a 20 facce e associando la seconda cifra uscita con il nome nella stessa posizione della lista; es. esce 13, il bersaglio è il nome n. 3 della lista);la lista è di nuovo richiusa in una busta opaca; g) il trasmettitore entra nella stanza dei soggetti, si siede in fronte ai “riceventi”, e “trasmette” mentalmente il bersaglio per circa tre minuti; h) i “riceventi” sono pregati, se vogliono di segnare le loro impressioni nell’apposito spazio del modulo MTK1 (vedi allegato A4 e NOTA 1) i) il trasmettitore consegna la busta con la lista all’altro trasmettitore (che in questa occasione non ha trasmesso e ignora il bersaglio prescelto) ed esce dalla stanza; l) l’altro apre la busta e scrive su una lavagna i possibili bersagli m) i riceventi sono pregati di scrivere nell’apposito riquadro del modulo MTK1, il nome del “bersaglio” che secondo loro è stato trasmesso; n) il nome del bersaglio effettivamente trasmesso viene comunicato solo dopo che i moduli sono stati raccolti e presi in custodia dall’autore (vedi dopo);
ALLEGATO A3
Lista dei bersagli per il test:
TTL_TP_M del 11/9/1988
1) CASA
2)ALBERO
3) CANE
4)TERREMOTO
5) FIUME
6)ODORE
7) STELLE
8)FUMO
9) PARTITA DI CALCIO
10) VOLARE
PROTOCOLLO TTL_TR
a),b),c),d) come nel protocollo precedente
e) viene avviato un programma del computer che lo porterà all’ora stabilita per il test, a scegliere con procedura random un bersaglio tra i 10 e a visualizzarne iterativamente il nome sullo schermo, stampandolo simultaneamente sulla stampante per la durata di 5 minuti. Queste operazioni avvengono quindi nella casa dell’autore quando questi è al Centro con i soggetti ‘riceventi’; la casa è chiusa e vuota; tutti, compreso l’autore, ignorano il bersaglio; f) i soggetti vengono invitati a “ricevere” un bersaglio trasmesso da un amico dell’autore che si trova a 15 Km dal centro;
NOTA 4 – il nome e l’ubicazione del trasmettitore non è stato rivelato ai soggetti;
g) vengono concessi tre minuti per la ricezione; h) come al protocollo precedente; i), l) l’autore scrive alla lavagna la lista dei possibili bersagli; m) come al protocollo precedente; n) il nome del bersaglio viene rivelato nella seduta successiva (vedi anche NOTA 4). — I test TTL_TP_M, TTL_TP_U e TTL_TR sono stati in genere effettuati in successione nella stessa seduta, per questo i moduli MTK1 hanno tre bersagli.
PROTOCOLLO TTL_NT
a), b) come al protocollo TTL_TP;
c) la lista viene consegnata ai soggetti; d) agli stessi viene spiegato che l’autore trasmetterà ogni notte, a più riprese, un bersaglio tratto a caso dalla lista; e) i soggetti sono pregati di scrivere ogni mattino, al risveglio, in base ai sogni fatti o comunque alle proprie impressioni, il bersaglio trasmesso.
3 – Risultati e valutazioni
I risultati per i test TCH_BP, TCH_BR, TTL_TP_M, TTL_TP_U, TTL_TR sono riportati nelle Fig. B 1-16, ove si è scelto di riportare non solo le risposte esatte ma anche di graficare la dispersione di tutte le risposte su tutti i possibili bersagli. La Tabella C riassume per comodità di lettura i risultati suddetti mentre in Tab. D sono riportati i risultati globali dei test TCH_BM, TTL_NT. Prima di passare alle valutazioni, due commenti sono necessari riguardo i test TTL_NT e i test TCH_BR in (B-15) e (B-16). L’autore ha deciso per completezza di includerli anche se essi per motivi differenti sono anomali. Per quanto riguarda i TTL_NT infatti, pur essendo stati effettuati per 21 giorni consecutivi su un campione di 39 persone, solo 181 risposte sono pervenute all’autore (sulle 819 previste) e neanche queste risposte sono affidabili nel senso che molti soggetti hanno dichiarato di non essersi attenuti alla procedura descritta nel Protocollo TTL_NT; molti dei soggetti che hanno risposto , dimenticando di segnare il bersaglio ogni mattino, lo hanno fatto in seguito, retrospettivamente, a volte a distanza di parecchi giorni (alcuni hanno addirittura compilato le risposte al termine del test, cioè alla fine dei 21 giorni!). Riguardo il TCH_BR in (B-15,16), l’autore deve precisare che il Protocollo TCH_BR in questi due casi non è stato interamente seguito. Le differenze essenziali consistono in: i) l’autore e quindi gli oggetti selezionati si trovavano a 250 km. circa di distanza dal Centro; ii) la lista è stata telefonata prima del test a U. Di Grazia che quindi ha espletato le operazioni dei punti f-n del Protocollo (questi sono stati gli unici test svolti senza la supervisione diretta dell’autore); iii) per un contrattempo, l’autore non ha scelto il bersaglio prima dell’ora fissata per il test (B-16) ma circa un’ora dopo che il test era stato effettuato; inoltre la usuale procedura random di scelta del bersaglio tramite computer per motivi di forza maggiore è stata sostituita, all’ultimo minuto, con il getto di un dado a 20 facce; iiii) comunque il nome del bersaglio è stato comunicato ai soggetti solo dopo che i moduli dei test erano stati presi in custodia dall’autore.

Il Diagramma di Fig. D1
VALUTAZIONE
Ovviamente, dopo aver preso tutte le ragionevoli precauzioni acciocché i soggetti non potessero conoscere in anticipo (almeno per vie “normali”) le risposte esatte (vedi Protocolli), ci si aspetta che i “successi” ottenuti (cioè le risposte esatte) siano dovuti solo al caso : cercheremo di valutare nel seguito se questo è effettivamente avvenuto. Avendo avuto cura di far scegliere in una lista di 10 possibili bersagli per ogni singolo test , la probabilità di indovinare per caso il bersaglio vero per ogni tentativo è p=1/10 ; la probabilità di indovinare per caso n volte su N tentativi è ovviamente data dalla distribuzione binomiale, cioè:(1)

1
La probabilità che su N tentativi si abbiano più di M successi è:(2a)

2a
con: (2b)

2b
NOTA 5 – La probabilità Pc (2a) sarà nel seguito indicata come ” probabilità di casualità ” mentre la complementare Pnc (2b) sarà denotata come “probabilità di non casualità”. I risultati sono riportati in Tab. E.
NOTA 6 – Nelle figure B 1-16 sono anche riportati due altri utili indicatori: il numero di successi aspettato.
e la “standard deviation”
Sono o non sono casuali i risultati ottenuti? Uno sguardo alla Tab. E non dovrebbe lasciare dubbi, i soggetti hanno “indovinato” ben al di là di quanto fosse lecito prevedere nell’ipotesi che solo il caso fosse stato in azione. Più in dettaglio vale la pena di notare che il risultato peggiore si ha in TTL_NT e in TCH_BR di B-16, per i quali valgono però le considerazioni precedentemente svolte: per il resto i risultati globali dei test di “chiaroveggenza” (TCH) e di “telepatia” (TTL) sono confrontabili; è interessante notare anche che all’interno dei TCH i risultati più (e di molto) significativi sono quelli a bersaglio remoto (e questo anche includendo il dubbio B-16), cioè proprio quei test il cui protocollo sembra (almeno all’autore) più inattaccabile.
Non potendo e non volendo entrare nel merito di una possibile interpretazione parapsicologica dei risultati ottenuti, alcune considerazioni possono comunque essere fatte:
a) nel campo “parapsicologico” eventi con probabilità di casualità (vedi NOTA 5) dell’ordine dell’uno per cento sono già considerati significativi (cioè prova di attività extrasensoriali, vedi a.e. [1],[2],[3]): i nostri risultati sono ben al di là di questa soglia e anzi al di là dei migliori risultati ottenuti in singoli test (probabilità di casualità <1/10000 [3],[4]): Umberto Di Grazia ovviamente attribuisce ciò alla singolarità del campione che, ricordiamo, era stato sottoposto ad un training per sviluppare appunto le capacità ESP;
b) i risultati di TCH_BR, TCH_MT, TTL_TR sembrano almeno indicare che le tradizionali divisioni tra “chiaroveggenza” e “telepatia” debbano essere riviste; appare piuttosto in atto una capacità di acquisire informazione in modo non standard, oppure, come già notato da altri ricercatori [5], una capacità di “avere successo” in larga misura indipendente dalle condizioni “sperimentali” (questo dovrebbe giustificare a posteriori la scarsa cura posta nei protocolli per distinguere tra fenomeni di telepatia “pura” da quelli di chiaroveggenza “pura”).
c) l’eccezionalità dei risultati ottenuti ha portato per il momento a rimandare un pur auspicabile studio di ottimizzazione delle modalità sperimentali (es. una rosa di dieci bersagli non è troppo dispersiva? Qual’è il tempo ottimale di trasmissione? C’è una dipendenza dalla distanza tra trasmettitore – ricevitore? ecc.). Salvo le considerazioni della sezione successiva, tutte le critiche e/o spiegazioni alternative dei risultati ottenuti sono ben accette. Riteniamo doveroso discutere qui alcune obiezioni mosseci riguardo il protocollo e/o la interpretazione e il trattamento statistico dei dati [6 ,7]. Il primo rilievo è il seguente [6]: dato che i soggetti sono ogni volta radunati in una sola stanza (salvo che per TTL_NT) e quindi possono comunicare tra di loro, non e’ plausibile, anzi inevitabile, che ci sia un effetto di correlazione tra le risposte date?

La figura D2 che rappresenta il particolare di S(T)
Tale effetto non potrebbe essere tale che, abbassando in misura sufficiente i gradi di libertà cioè il numero di risposte effettivamente indipendenti in ogni singolo test, riporti i risultati entro i limiti della casualità (diciamo entro due deviazioni standard dal valore aspettato) ? Per rispondere a tale obiezione calcoliamo quanto grande dovrebbe essere, affinché ciò avvenga, il coefficiente di correlazione (cioè il numero medio di persone che forniscono una risposta di gruppo anziché personale). Supponiamo quindi che ci sia un coefficiente di correlazione r: allora il numero totale di tentativi N, il numero di successi n, la deviazione dal numero di successi aspettato N*p e la deviazione standard debbono essere corretti come segue:
(3) N’=N/r
(4) n’=n/r
(5) D’= n’-N *p
Ora se = k e vogliamo che = k’ , deve essere: (7)
Considerando solo i dati più esposti all’inquinamento da correlazione, cioè escludendo TCH_BM e TTL_NT, si ha: (8)s = 7,16 (9)D@ 6s quindi, per la (7), se vogliamo k’=2, dovrebbe esserci un indice di correlazione r = 9 , il che su una media di 34 persone partecipanti ad un singolo test significa che in media solo tre, quattro risposte ad ogni test dovrebbero emergere: ciò è smentito dalle fig. B 1-16; il numero r ottenuto è comunque irragionevole in sé: una comunicazione tale da portare a raggruppare un terzo dei presenti non sarebbe certo sfuggita all’attenzione dell’autore.
Anche supponendo k’=3 (ma se cosi’ fosse i risultati sarebbero di nuovo significativi), l’indice di correlazione richiesto è r 5: di nuovo e per i motivi sopra detti questo indice ci sembra eccessivamente alto. Soppesando l’esperienza personale delle condizioni sperimentali e la psicologia dei soggetti (portati piuttosto a distinguersi che ad aggregarsi), secondo l’autore un indice di correlazione ragionevole non dovrebbe superare 1.5; ma anche ammettendo un valore r=2, si avrebbe k’=4.24 e quindi i risultati ottenuti sarebbero ancora altamente non casuali.
Il secondo rilievo [7] è in realtà molteplice: i) i protocolli sono troppi, troppo inutilmente complicati e in definitiva poco affidabili: sarebbe stato meglio approntarne uno solo, semplice e tale che i risultati potessero essere confrontati contro il peggiore caso avverso possibile (frode, eventuale strategia messa in atto dai soggetti sottoposti a test (vedi dopo)); ii) essendo i protocolli e le modalità dei test così vari, non è giusto aggregare i risultati: ogni tipo di test dovrebbe essere trattato statisticamente a parte; iii) l’autore non ha tenuto in conto la possibilità che i soggetti si siano accordati per seguire una qualche strategia atta ad aumentare la “significatività” degli eventuali (casuali) successi: per esempio se in ogni test le risposte fossero premeditatamente distribuite in modo uniforme su metà dei possibili bersagli la distribuzione casuale aspettata sarebbe ancora una binomiale ma con p=1/2 : valutare quindi i risultati con p=1/10 (come sopra fatto nell’ipotesi appunto che in mancanza di informazione le risposte si distribuissero con equiprobabilità’ su tutti i possibili bersagli) sarebbe errato e porterebbe di fatto a una pesante sovrastima della “probabilità di non casualità”.
Cerchiamo di rispondere punto per punto. Per quanto riguarda i), possiamo anche convenire sull’utilità di adottare in un futuro esperimento un unico protocollo: tuttavia la scelta di variare per quanto possibile i test ci è sembrata ragionevole per due ragioni: a) questo esperimento era pensato come preliminare, atto cioè ad individuare il “punto di lavoro” per futuri esperimenti; di qui la varietà delle procedure adottate; b) nella letteratura sul “paranormale” [1,2,3], è riportata una legge empirica più volte testata dai ricercatori nel campo, cioè che la curva di risposta dei soggetti nel corso di un esperimento dopo un picco iniziale tende rapidamente a declinare (per stanchezza, affievolimento dell’interesse o dell’attenzione ?) per poi risalire lentamente verso la fine dell’esperimento stesso. Ci è sembrato quindi opportuno cercare di evitare una tale caduta usando vari accorgimenti per tenere desti interesse e motivazione dei soggetti: tra questi accorgimenti importante ci sembra l’avere intervallato con un periodo settimanale e alternato diversi tipi di test. Riguardo la sicurezza dei protocolli, all’autore sembra di aver adottato e mantenuto uno standard buono (non paranoico): tuttavia se, come è auspicabile, l’esperimento sarà ripetuto per conferma, ogni suggerimento e aiuto per aumentare il detto standard (presenza di prestigiatori, etc.) sarà ben accetto (vedi anche considerazioni nella sezione successiva).

La figura C1 con il caratteristico ‘picco’ al centro con il valore di 350
L’obiezione ii) invece non ci sembra fondata: essa sarebbe valida solo ammettendo che stiamo misurando grandezze diverse (telepatia, chiaroveggenza, etc); dato che lo scopo dell’esperimento è di vedere se e in che misura i risultati ottenuti sono dovuti al caso, da questo punto di vista i vari test sono perfettamente equivalenti (salvo forse il diverso grado di sicurezza dei protocolli, vedi sopra). L’ ultima obiezione ci sembra invece la più rilevante: essa , espressa in altri termini, pone di nuovo il problema della correlazione nei dati “sperimentali”, correlazione questa volta non involontaria per cui i ragionamenti fatti precedentemente in proposito perdono in buona parte di valore. Si pone quindi il problema di valutare la probabilità di casualità in modo corretto, non in base a ipotesi a priori, ma dai dati stessi, qualunque e di qualunque tipo sia la correlazione presente: fortunatamente questo può essere fatto e il metodo che useremo è “standard” in fisica sperimentale . Consideriamo i dati dei 16 test riportati nelle figure [B-1,16] e costruiamo con essi la matrice T che contiene nell’elemento T(j,k) il numero di risposte date nel test j-esimo sul bersaglio k-esimo (a.e. T(2,5)=12 , T(12,2)=6 , etc.).
Costruiamo quindi tutte le possibili somme S : (10)
ove T(j,k(j)) è un certo elemento (nella colonna k(j)) della riga j; in altre parole per ogni riga (test) di T scegliamo un elemento e quindi sommiamo questi 16 elementi scelti per ottenere S, ciò va fatto in tutti i modi possibili che sono ovviamente:
(11) N(S) = 1016
I valori assunti da S vanno teoricamente da 0 a M(S) : (12)
ove m(j) è il numero di persone che ha partecipato al test j-esimo: nel nostro caso, come si desume dalla Tabella C, si ha M(S)=570. Detto ora S(B) il valore assunto da S quando gli elementi scelti in T sono i veri bersagli cioè S(B)= numero totale di successi (dalla Tabella C risulta S(B)=99), la probabilità di casualità si stima come
(13) Pc= n (SB)/ N(S)
ove n(SB) è il numero di S aventi un valore maggiore o uguale al numero totale dei successi S(B) e N(S) è il numero totale degli S (vedi (11)). E’ facile convincersi che questo modo di valutare Pc direttamente dai dati tiene conto automaticamente di ogni eventuale correlazione tra i dati stessi (l’effetto di tale correlazione è di allargare la curva di distribuzione del numero degli S versus l’intervallo [0-M(S)] dei valori assunti da S, diminuendo così, al salire della correlazione, il valore stimato di Pc). Sfortunatamente il valore (11) di N(S) nel nostro caso è così elevato da rendere impossibile ottenere, in un tempo ragionevole, il computo esatto di Pc anche usando il più veloce dei computer. E’ necessario quindi ottenere una stima di Pc usando un campione sufficientemente rappresentativo dell’insieme degli S: sono stati quindi calcolate 10.000.000 somme S scelte in modo random; i controlli di stabilità effettuati ogni 500.000 S e la buona coincidenza del valore medio calcolato dal campione con quello vero (vm=570/10 come si desume dalla Tabella C), ci hanno convinti che il campione è sufficientemente rappresentativo per i nostri propositi.
Nella Figura C1 è riportato l’istogramma del campione con in ascissa i valori assunti da S e in ordinata il numero delle migliaia di S che hanno assunto tali valori (il valore di S(B) è anche riportato); nella Figura C2 lo stesso istogramma è ripreso in scala logaritmica (in ordinata) per evidenziare le code della distribuzione; finalmente dal campione stesso sono stati calcolati il valore medio vm, la standard deviation e ovviamente Pc (13) Risulta:
(14)vm = 57,00
(15) s = 9,84
(16) Pc = 5,42 . 10-5
La prima cosa da sottolineare è che la probabilità di casualità ottenuta in (16), pur essendo maggiore di tre ordini di grandezza di quella stimata con (2a) (vedi Tabella E, tot1+tot2), è tuttavia ancora molto piccola (d’altronde la deviazione del numero di successi S(B) dal valore medio vm supera 4.26 deviazioni standard (15)): quindi i risultati ottenuti sono ancora significativamente “non casuali”. E’ interessante notare anche che il coefficiente di correlazione stimato dal campione (cioè il valore di r in (3-7) che permette di ottenere dalla binomiale la stessa Pc di (16)) risulta essere r = 1,8 cioè abbastanza più alto di quello .previsto nella discussione precedente. Ciò potrebbe essere in parte dovuto a una correlazione “paranormale”: infatti ammettendo per un momento l’esistenza del fenomeno, è chiaro che nonostante gli sforzi per scegliere bersagli il più possibile distinti, alcune “risonanze’ tra bersagli diversi sono inevitabili [considera a.e. il test TTL_BP_M la cui lista dei bersagli è data in A3 e i risultati sono riportati in Fig. (B-1); il bersaglio “trasmesso” era ‘stelle’ , ma ammettiamo che da un ricevente sia stato percepito non come ‘raggio luminoso’ (come per ALFA 333, vedi A4) bensì come ‘spazio’, ‘cielo’, ‘alto’, ‘sopra la terra’, allora evidentemente una correlazione con il bersaglio ‘volare’ può essere stabilita (vedi Fig. B-1; certo più difficile sarebbe spiegare la risonanza, che pure appare, con il bersaglio ‘albero’)]. Tuttavia, ammettendo l’esistenza di un fenomeno da misurare, una considerazione ben più importante deve essere fatta: il metodo sopra usato per ottenere la stima (16) di Pc, è certamente corretto qualunque sia la correlazione presente, nondimeno presuppone che i risultati siano casuali e in questa ipotesi valuta la probabilità di ottenere per caso il risultato (S(B)) ottenuto. Ma, ammettendo appunto l’esistenza di un ‘segnale’ non casuale (e lo stesso ordine di grandezza, cioè la ‘piccolezza’, di Pc autorizza una tale ipotesi), allora il metodo sopra usato è essenzialmente errato e sostanzialmente pessimistico: infatti con esso, il ‘segnale’ non casuale viene mescolato al ‘rumore di fondo’ casuale, innalzando in maniera artificiosa e scorretta quest’ultimo e producendo così una netta sovrastima della stessa Pc. Per un trattamento corretto dei dati è dunque necessario togliere il ‘segnale’ e misurare solo contro il fondo casuale la probabilità di ottenere (appunto per caso) il risultato ottenuto: cioè occorre cancellare dalla matrice T gli elementi corrispondenti ai bersagli veri. Cio’ fatto la procedura sopra illustrata è stata di nuovo applicata questa volta calcolando un campione random di ben 250.000.000 S; i risultati sono graficati in D1 e D2 (che sono i corrispettivi di C1 e C2); i nuovi valori di vm, e Pc sono:
(17)vm = 47,01
(18)s = 9,21
(19)Pc = 1,16 . 10-7
Notare la sostanziale stabilità di s, il sensibile abbassamento di vm e soprattutto la netta diminuzione di Pc (19) (più di due ordini di grandezza rispetto alla (16)) che viene così a essere paragonabile a quella ottenuta dalla (2a) (Pc .5*10 come da Tabella C). Tutto ciò suggerisce che; 1) la correlazione nei dati (frutto di una qualche strategia oppure casuale) è di fatto trascurabile (coefficiente di correlazione < 1.2 ) 2) un ‘segnale’ netto sopra il ‘fondo’ casuale è stato effettivamente misurato: traducendo (un pò liberamente) in parole i risultati del trattamento statistico dei dati sopra esposto, si può dire che, tenendo in conto fluttuazioni anche di due deviazioni standard del fondo, su 35 persone che in media hanno partecipato ai singoli test, in media da due a quattro persone hanno individuato il giusto bersaglio non per caso.
4 – Conclusioni
La personale posizione dell’autore riguardo l’ESP e/o il cosiddetto paranormale è che se tali fenomeni di ESP (o comunque fenomeni apparentemente inspiegabili alla luce delle conoscenze attuali) esistono, allora è compito della scienza e in particolare della Fisica studiarli. Il fatto che nessun tentativo serio sia stato fatto in tal senso ma che anzi la maggior parte della comunità scientifica sia orientata verso un netto e a volte aprioristico rifiuto di lavorare in tale campo (o perfino di discuterne), è dovuto essenzialmente alla diffusa convinzione che nessuna evidenza sia mai emersa di tali fenomeni; questo nonostante che dalla notevole mole di dati sperimentali accumulata in oltre mezzo secolo, anche dopo un doveroso vaglio critico, una evidenza statistica di non casualità sembra permanere. Il presente esperimento è nato sia dalla curiosità da lungo tempo coltivata dell’autore di verificare in propria mano tali dati statistici sia dall’opportunità di avere a disposizione un gruppo di soggetti che, per il training ricevuto, a priori potesse essere considerato (sperabilmente) sopra la norma e che tuttavia fosse lontano dai limiti della “professionalità”, con tutti i pericoli connessi (vedi [8]). L’esperimento stesso, pur eseguito con il massimo del rigore e dell’attenzione possibili, era stato tuttavia concepito come preliminare, atto a selezionare ulteriormente il gruppo dei soggetti, ad affinare i protocolli e/o a suggerire altri test ed esperimenti. La stessa entità (inaspettata) dei successi ottenuti suggerisce tuttavia di ripetere l’esperimento, mantenendo il più possibile inalterate le condizioni sperimentali, ma sotto il controllo di altri, possibilmente più autorevoli, membri della comunità scientifica. L’autore è ben conscio del problema della ripetibilità in questo campo (vedi [1-3],[8]), tuttavia vorrebbe far notare che anche fenomeni di “singolo evento” con probabilità di non casualità ben più piccole della presente, sono attualmente considerati in Fisica (vedi la recente rivelazione di onde gravitazionali generate da una supernova); inoltre anche in Fisica il concetto stesso di ripetibilità è ora al centro di controversie e discussioni (vedi teorie cosmologiche o le recentissime vicende connesse alla fusione nucleare fredda). Una analisi critica su che cosa sia scienza e cosa no, è qui chiaramente improponibile e impraticabile ; tuttavia alcune semplici considerazioni non sembrano fuori luogo. Potremmo definire, certo semplificando, il metodo scientifico come ” l’arte di porre domande alla natura e di ascoltarne le risposte”.
Certamente l’esistenza di consolidate teorie e prassi scientifiche aiutano a porre le “giuste” domande e a interpretare “correttamente” le risposte , ma è pur vero che nello stesso tempo un forte condizionamento viene posto sia sul tipo di domande che è lecito fare sia sul tipo di risposte che è lecito aspettarsi : di fatto molti dei grandi e repentini progressi nella scienza sono dovuti al coraggio (spesso di outsiders) e di porre domande insolite e/o di accettare risposte impreviste. La “domanda” formulata in questo esperimento è senz’altro insolita (almeno rispetto i canoni della scienza ufficiale), la “risposta” che certamente va confermata ma che, se confermata, dovremmo nella comunità scientifica avere il coraggio di accettare, è che l’ acquisizione di informazione attraverso canali non convenzionali è possibile e tale fenomeno può essere misurato (e solo accertando e accettando una volta per tutte l’esistenza del fenomeno, si potrà porre fine alla frustrante necessità di ripartire sempre da zero finora in atto nel campo “paranormale” e innescare quel fruttuoso processo scientifico di accumulazione che potrà condurre a una comprensione più profonda e possibilmente a una spiegazione teorica del fenomeno stesso). L’autore, conscio della propria inesperienza in un campo in cui già in passato in alcune occasioni le normali procedure e precauzioni della prassi scientifica si sono rivelate insufficienti (vedi di nuovo [8]), dichiara ancora la propria disponibilità ad accogliere critiche, suggerimenti, collaborazioni; ciò che maggiormente teme, e tuttavia considera probabile, è che i risultati ottenuti siano aprioristicamente rigettati dalla comunità scientifica come dovuti, se non a frode, a circonvenzione dell’autore stesso da parte dei soggetti che, gratis e anonimi, hanno accettato di sottoporsi ai test.
Si ringrazia il “Centro Ricerche Futuro – Dimensione Y” per l’ospitalità e la collaborazione nello svolgimento dei test; un particolare ringraziamento va a Umberto Di Grazia e ovviamente a tutte le persone che hanno partecipato come soggetti all’esperimento. L’autore ha inoltre un debito di riconoscenza con Sergio Frasca per le numerose discussioni, i consigli, gli incoraggiamenti e il fattivo aiuto nel trattamento statistico dei dati.
Tavole e figure
In ascissa e’ riportato il numero d’ordine dei bersagli, in ordinata il numero di risposte per bersaglio. Il bersaglio vero e’ in rosso.

FIG. B1: TT_P_M = TTL_TP_M

FIG. B2: TT_P_M = TTL_TP_M
Tavole e figure
In ascissa è riportato il numero d’ordine dei bersagli, in ordinata il numero di risposte per bersaglio. Il bersaglio vero è in rosso.

FIG. B3 TT_P_M = TTL_TP_M

FIG. B4 TT_P_M = TTL_TP_M
Tavole e figure
In ascissa è riportato il numero d’ordine dei bersagli, in ordinata il numero di risposte per bersaglio. Il bersaglio vero è in rosso.

FIG. B5 TT_P_U = TTL_TP_U

FIG. B6 TT_P_U = TTL_TP_U
Tavole e figure
In ascissa è riportato il numero d’ordine dei bersagli, in ordinata il numero di risposte per bersaglio. Il bersaglio vero è in rosso.

FIG. B7 TTLP_TR

FIG. B8 TTL_TR
Tavole e figure
In ascissa è riportato il numero d’ordine dei bersagli, in ordinata il numero di risposte per bersaglio. Il bersaglio vero è in rosso.

FIG. B9 CT_P = TCH_BP

FIG. B9 CT_P = TCH_BP
Tavole e figure
In ascissa è riportato il numero d’ordine dei bersagli, in ordinata il numero di risposte per bersaglio. Il bersaglio vero è in rosso.

FIG. B11 CT_P = TCH_BP

FIG. B12 CT_R = TCH_BR
Tavole e figure
In ascissa è riportato il numero d’ordine dei bersagli, in ordinata il numero di risposte per bersaglio. Il bersaglio vero è in rosso.

FIG. B13 CT_R = TCH_BR

FIG. B14 CT_R = TCH_BR
Tavole e figure
In ascissa è riportato il numero d’ordine dei bersagli, in ordinata il numero di risposte per bersaglio. Il bersaglio vero è in rosso.

FIG. B15 CT_R = TCH_BR

FIG. B16 CT_R = TCH_BR