Schwartzreport del 13 aprile 2009

SAM LISTER, Health Editor – The Times (U.K.)

Traduzione a cura di Paola M.

Secondo una nuova ricerca, una goccia di sangue o un frammento di tessuto non più grandi di un punto potrebbero essere presto sufficienti a diagnosticare i tumori e stilare una valutazione della loro risposta ai trattamenti.

La nuova tecnologia, che consente di analizzare piccolissimi campioni di proteine del cancro, potrebbe segnare la fine delle biopsie che spesso comportano il prelievo di pezzi di tessuto sotto anestesia generale.

I ricercatori della Stanford University, California, hanno creato uno strumento che separa le proteine associate al cancro attraverso la loro carica elettrica, che varia a seconda delle modificazioni presenti sulla superficie della proteina.

Gli anticorpi, agenti del sistema immunitario che si legano a molecole specifiche, vengono poi utilizzati per identificare i livello e la collocazione delle differenti proteine. La tecnica sarebbe in grado di rilevare le variazioni dell’attività dei geni portatori di cancro nei campioni di linfoma umano, nonché di permettere una distinzione tra diversi tipi di linfoma.

Secondo i ricercatori, lo stesso sistema potrebbe essere utilizzato per monitorare il trattamento dei tumori in modo più veloce ed efficace. Sebbene lo studio si focalizzi sui cancri del sangue, gli scienziati auspicano di applicare la stessa tecnica ai tumori solidi e al momento sono impegnati a testarla sui tumori della testa e del collo.

Dean Felsher, dall’università ha dichiarato: ”Non solo possiamo rilevare i picogrammi – equivalenti a un quintilione di grammo – delle proteine, ma anche le più piccole modificazioni a cui esse vanno incontro.”

I ricercatori, che hanno illustrato la loro scoperta sulla rivista on line “Nature Medicine”, hanno confermato l’effetto anticancerogeno della droga di Statin, in grado di ridurre il colesterolo, su un paziente con linfoma. “È la prima volta che abbiamo potuto osservare come questo composto incida sulla biologia delle cellule cancerogene”, ha detto il dottor Felsher.

Alice Fan, istruttrice clinica nel reparto di oncologia presso la scuola di medicina di Stanford, ha affermato che questo metodo potrebbe rappresentare un notevole passo in avanti nella localizzazione di cellule tumorali durante i trattamenti. “Solitamente misuriamo l’efficacia di un trattamento aspettando diverse settimane e osservando se la massa tumorale si riduce. Sarebbe davvero un progresso se potessimo rilevare cosa avviene a livello cellulare”.

Gli scienziati hanno scoperto che la tecnica funziona sui campioni di linfoma prelevati da gatti di laboratorio, ma anche sulle cellule tumorali coltivate.

I ricercatori son riusciti a identificare le variazioni di due oncogeni – dei geni che, quando si modificano o si trova a livelli elevati agevolano la formazione di cellule cancerogene – in 44 dei 49 campioni di linfoma umano. Ma hanno anche detto che, prima che la tecnologia diventi disponibile su larga scala, è necessario approfondire la ricerca.

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